Un giorno forse ripenseremo a questo periodo, diciamo gli ultimi dieci anni, come ad un’anomalia. Un momento in cui si sono creati i soliti monopoli e padroni del vapore per la mancanza di comprensione da parte dei legislatori (se effettivamente sono in buona fede) di cosa significasse Internet. Il problema, infatti, è che viviamo per adesso in un mondo nel quale tutto è cambiato tranne una cosa: la sete insaziabile del nostro sangue da parte dei nuovi vampiri della società . Le compagnie di telefonia mobile.
Giganti come i grandi gruppi internazionali, oppure come gli ex monopolisti nazionali, o anche come le altre società che sono presenti ad esempio nel nostro Paese, hanno vissuto due momenti. Il primo è stato un investimento molto forte in infrastrutture, culminato con la spesa – altissima in Italia – per l’acquisto tramite asta della licenza per la telefonia del futuro, vale a dire l’Umts, dopo che due generazione (Etacs e Gsm) si erano succedute nella storia della telefonia mobile europea.
A parte le considerazioni su come queste aziende abbiamo sperperato soldi, perso occasioni, lasciato sfilare ipotesi di crescita “sana”, e anche tutte le attività di lobby e di pressione sulle autorità perché niente si muovesse, bisogna riconoscere che sono state geniali nel capire quanto fosse ricco e potenzialmente sterminato il nuovo mondo della telefonia mobile. E quanto le persone – e i legislatori, per non parlare della stampa e tutto il resto – non lo stessero capendo.
Vista l’urgenza di comunicare, vista la possibilità di essere connessi, di potersi muovere portando per la prima volta con sé una forma di identità virtuale (il numero di telefono) sulla quale essere raggiunti immediatamente (telefonata, Sms) oppure mediatamente, le compagnie telefoniche sono riuscite ad appropriarsi di un mercato che potremmo paragonare a quello dell’aria da respirare, dell’acqua da bere e del pane da mangiare. E se lo sono fatto pagare carissimo, giorno per giorno, da ogni persona, briciola per briciola, sospiro per sospiro, goccia per goccia.
Se pensate che si stia esagerando, guardate come viviamo (noialtri sfortunati che non abbiamo un telefono aziendale, cioè un apparecchio le cui bollette sono cura di qualcun altro). I nostri telefoni ricaricabili costano soldi solo per l’attività di ricarica; sms, telefonate e dati costano ancora di più; qualsiasi attività d’uso del telefono costa qualcosa; andare all’estero vuol dire pagare tariffe di roaming altissime, da furto a mano armata. Insomma, il telefono costa talmente tanto da aver permesso alle aziende telefoniche di creare un indice medio di ricavo da ogni scheda sim attiva chiamato ARPU, che si aggira intorno ai 30-40 euro al mese per singola scheda.
In un mondo come questo, in cui la tecnologia più che potenzialità permette rapine legalizzate dal disinteresse degli operatori legislativi e dalle associazioni, è evidente che non esiste la possibilità di gestire in maniera razionale l’utilizzo degli apparecchi telefonici. Anzi, forse in alcuni paesi come il nostro la gioia e attenzione con la quale vengono accolti i telefoni cellulari dal punto di vista estetico o delle funzionalità “non telefoniche” sono una sorta di dimostrazione che le frustrazioni nell’altro senso sono fortissime. Nessuno si può neanche sognare di sfruttare al 10% le potenzialità degli apparecchi che abbiamo in tasca.
Un esempio? Skype, il popolare fornitore di software per le telefonate VoIP ha dichiarato che non porterà avanti con la determinazione auspicata lo sviluppo del suo software per le piattaforme mobili visti i costi delle tariffe a dati. Stiamo parlando infatti di tariffe che chiedono centesimi al kilobyte, con costi che possono toccare le centinaia di migliaia di euro, come nel caso dello sventurato italiano (Vodafone poi ha abbonato il debito) che aveva frainteso la tariffa non leggendo le note in piccolo e provato ad usare il telefonino come se fosse una Adsl per un mese. Cinquantamila euro di spesa in un mese: come si può anche solo immaginare di spendere una cifra simile ad esempio al ristorante senza morire di gotta, o al supermercato senza dover comprare una casa grande quanto un magazzino?
In questo contesto, che in realtà conosciamo tutti e che viene difeso dai fornitori di telefonia mobile addicendo i costi di mantenimento e sviluppo della rete senza fili, arriverà l’iPhone. Sarà così in tutto il mondo: Usa, Europa, Asia con l’eccezione del Giappone (dove le tariffe, grazie a dio, funzionano in modo diverso). Noi spremuti dagli eccessi e dalla esosità dei telefonici (che oltretutto continuano a drenare talmente tanti soldi da aver anche devastato ad esempio i valori del mercato pubblicitario, visti i ritorni fuori scala delle loro proposizioni commerciali rispetto a quelle degli altri settori industriali), iPhone da fuori a parlarci di un mondo migliore per usare la tecnologia mobile. Ci riuscirà non tanto perché avrà l’ultimo modello di fotocamera digitale o di modem dati, bensì se riuscirà ad offrire un servizio integrato con operatori che dovranno rendersi conto che i dati non appartengono a loro. E, soprattutto, che non possono farli pagare più cari dei diamanti nigeriani.