Cosa succede ad Apple? Come aveva detto lo stesso Steve Jobs parlando un paio di mesi fa alla conferenza All Things Digital insieme a Bill Gates, la cosa che l’azienda più invidiava alla concorrente-amica Microsoft è la capacità di fare alleanze. Apple ha sempre cercato di fare tutto da sola, “the whole banana”, per citare l’espressione colloquiale di Jobs. Da un po’ di tempo, però, le cose non sono più così.
Sarà perché probabilmente per sopravvivere ai tempi di NeXT Steve Jobs ha dovuto dialogare con parecchie imprese, oppure perché passati i trent’anni ha iniziato ad entrare in modo più “morbido” in relazione con le altre aziende, ovvero l’esperienza di Pixar, cioè quella della Hollywood Economy (che si basa su un approccio di “produzione” con soggetti diversi che confluiscono anziché su un grande soggetto e i suoi sub-appaltatori) gli devono aver fatto capire che se hai qualche “amico” è meglio.
Il primo, paradossalmente è stato Bill Gates, nel 1997: un po’ di soldi per tenere a galla il titolo di Apple e soprattutto la garanzia, quando Steve Jobs è tornato alla guida dell’azienda, che i due prodotti chiave, cioè Office e Internet Explorer, sarebbero stati al centro. Poi il lungo, difficile e tormentato nodo dell’alleanza con Motorola e Ibm. Le due aziende, che dovevano fornire i “motori” dei Mac sotto forma dei processori PowerPC nati nell’alleanza AIM, nel tempo hanno mostrato di avere agende diverse da quella di un produttore come Apple di personal computer. Da qui la decisione di trovare un alleato come Intel, fortemente in cerca di un ritorno di immagine durante un periodo difficile culminante nella scontro anche legale con Amd (vedi le cause anti-trust) e il bisogno di recuperare focus sulle tecnologie dopo che la relativamente piccola azienda guidata da Hector Ruiz aveva mostrato di essere in grado di competere sul serio nelle tecnologie a 32 e 64 bit.
Poi, altre alleanze più “sottili”. Come ad esempio il lavoro per coinvolgere le grandi major discografiche prima e cinematografiche poi nel progetto dell’iTunes Store. Nato come esperimento limitato alla piattaforma Mac, con l’allargarsi dell’iPod anche a quella Pc e il conseguente successo globale, sono stati accordi paragonabili a quello stretto da Bill Gates a suo tempo con Ibm per il sistema operativo standard (l’Ms-Dos, ricordate?) dei Pc-compatibili.
Ma ce n’è di più. Alleanze un po’ più freddine rispetto al passato con Adobe, che aveva mostrato la fin troppo chiara intenzione di competere con Apple per i software base di creatività e di non garantire un adeguato supporto per la piattaforma Mac. Il problema è superato, però il primato del Mac rispetto alla suite di Adobe – che tra l’altro dopo l’acquisto di Macromedia ha una situazione di controllo assoluto su intere aree della produttività digitale – ancora non si vede e quindi l’alleanza rimane “freddina”.
Nuovi soggetti. Ad esempio, per il lavoro con l’iPhone la partnership a tre con At&T, Yahoo! e Google è chiarissima. E se Yahoo! sembra tirato dentro più che altro per un motivo di presenza, quasi per “fare numero”, il rapporto con At&T sarà suscettibile di numerosi affinamenti (non è stata ottima la performance di vendita nei negozi del carrier americano, dove pare che alcuni franchise abbiano sconsigliato l’iPhone perché con margini per loro minori rispetto alla vendita di altri apparecchi), Google invece ha una posizione preminente.
Tant’è che la collaborazione, forte anche della presenza del Ceo di Google Eric Schmidt nel consiglio di amministrazione di Apple, continua in maniera serena: un po’ di codice dentro la nuova versione di iWeb e si possono ad esempio mettere le mappe di Google dentro il programma, oppure la pubblicità degli AdSense. E altro codice dentro il nuovo iMovie e si possono pubblicare i filmati montati in venti minuti con risultati notevoli direttamente dentro YouTube (che peraltro è presente anche dentro iPhone). Alleanze, nuovi amici, servizi di back-end che possono essere utilizzati dai prodotti Apple, guadagno condiviso.
Apple ha imparato la lezione che sul mercato non si sta da soli, a quanto pare. E la scelta dei suoi alleati sarà uno degli elementi chiave del successo o dell’insuccesso nei prossimi anni.