Cronache dalla nuova Gerusalemme, San Francisco, dove tutti il mondo è convenuto in attesa che all’orizzonte appaia un oggetto messianico: il tablet.
C’è una nuvola di vapore che esce da un tombino, proprio all’incrocio fra Market e Stockton street. Si tratta di uno sfogo degli impianti di tele-riscaldamento, caratteristici di New York ma che emergono anche qui a San Francisco, soprattutto nelle giornate piovose e fredde come questa. à mattina, ancora i negozi non sono aperti. La nuvola di vapore fa velo all’Apple Store al numero uno di Stockton street. Domani vedrà un negozio tutto diverso: domani Steve Jobs spiegherà sul palco dello Yerba Buena Center for Arts, accanto al buon vecchio Moscone Center che ha visto tanti keynote di Jobs, di che cosa si tratta, precisamente.
Già , perché il punto è proprio questo. Mai come questa volta è stata passata ai raggi X la giornata di domani. Non si tratta di capire più di che cosa si parlerà , ma di quali sono i termini per la precisione. Il tablet quant’è grande? Come si chiama? Quando sarà disponibile? Quale sarà la parte “magica” della sua interfaccia? Si collegherà al Wi-Fi o anche alla rete di telefonia cellulare? A Verizon o ad AT&T?
Le domande sono davvero tante e probabilmente porterebbero il discorso davvero lontano. Da quando è nato il primo, grande “rumor” del tablet di Apple ad oggi di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia. Per la precisione, su Google si sono accumulati circa 15 milioni e mezzo di risultati. E il flusso delle news, che poi sono in realtà solo dei rumors, è ininterrotto. Sembra si sia scatenata l’isteria collettiva. Molto più che non per l’iPhone o per il MacBook AIr (che fun una mezza delusione, per la stampa generalista).
La panacea di tutti i mali curerà l’editoria, la stampa, ma anche il settore medicale, darà la spinta a quello dei videogiochi, permetterà di fare meraviglie nello studio e nella vita privata, di reinventare la televisione, il cinema, persino la musica. E ovviamente sostituirà la maggior parte degli apparecchi in circolazione.
Qui a San Francisco, dove il vostro cronista è arrivato da poche ore in attesa dell’evento di domani, è come trovarsi nel centro del ciclone. Non solo per la pioggia fredda e appuntita che batte le strade della città californiana, ma anche per la calma apparente che caratterizza l’occhio della tempesta mediatica. Tutto è calmo, sospeso, in attesa. Manca poco, pochissimo. Una giornata, anche meno.
Le persone di Apple lavorano all’allestimento, come si può vedere dalle fotografie scattate poco fa in una pausa che ci ha concesso la pioggia battente. Mai visto un tale spiegamento di forze, peraltro: sono decine gli uomini e le donne di Cupertino al lavoro per rendere tutto perfetto. Probabilmente dentro la sala attorno alla quale abbiamo camminato stamani, era già presente Steve Jobs a provare e riprovare il suo keynote di domattina, per eliminare tutte le imperfezioni e renderlo semplice e fluido come ha abituato tutti da tre decenni a questa parte.
Fuori dal cilindro di calma, non si parla d’altro. Anche Garry B Trudeau, autore di una delle strip quotidiane più popolari nel mondo, pubblicata in centinaia di giornali, ha dedicato quella di oggi ad Apple a all’evento di domani: l’inviato televisivo Roland Hedley anticipa via tivù l’evento di cui si è parlato da mesi: quello che dovrà presentare l’apparecchio ribattezzato dagli appassionati “Jesus Tablet”. “Si aspettano che li salvi, che faccia miracoli, Puoi sentirlo nell’aria. Queste persone vogliono che le loro vite vengano cambiate”. Poi con una stilettata di umorismo corrosivo su come i giornalisti spesso non capiscano quello di cui si sta parlando, alle invocazioni “Jobs Jobs Jobs” della folla, riferite ovviamente al Ceo di Apple, Hedley capisce invece il significato letterale, “Lavori” e fa chiudere la diretta al giornalista così: “E adesso stanno implorando di avere dei posti di lavoro. à davvero una scena molto triste!”.
Cronache dalla nuova Gerusalemme, San Francisco. In attesa del Tablet che salverà tutti, portato dal più scontato dei profeti dell’era digitale: Steve Jobs.