Mattinata fredda e nuvolosa a San Francisco, ma le previsioni dicono che verrà il sole. Il circus dei giornalisti internazionali che segue l’evento di Apple è già arrivato in città. Gli hotel a San Francisco sono relativamente pochi e fanno il tutto esaurito già da alcune settimane. Per questo siamo più o meno tutti nello stesso hotel, tedeschi, francesi, italiani (assieme a Macitynet ci sono Corriere e Repubblica).
La mattina all’entrata della sala colazioni la ragazza dello staff chiede “Apple o Google?” C’è infatti un altro evento organizzato dalla casa della grande G, niente di paragonabile ad Apple ma ci sono una ventina di giornalisti da Europa e altre parti del mondo che stanno convergendo.
Al Moscone, nonostante la giornata cupa, l’atmosfera è sempre quella delle grandi occasioni di Apple. Anzi, quella della WWDC, che è un evento unico, con le lunghe code degli sviluppatori ordinate per lettera alfabetica in attesa di completare la registrazione e ritirare badge e welcome pack.
Girando fra gli uomini e le donne del software si notano attese e attenzioni differenti da quelle del pubblico più generale: qui non interessa tanto l’idea di un nuovo gadget quanto la API economy che può generare, e la disponibilità di nuovi tool di sviluppo per poterli utilizzare. Il pubblico in sala di domani mattina questo si aspetta, non tanto dei gadget di varia natura.
L’ampia sala di entrata del Moscone promette intanto meraviglie per quanto riguarda i pannelli oscurati: giganteschi, sospesi sopra le teste e promessa muta degli annunci di domani. Cosa si celerà dietro i drappi neri? Difficile dirlo: 8 e Yosemite, e poi? Healthbook, domotica, forse altro di questo tipo, compresi nuovi Mac economici. Chissà. Tra poco sapremo.