Questa mattina la polizia federale brasiliana ha arrestato a San Paolo il vicepresidente di Facebook per l’America Latina, Diego Dzodan. La polizia ha agito su mandato disposto da un giudice della città di Lagarto (nello Stato di Sergipe) e il motivo, riporta Repubblica, sarebbe la mancata collaborazione dell’azienda alle indagini aventi oggetto messaggi su WhatsApp, app che è di proprietà del social network.
Dzoran è sotto custodia preventiva per “non aver ottemperato a un ordine giudiziale di informazioni immagazzinate in servizi di Facebook”, informazioni considerate “imprescindibili per la produzione di prove da utilizzare in un’inchiesta su crimine organizzato e traffico di droghe”.
Stando a quanto riporta il brasiliano Globo, l’inchiesta è partita a seguito del sequestro di un carico di droga. Il giudice Marcel Montalvao ha chiesto a Facebook di rivelare i nomi degli utenti di un account usato per scambiare informazioni sul traffico di droga, ma il social network si è rifiutato di fornirglieli. Passati 30 giorni – Facebook paga alla giustizia brasiliana una multa del valore di un milione di reais (circa 232mila euro) al giorno.
Già a dicembre dello scorso anno un giudice aveva bloccato temporaneamente il servizio di messaggistica Whatsapp, il più usato nel paese, dopo da una serie di pressioni congiunte: da una parte le compagnie telefoniche che hanno fatto opera di lobby sul governo per far dichiarare illegali i servizi vocali di WhatsApp, con lo scopo di fermare la discesa dei profitti, e dall’altra le forze politiche e dirigenziali in parte indagate per corruzione e riciclaggio che vogliono tenere in qualche modo sotto controllo il sistema dell’informazione.
La nuova vicenda che vede contrapposte Facebook e le autorità brasiliane ricorda da vicino la ormai nota questione dell’iPhone di San Bernardino tra Apple e FBI negli USA. Apple si rifiuta di scrivere un firmware ad hoc che consentirebbe di sbloccare il telefono di uno degli attentatori ed ha dalla sua anche vari big della Silicon Valley che hanno evidenziato come tale imposizione potrebbe diventare un pericoloso precedente. Negli USA oggi la questione sarà affrontata la prima volta al Congresso. Il capo della polizia federale James Comey e il direttore dell’ufficio legale di Cupertino, Bruce Sewell, testimonieranno davanti alla commissione Giudiziaria del Congresso. Due interventi separati nei quali le parti cercaranno ognuna per proprio conto di convincere i rappresentanti politici della bontà della loro azione.