The New York Times offre qualche nuovo dettaglio su Apple Watch spiegando che il nome in codice interno è “Gizmo” e che il suo sviluppo ha visto coinvolto un superteam che ha fatto di tutto per tenere nascosto il progetto, arrivando persino a girare con dei prototipi costruiti per somigliare a smartwatch Samsung.
Tra le persone che hanno lavorato al progetto: ovviamente Jony Ive Jeff Williams (gestione delle operazioni), l’ex dirigente Adobe Kevin Lynch (che a suo tempo aveva denigrato la scelta di Jobs di non voler supportare Adobe Flash). Una vera sfida si è rivelata la creazione del chip e dei sensori creati ad hoc, comprimendo tutta l’architettura in uno spazio piccolissimo, integrando i vari sottosistemi in un modulo ultracompatto.
Varie tecnologie che Apple intendeva integrare sono state poi abbandonate e il progetto è stato ridimensionato rispetto a quella che era l’idea iniziale. Ad esempio inizialmente Apple voleva includere sensori monitorare la pressione arteriosa e lo stressa, ma questo proposito si è dimostrato non realizzabile ed è stato abbandonato nel percorso. Tra i problemi che Apple ha affrontato c’è stata anche la migrazione verso Nest (la società fondata dall’inventore di iPod Tony Fadell ora di proprietà di Google) di alcuni dei migliori ingegneri del gruppo.
Per quanto riguarda la batteria sono state sperimentate varie idee, optando alla fine per una soluzione che combina la tecnologia MagSafe e la ricarica a induzione: un connettore sigillato e senza contatti a vista, che si aggancia, anche se non allineato perfettamente; basta avvicinarlo al fondo dell’orologio e lasciare che i magneti interni lo facciano scattare al suo posto.
Apple spiega che lo smartwtch richiede una ricarica notturna e pare sia presente una funzionalità per il momento non pubblicizzata denominata Power Reserve, modalità che permette di usare l’orologio con il minimo di corrente indispensabile visualizzando solo l’ora.
Tra le curiosità citate dal New York Times c’è anche la decisione di camuffare Apple Watch come se fosse stato uno smartwatch Samsung per far circolare i beta testers indisturbati. In passato Apple è già ricorsa a questa tattica. Alcuni nuovi modelli di iPhone sono stati “vestiti” con vecchi chassis di iPhone già sul mercato, in alcuni casi sono state creare custodie ad hoc del tutto generiche, in altri casi gli stessi dipendenti interni hanno manovrato dispositivi di nuova generazione incastonati in case metallici privi di forma e di riferimenti. Ma il mascheramento di un prodotto Apple con l’aspetto di un concorrente è certamente un caso unico.