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Apple e Burst.com: la teoria della cospirazione

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Robert X. Cringely, che è uno pseudonimo di Mark Stephens, è un giornalista molto conosciuto in rete e non solo. Nel suo sito ospitato da Pbs, il network televisivo pubblico degli Usa (come la Rai, ma con l’audience di Italia7) Cringely avanza l’ipotesi che l’accordo firmato da Apple con Burst.com circa la proprietà  di alcune tecnologie utilizzate con QuickTime e via dicendo sia un mezzo falso. Cioè, una mezza verità . E che la cifra dj 10 milioni di dollari, “ridicolmente bassa” sostiene il commentatore, nasconda qualcosa d’altro.

àˆ pura teoria della cospirazione, perché in realtà  niente lascia immaginare che ci sia dietro qualcosa d’altro. Ma è interessante per far vedere come il giornalismo di “qualità ” anglosassone, quello senza infingimenti e senza alterazioni con tutte le fonti controllate venti volte, sia in realtà  più un mito che ci raccontiamo in Italia che non una pratica quotidiana.

La tesi di Cringely, che è straordinariamente poco concreto quando si tratta di spiegare che Burst.com sta facendo causa a tutti i grandi della tecnologia per brevetti che l’azienda sostiene non solo di detenere ma di aver anche prodotto in maniera originale (senza farsene niente per venti anni se non aspettando che altri andassero avanti e poi fargli causa) e che il suo piano industriale, al di là  delle cause legali, praticamente non esiste.

Anzi, in qualche modo Cringely lo spiega, dal momento che la chiave dell’accordo segreto che lui sostiene si intraveda fra le due aziende è proprio questa: Burst.com avrebbe rinunciato a circa un miliardo di dollari in licenze da pagarle da parte di Apple per un accordo extragiudiziale da 10 milioni di dollari (più della metà  dei quali se ne sono andati in spese legali) ottenendo però sulla carta gli elementi per procedere alla prossima causa legale.

Dopo aver già  molestato Microsoft – che in questi casi paga sempre perché fa prima che non a cominciare a gestire la cosa per uffici legali svelando strategie e segreti interni, vista l’impressionante liquidità  della società  – e altre società , dopo Apple nelle intenzioni di Burst.com ce ne sono anche altre. Apple avrebbe fornito, magari con un secondo accordo sottobanco (che sarebbe illegale, come Cringely si dimentica di dire, dato che Apple è quotata in Borsa e non può pagare niente senza dichiararlo agli investitori) via libera per le tecnologie di streaming e di web tv che Burst.com intende sfruttare più avanti nelle aule dei tribunali.

Se è vero che da tempo Apple con i suoi prodotti è nel mirino di tutti quelli in cerca di facile pubblicità  (ve la ricordate la nota associazione ambientalista che dichiarava: “l’iPhone è pericoloso, inquina”, salvo poi scoprire che avevano un po’ forzato la mano dato che le sostanze non sono illegali, non è provato che inquinino e comunque vengono usate da tutti i fabbricanti di telefoni cellulari, ma iPhone fa più notizia…), è altrettanto nel mirino di chi invece cerca di fare un po’ di soldi. Sia con class-action aventi ad oggetto: “il mio iPod ha la batteria che dura meno del previsto” che con azioni legali basate su possesso di brevetti industriali.

àˆ difficile soprattutto nel settore delle tecnologie informatiche capire cosa effettivamente è stato brevettato e cosa no. Ad esempio, Microsoft è riuscita a rifare il suo clone del System 6 senza problemi o quasi. Sco ha fatto causa a destra e a sinistra * soprattutto a Ibm * alcuni anni fa per affermare che “Linux era copiato da Unix e noi abbiamo il “brevetto” di Unix” (ma poi non era vero). Insomma, il mercato americano è molto litigarello. Quello che mancava sinora era un esercizio di dietrologia molto italiana, un architetto della teoria della cospirazione. Evidentemente, con Cringely, anche gli Usa l’hanno trovato…

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