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Archeologia e hi-tech: foto satellitari degli anni 60 rivelano siti nascosti

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Quello che è nascosto dalla terra e sepolto da secoli di storia, la tecnologia lo può rivelare: è questo il guadagno cui ormai è giunta l’archeologia contemporanea e due studiosi hanno creduto a tal punto al connubio tra storia e hi-tech da riuscire – quasi – a tornare indietro nel tempo. Jason Ur dell’Università di Harvard ed Emily Hammer, dell’Università della Pennsylvania, hanno rispolverato e catalogato una raccolta di foto satellitari degli anni Cinquanta e Sessanta, realizzate originariamente con l’obiettivo di trovare antichi canali e le strutture e trappole di pietra di epoca neolitica in Medio Oriente. 

Le foto erano state scattate dagli aerei – spia U-2 e sono stata declassificate per quanto riguarda la riservatezza nel 1997. Non erano mai state scansionate o indicizzate. Gli studiosi Ur e Hammer, archeologi esperti in Medio Oriente, intuiscono che l’analisi delle immagini sarebbe stata importante per ricostruire qualche tassello della storia. 

Dopo aver trovato i negativi negli archivi nazionali del Kansas, li hanno fotografati utilizzando un obiettivo macro 100mm. Li hanno ricostruiti utilizzando il software GIS (Geographic information System) ricreando una mappa GPS della regione, com’era 60 anni fa. 

Archeologia e hi-tech: foto satellitari degli anni 60 rivelano siti nascosti e ora distrutti

Su questa mappa il team di studiosi ha individuato tra le 5mila e le 8mila strutture di pietra chiamate “Desert kite”, che i nomadi utilizzavano per mettere in trappola gli animali. Hanno potuto anche avvistare canali costruiti dagli antichi assiri nel Nord dell’Iraq e hanno documentato la posizione delle paludi della Mesopotamia abitate dai cosiddetti “arabi delle paludi”, quasi completamente distrutte da Saddam Hussein.

“È stato possibile mappare molte caratteristiche dei luoghi che sono stati distrutti dopo il 1960 e che non sono più visibili nelle immagini moderne – hanno spiegato gli archeologi -. In particolare abbiamo potuto individuare grazie alla tecnologia i segni che caratterizzavano una civiltà che non c’è più, analizzandone i villaggi, i recinti, le strutture più vulnerabili, le trappole di pietra nel deserto”. 

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