La ragione per cui Apple ha acquistato Quattro Wireless ha le sue radici nella volontà di cambiare il mondo della pubblicità in mobilità così in passato le scelte compiuto da Cupertino hanno cambiato quello della mobilità . Non la semplice necessità di avere un sistema di annunci e spot on line, dunque, ma la volontà di trasformare in maniera radicale un sistema, quello dell’on line da tasca, per offrire più possibilità di profitto agli sviluppatori e un nuovo orizzonte di crescita. A disegnare uno scenario che parte all’acquisizione, apparentemente di secondo piano, della società specializzata nel mercato dei banner pubblicitari, per tracciare un affresco epico con Apple in marcia a tutta forza su di una rotta di collisione catastrofica (per uno dei due contendenti) con Google, è BusinessWeek in un lungo e approfondito articolo che costituisce la storia di copertina di questa settimana.
Secondo la rivista finanziaria sarebbe stata la voce di alcune persone in qualche modo vicine alla stanza dei bottoni a suggerire di considerare l’incorporazione di Quattro Wireless da parte di Apple come un elemento di svolta. Apple, dicono questi bene informati, ha compreso, come molte altre realtà , che i cellulari e dispositivi da viaggio diventeranno i computer del domani. Gli sviluppatori e anche i creatori di contenuti che danno al mondo della mobilità buona parte del suo successo al momento fanno pochi soldi e per mantenerli incentivati li si deve remunerare al di là dei profitti che derivano dai clienti che acquistano le applicazioni o il multimedia. Ecco la necessità di una pubblicità mobile incisiva ed efficace diversa da quella distribuita oggi che, secondo Steve Jobs, la cui opinione viene citata nell’articolo, fa “schifo”. La prova? Gli sviluppatori che si sono affidati a società come AdMob per ora non hanno avuto alcun beneficio, gli utenti non si curano della pubblicità che appare nei programmi. L’unica strada per uscire dallo stallo, ha deciso Apple, è quello di aggiungere un altro pezzo all’ecosistema; dopo l’hardware, il sistema operativo e lo sportello da cui gli sviluppatori vendono o distribuiscono le applicazioni, anche quello la pubblicità così da avere in pugno direttamente la leva fondamentale che porta soldi al mercato dei contenuti ed innovarne il metodo e la forma.
Come Apple intenda svolgere il compito, non facile, “di rivoluzionare il settore della pubblicità mobile così come ha cambiato radicalmente quello della riproduttori di musica e dei telefoni”, non sembra molto chiaro neppure a BusinessWeek; la rivista prova a fare qualche esempio invero non molto originale (servizi di pubblicità geolocalizzata) o poco convincente (scuotere l’iPhone per vincere sconti). Anche il cenno al fatto che Apple conosce molte cose dei suoi clienti (gusti musicali, applicazioni scaricate, abitudini di acquisto, numeri di carte di credito e indirizzo di casa) cosa che le conferirebbe un grande vantaggio nel fornire pubblicità a target, pare andare del tutto fuori bersaglio. In Europa, solo per fare un esempio, Apple non potrebbe mai usare questi dati per nessun altro scopo che per quello per cui sono stati forniti, viste le restrittive leggi sulla privacy in vigore in tutti i paesi del Vecchio Continente.
Ma al di là del come Apple cambierà la pubblicità mobile, il succo dell’articolo è che sarà questo settore, secondo BusinessWeek, il vero terreno di scontro dove si giocherà la partita finale tra Mela e Big G. Le prime scintille si sono sprigionate con l’intenzione da parte di Google di creare una piattaforma mobile globale, lanciandosi anche se indirettamente, nel settore dei telefoni. Poi sono arrivate le ambizioni nel campo del sistemi operativi (Chrome Os) e infine l’acquisto di AdMob, vera e propria cartina al tornasole della fine dei giorni di sodalizio tra Cupertino e Mountain View. Apple era infatti anch’essa interessata a comprare la società di pubblicità on line ed è stata battuta sul filo di lana da quella che un tempo, sottolinea la rivista, era una sua alleata strettissima soprattutto per via del nemico comune: Microsoft. Ma ora che Redmond fa meno paura soprattutto perché sembra geneticamente incapace di adattarsi al nuovo scenario (le quote di mercato di Windows per dispositivi da tasca stanno letteralmente evaporando e neppure troppo lentamente) sembra essere giunto il momento di regolare i conti anche con sgambetti incredibili. Ad esempio, suggerisce Jonathan Yarmis di Ovum, con l’abbandono del motore di ricerca Google per Safari su iPhone a favore di Bing. “Se ci sono tutti questi soldi sul piatto – dice Yarmis – perché permettere che Google stia su iPhone?”. La miglior dimostrazione, insomma, che il detto il nemico del mio nemico è mio amico vale sempre e che la visione su chi è nemico o amico non dipende dal sentimento ma solo dall’interesse specifico di quel momento.