Che sia un metaverso, che sia un fiume in piena di streaming, che sia un web3 fatto di tante blockchain, non importa. Nessuno lo sa. Quello su cui Google ha deciso di scommettere è di fare il broker, l’intermediatore planetario dei contenuti del futuro, ragionando sul fatto che sicuramente i contenuti saranno il re del traffico dati (anche se i contenuti saremo noi e i nostri avatar 3D) e quindi serve una piattaforma capace di intermediare questa trasmissione. Google, insomma, ci prova. Diventerà il broker planetario del Mediaverso, la rete dei contenuti mediali?
Il Mediaverso prossimo futuro
L’annuncio è di Google Cloud, la divisione che si occupa del business cloud dell’azienda: effettivo da oggi c’è un prodotto in più, la Media CDN. Le CDN sono i content delivery network, le reti per la consegna dei contenuti. La più famosa probabilmente è Akamai, che ha inventato il genere. ma anche Cloudflare e vari altri hanno un approccio del genere.
Il business di queste reti è prendere i contenuti e replicarli nelle varie aree geografiche, alleggerendo (o in alcuni casi addirittura sostituendo) i server da cui vengono erogati i contenuti cloud. In pratica: se Apple manda un aggiornamento del suo sistema operativo, il file dmg viene replicato in varie parti del mondo (America, Asia, Europa) in maniera tale che chi lo scarica ad esempio dall’Italia non metta sotto pressione lo stesso server di chi sta scaricando da San Francisco o da Tokyo.
Stessa cosa anche per altri tipi di contenuti, dai film di Netflix ai profili di Facebook passando per le foto di Instagram. Tutto quello che è contenuto su Internet può essere replicato in questi “server di appoggio” che originariamente avevano solo lo scopo di alleggerire il traffico sui server principali. Adesso, la cosa è diventata più complicata.
La Media CDN di Google
Google annuncia oggi, durante il NAB Show Streaming Summit 2022, la disponibilità generale di Media CDN, una piattaforma che l’azienda definisce “moderna ed estensibile” per offrire “esperienze coinvolgenti con scala e intelligenza senza precedenti”. Media CDN nei piani di Google consentirà ai clienti dei media e dell’intrattenimento di offrire in modo efficiente e intelligente esperienze di streaming agli spettatori di qualsiasi parte del mondo.
La stessa infrastruttura che Google ha costruito nell’ultimo decennio per servire i contenuti di YouTube a oltre 2 miliardi di utenti viene ora sfruttata per fornire contenuti multimediali su larga scala ai clienti di Google Cloud con Media CDN.
Il servizio di Google arriva perché l’azienda ha visto una opportunità dove altri si trovano un grosso problema: secondo The Global Internet Phenomena Report, lo streaming video rappresentava il 53,7% del traffico della banda larga su Internet, con un aumento del 4,8% rispetto a un anno fa. Questa rapida crescita di contenuti di grandi dimensioni sta mettendo a dura prova l’infrastruttura esistente, alimentando il passaggio delle società di media ai cloud pubblici con la loro presenza globale e maggiori capacità di distribuzione. Inoltre, altri casi d’uso come giochi, social network, esperienze AR/VR e istruzione continuano ad alimentare la necessità di servizi e operazioni multimediali intelligenti.
La piattaforma per i contenuti
Il vantaggio di Media CDN, secondo Google, è che la rete è sua. Nel senso che l’azienda ha investito decenni di risorse per costruire un’enorme capacità e raggiungere oltre 200 paesi e più di 1.300 città in tutto il mondo. Il problema che la Media CDN vuole risolvere è lo stesso che a suo tempo ha affrontato (e in buona parte risolto) YouTube: le moderne applicazioni video sono sensibili alle fluttuazioni della latenza, quindi avvicinare i contenuti agli utenti consente bitrate più elevati e riduce i rebuffer, offrendo un’esperienza superiore per l’utente finale. Media CDN si basa sul successo del portafoglio Cloud CDN esistente per l’accelerazione Web e API e lo integra consentendo la fornitura di esperienze multimediali di qualità migliore della norma.
Oltre a funzionare su un’infrastruttura su scala mondiale, Media CDN adatta i protocolli di consegna ai singoli utenti e alle condizioni della rete. Media CDN include il supporto pronto per QUIC (HTTP/3), TLS 1.3 e BBR, ottimizzando per la consegna dell’ultimo miglio. La chiave ovviamente è la pervasività dei servizi di Google e la loro integrazione verticale nello stack di Internet. Infatti, quando il team di Chrome ha implementato il supporto diffuso per QUIC, il tempo di rebuffer video è diminuito di oltre il 9% e il throughput mobile è aumentato di oltre il 7%. Basandosi su queste tecnologie e sperimentazioni adesso Google può costruire la propria rete di distribuzione.
Media CDN ottiene anche tariffe di download tra le più alte del settore. Con più livelli di memorizzazione nella cache, riduce al minimo le chiamate all’origine anche per i contenuti a cui si accede di rado. Questo, sostiene Google, allevia lo stress delle prestazioni o della capacità nell’origine del contenuto e consente di risparmiare sui costi. Queste funzionalità sono integrate nel prodotto e supportano i contenuti dei clienti ospitati su Google Cloud, in locale o su un cloud di terze parti.
Il futuro dei media passa di nuovo per Google?
Media CDN, come vuole la tradizione di Google Cloud, è un prodotto tecnologico, non pensato per gli utenti finali. È un sistema di distribuzione che deve essere capito e programmato dalle aziende dei media che vorranno utilizzarlo. Queste ultime stanno attraversando un periodo di crisi anche tecnologica molto importante, e il tentativo di Google è quello di metterle tutte a bordo della sua infrastruttura e del suo ecosistema.
Le società di media, infatti, sono sotto pressione per sviluppare e distribuire esperienze innovative a un ritmo frenetico. Media CDN è stato creato dagli sviluppatori, per gli sviluppatori, con l’automazione e l’osservabilità integrate, offrendo ai fornitori di contenuti multimediali la velocità e la flessibilità di cui hanno bisogno per integrare il provisioning e la gestione della distribuzione nei loro processi di rilascio dei contenuti.
Media CDN offre API complete e strumenti di automazione come Terraform. Metriche dettagliate e preaggregate e traccia della riproduzione semplificano la diagnosi delle prestazioni nell’intero stack dell’infrastruttura. La visibilità in tempo reale viene fornita tramite la suite operativa di Google Cloud e si integra con strumenti già utilizzati dagli sviluppatori come Grafana ed ElasticSearch.
Infine, spiega Google, Media CDN consente ai fornitori di contenuti multimediali in streaming di sfruttare l’esperienza decennale dell’azienda nella distribuzione di video in modo sicuro, protetto e affidabile. La piattaforma include una ampia integrazione con Google Cloud Armor per una protezione DDoS su scala mondiale e un ampio set di funzionalità per rilevare e mitigare gli attacchi, prevenire gli abusi, gestire i rischi e rispettare i requisiti normativi o di licenza dei contenuti.
Google, insomma, ci prova. Diventerà il broker planetario del Mediaverso?