«Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante non ne sogni la tua filosofia», diceva l’Amleto di Shakespeare. Suona come un brusco richiamo alla realtà anche per chi si muove in rete e pensa, in questo “secondo mondo” dove si molti passano sempre più tempo, di aver capito come girano le cose.
Prendiamo il P2P, ad esempio: i protocolli attraverso i quali 50 milioni di utenti americani fanno girare musica, film, telefilm, software e chissà cosa d’altro sono Gnutella/Limewire (insieme hanno nove milioni di utenti collegati in qualsiasi momento) e BitTorrent, che da solo fa il 30% del traffico della rete. Ma è dunque finita qui l’Internet Oscura (Dark Internet, come dicono negli Usa)? à questo quel che si può fare nei vicoli della grande capitale digitale che ci avvolge?
A quanto pare, decisamente no. CI sono coreani che scambiano file sul network Soribada, del quale praticamente nessuno ha sentito parlare in Occidente pur essendo stato fondato pochi mesi prima di Napster. Oppure i giapponesi che scaricano tonnellate di… beh, qualsiasi cosa scarichino (chi può mai dirlo?), lo fanno attraverso Winny, un rimpiazzo più sicuro e tecnicamente evoluto di WinMX, oppure Share.
La Cina, che sta diventando il colosso del P2P, tra le altre cose, ha i suoi sistemi paralegali (società regolarmente iscritte alla camera di commercio di Taiwan, ad esempio, i cui prodotti vengono usati dalla mainland senza problema) come Kuro e Ezpeer, Xunlei (finanziato anche da Google) o QQ, opure VeryCD. Senza contare il vero sistema pioniere: prima dei tentativi (probabilmente destinati a rovinosi fallimenti per ubris) delle varie Joost e Babelgum, c’era da tempo il servizio PPStream, Sopcast e UUSee, quello che permette di vedere le partite in diretta senza la seccatura di pagare Sky, Mediaset o altro.
Il P2P non è una sciocchezza, un malessere di pochi ragazzini che si scambiano telefilm ed mp3 nei dormitori dei college americani o tra le case degli europei. C’è qualcosa di più, dietro. Qualcosa di più anarchico e più magmatico, che è estremamente complesso da analizzare perché frammentato e composto di migliaia di strati differenti che si intrecciano restituendo un disegno che non riusciamo neanche ad inquadrare completamente. E il fatto che tanta parte di questo mondo sia fuori portata alla stragrande maggioranza degli osservatori Occidentali solo perché vengono parlate lingue diverse dovrebbe anche farci capire quanto poco di tecnologico e invece molto di sociale in realtà ci sia dietro…