C’è chi dice che sono tutte manovre finte. Perché in realtà i grandi azionisti dei colossi della borsa americana (Amazon, Apple, Google, Ibm Microsoft), cioè i grandi fondi pensionistici, non vogliono vedere i loro investimenti distrutti da comportamenti irresponsabili o da scontri all’ultimo sangue. Forse è davvero così, ma forse capita che le guerre scoppino davvero. E possono avere conseguenze gravi.
Prendiamo i classici casi di Microsoft e Ibm, Microsoft e Google. Microsoft e Oracle. Microsoft e Apple. Finora i grandi conflitti hanno avuto come protagonista la casa di Redmond. Ed è naturale, dato che il semi-monopolista del settore ha tutte le carte in regola per diventare il nemico pubblico numero uno. Le pratiche di Microsoft sono aggressive, quelle dei suoi avversari ancora di più, perché conquistare quote di mercato significa erodere quelle di Microsoft.
Oggi la musica sta cambiando. Alcuni degli avversari di Microsoft stanno assumendo una nuova configurazione. Dal punto di vista di Oracle (colosso del software aziendale) e di Ibm (colosso del settore enterprise) le cose non cambiano radicalmente. Entrambe le aziende hanno sposato strategie chiare. Oracle compra qualsiasi azienda (l’ultima è Sun Microsystems), ha sviluppato un invidiabile meccanismo per incorporare le nuove entrate e mira a diventare uno dei pochissimi che alla fine resteranno in piedi, sull’idea che “ne resterà uno solo” sul mercato. Ibm ha sposato l’open source, la programmazione collettiva, lo sviluppo di una nuova cultura in cui i servizi sono al centro, le tecnologie una commodity e le macchine (di Ibm) le migliori.
Infine, Google. Mentre Apple prosegue la sua strada di produrre i migliori computer e il miglore sistema operativo, e di realizzare piattaforme integrate a questo scopo, come l’iTunes store e l’App store, all’interno del quale si trovano poi i successi di iPod e iPhone, la casa di Mountain View ha una strategia diversa.
Partita per organizzare i dati del pianeta in maniera più efficiente, Google nel tempo è diventata l’evangelista della rivoluzione del cloud computing. Tutti i dati stanno nella nuvola e quindi, il sistema operativo diventa irrilevante così come il computer sul quale si lavora. à più importante il browser che ci permette di collegarci alla rete, perché è lui che decide se siamo standard oppure no. Google ha cominciato quindi a lottare in maniera sempre più decisa contro Microsoft, ampliando i fronti del conflitto e scoprendo che Microsoft stessa era più che decisa ad ampliare a sua volta i suoi: motore di ricerca rinnovato, servizi di pubblicità online, gestione dei software anche attraverso la rete (il buon vecchio modello ASP).
Nel frattempo, Apple non solo è cresciuta, ma ha anche azzeccato una serie di linee di business che gli altri non riuscivano o non capivano neanche che si potessero fare. Nuovo sistema operativo basato su Unix, nuovi computer sempre più belli ed efficienti, basati su Intel, sempre più computer portatili che non fissi, lancio di iPod, lancio di iPhone, lancio di iTunes store, lancio di App store.
Quando Apple si è posizionata anche in parte fuori dal mondo della tecnologia dei personal computer, ha avuto l’aiuto di Google. Eric Schmidt, fondatore di Sun Microsystems, Ceo di varie aziende tra le quali il colosso informatico Novell, adesso a capo di Google e tutore dei due giovani talenti che hanno creato il successo del motore di ricerca, si è seduto accanto ad Al Gore e ad altri nel consiglio di amministrazione che a suo tempo aveva anche Larry Ellison (il super-amico di Steve Jobs nonché fondatore di Oracle).
Il ruolo di Schmidt nel dare lucidità e funzionalità alle strategie di Apple, portando il contributo di una delle persone alla guida dell’azienda più calda della Silicon Valley per cinque anni è stato fenomenale. Schmidt e i suoi hanno fatto subire a Microsoft e a Steve Ballmer in particolare uno dei cicli negativi maggiori nella storia del colosso di Redmond. Però adesso Microsoft sta reagendo alla grande, il gioco si fa duro e la necessità anche per Google è quella di non guardare più in faccia nessuno ed entrare a “piedi pari” nel mercato.
A meno che Google non voglia comprare Apple (ma lo “scontro di civiltà ” sarebbe epocale, visti i presupposti delle due società , e una delle due dovrebbe essere realmente smembrata per poter produrre qualcosa di sensato alla fine), è ovvio che Google adesso cominci a considerare Apple come sua avversaria. E che Schmidt non possa più stare nel consiglio di Apple. E che adesso, anche se con un occhi di riguardo (ma nel mondo del business chi è che ha un occhi di riguardo per gli altri?) cominceranno i colpi gobbi.
Google produce una suite completa di servizi gratuiti via web, come Apple che però la fa meno bene e soprattutto a pagamento. Google produce un browser come Apple. Google produce pezzi di software per i prodotti Apple, mentre il contrario è solo relativamente vero (upload diretto da iMovie e iPhone 3GS su YouTube…). Google produce un sistema operativo per telefonini, come Apple, che qui ha un grande successo e fa il suo hardware. Google sta per produrre un sistema operativo per Pc, come Apple, che anche qui ha un grande successo e fa sempre il suo hardware. In questi due ultimi casi, visto che Google produce per terze parti, in realtà alimenta gli avversari di Apple che produce da sé le sue macchine.
Come dubitare a questo punto che tra le due aziende il conflitto ci sia e ci sarà veramente? L’unica cosa non facile da capire è un’altra: come mai non è scoppiata prima, la guerra tra Google e Apple?
Certo le due aziende adesso diventeranno “frenemies”, a metà amici (friends) e metà nemici (enemies). Si tratteranno con i guanti di velluto. Ma di sicuro, anche se prodotti Apple saranno compatibili con i servizi di Google e prodotti Google saranno compatibili con quelli di Apple, l’obiettivo non sarà più combattere un comune nemico (Microsoft), bensì darsi delle grandi spallate. Perché, tutti gli uomini e le donne della Silicon Valley ne sono convinti, alla fine ne rimarrà uno solo.
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