Lasciate che questo anziano cronista indulga per qualche momento in ricordi e rimuginazioni, e magari anche qualche rimpianto. Proprio quando il coronavirus ci tiene tutti a casa e – per chi è abiutato alla vita del nomade digitale internazionale – lontano da treni e aerei e viaggi di lavoro tra fusi orari divefrsi attraverso il mondo, arriva Apple e finalmente fa avverare un vecchio sogno che sembrava impossibile. Ma facciamo un passo indietro e cominciamo dall’Apple Watch.
Un orologio per tutta la vita
La più grande rivoluzione di Apple Watch è che fa molto più che non semplicemente dire l’ora, e lo fa sempre meglio. È, dal punto di vista degli utenti appassionati di cose di Apple, una scommessa vinta come l’iPhone. Quando uscì l’iPhone, nell’ormai lontano 2007, in pochi ci credevano. Apple era un’azienda che si occupava d’altro e il business (oltre al rapporto incestuoso) era diviso tra telco del settore mobile e aziende produttrici di apparecchi come Nokia e Motorola. Apple ha sparigliato ma poteva anche fallire.
Questo cronista, che fu tra le altre cose il primo giornalista italiano a “toccare” e brevemente provare l’iPhone 2G in una saletta del Moscone Center a poche ore dalla sua presentazione a gennaio 2007, lo comprò pochi mesi dopo quando venne commerciallizzato, in un Apple Store di Las Vegas. E il vostro cronista si ricorda ancora che pensava: “anche se semplicemente mi sincronizza i contatti del Mac con il telefono (cosa all’epoca difficilissima sia con Nokia che con Blackberry) e fa flop commercialmente, per me ha già vinto”.
Non è andata così, come sappiamo. E non è andata così neanche con Apple Watch, che si è inghiottito in sei anni tutta l’industria degli orologi svizzera (la parte di alta qualità e quella di massa), e sta aprendo nuove finestre e nuove opportunità. Con Apple Watch si può cominciare a gestire una parte sempre più ampia della propria vita, anche a prescindere dall’uso di un telefono. Ed è una novità straordinaria, che porterà a un certo punto a integrare al polso e in modo quasi esclusivo o del tutto esclusivo molte delle funzioni che sino ad ora sono sparpagliate in apparecchi diversi. Inclusa l’ora.
Il mito del viaggio
L’innovazione non è certamente una invenzione dell’industria del software o di Apple. Si innova nel design – che vuol dire il modo con il quale funzionano le cose – da sempre, in maniera più consapevole e programmatica dal dopoguerra, quando automazione industriale e ideologia di allargamento della base dei consumi alzando la qualità dei prodotti hanno creato la piattaforma sulla quale poggia la nostra società.
Nel 1954 la buona vecchia Pan Am era la compagnia aerea “storica” che aveva fatto del volo intercontinentale il suo punto di forza già prima della Seconda guerra mondiale, definendo gli standard di tutto il settore (fu lei a volere ad esempio che sui suoi Clipper l’equipaggio – piloti e personale di cabina – vestissero divise sulla falsariga di quelle della marina commerciale e militare, per essere più credibili e rassicuranti con i passeggeri).
Pan Am aveva un problema: doveva aiutare i suoi equipaggi che attraversavano gli oceani con i nuovi Boeing 707 in una dozzina di ore arrivando dagli Usa in Asia o in Europa, a tenere il passo con i fusi orari. I piloti per moltissimo tempo hanno sempre avuto orologi affidabili al polso, perché si tratta dello strumento fondamentale non solo per sapere che ore sono (e serve nelle comunicazioni via radio) ma anche per cronometrare le fasi di salita, discesa, virate e via dicendo, mentre il passare del tempo è alla base del calcolo dell’autonomia del carburante e via dicendo. Insomma, Pan Am sapeva a chi rivolgersi: a una azienda svizzera che da prima della Seconda guerra mondiale aveva scelto di stare con gli Alleati e che produceva i migliori cronometri e cronografi dell’epoca: Rolex.
Intermezzo: ecco Rolex
L’azienda era stata fondata nel 1905 a Londra dall’imprenditore tedesco Hans Wilsdorf che poi si era trasferito in Svizzera dove l’industria si stava consolidando. Il nome Rolex era stato scelto nel 1915 per togliere qualsiasi connotazione nazionale al marchio, proprio negli anni della Prima guerra mondiale. Erano gli anni dell’affermazione dell’orologio da polso come strumento anche di uso per i militari nelle trincee. Sarebbe diventato poi un oggetto non solo di “status” (gli orologi meccanici costavano molto e solo i benestanti o chi faceva particolari lavori li possedeva, e li passava alle generazioni successive) ma anche uno strumento di lavoro. Dai capostazione ai controllori dei turni di lavoro e, appunto, ai piloti, avere un orologio meccanico affidabile era fondamentale.
Rolex nel secondo dopoguerra aveva lanciato una serie di orologi non solo impermeabili (con chiusura a “ostrica” del fondello, esposto nei negozi immergendo l’orologio in una boccia per i pesci rossi) e movimento automatico che si ricaricava con le oscillazioni del polso, ma anche una serie di modelli dedicati a particolari professioni. Mercati dove gli orologi venivano comprati per essere usati, e poi per moda comprati anche dal resto del pubblico. Nacquero i Submariner (per i palombari e i marinai), il Milgauss (resistente alle radiazioni magnetiche sia per la ricerca del Cern svizzero in campo atomico sia molto più prosaicamente per resistere alle magnetizzazioni che “incollano” la molla della spirale facendo andare male l’orologio) e vari altri modelli. Tra questi, il modello GMT.
Arriviamo al dunque: il Rolex GMT-Master
Pan Am voleva un orologio in grado di segnare due (e poi tre) fusi orari contemporaneamente ma che fosse al tempo stesso sufficientemente pratico. Cioè non con due quadranti e due meccanismi. Soluzione? Creare una nuova interfaccia che consentisse la visualizzazione di due orari in un colpo solo. Rolex risolse il problema con il GMT (l’orario “zero” del meridiano di Greenwitch, poi diventato UMT, dal quale si calcolano tutti gli altri fusi orari).
Attorno al quadrante dell’orologio c’è una caratteristica ghiera bicolore (rossa e blu o rossa e nera) con marcate gli indici di 24 ore. Le lancette dell’orologio (ore, minuti e secondi) comprendono una quarta lancetta che fa un movimento di 24 ore (anziché 12, come la lancetta delle ore).
Il moto di quella lancetta era legato a quello della lancetta delle ore nella prima versione cioè il modello GMT-Master Ref.6542, in maniera tale che, se la ghiera (o lunetta) graduata era allineata alle ore 0/12 con gli indici dell’orologio, segnava semplicemente l’ora della lancetta delle ore, ma lungo una sfera di 24 ore. Per cambiare fuso orario bastava ruotare la lunetta e fare in nomdo che alle ore 12 corrispondesse l’orario del nuovo fuso orario. In questo modo il movimento del “freccione” delle 24 ore permetteva di leggere l’orario del secondo fuso orario.
Nella versione GMT-Master II introdotta nei primi anni ottanta e cambia il modo di visualizzare il fuso orario, che ne aggiunge un terzo. Infatti, oltre all’ora della lancetta tradizionale delle ore e a quella segnata dalla lunetta bicolore, è possibile anche “disaccoppiare” il freccione delle 24 ore dal tempo della lancetta delle 12 ore, creando la base per un terzo fuso orario visibile.
Chi compra i Rolex GMT-Master? I viaggiatori
È un orologio complicato e per chi viaggi, bello, difficile, molto amato, con due difetti: costa molto (è un Rolex) e poi il suo gusto è un po’ da arricchito (è un Rolex!). Soprattutto, l’azienda svizzera (gestita da una fondazione indipendente) ha brevettato tutto il brevettabile e, se anche si può riprodurre un orologio con colori e modalità simili (e nel tempo lo hanno fatto in moltissimi, dalla svizzera Tag Heuer alla giapponese Seiko, passando per gli americani, i tedeschi e anche gli italiani di Panerai, non ultimi), il meccanismo è rimasto in parte proprietario.
L’orologio è un orologio da intenditori, a ben guardare, e le sue caratteristiche lo rendono adatto, come l’uso del regolo calcolatore per fare fulminanti prodotti di logaritmi, per un amante del vintage che viaggi anche molto. Una retrotopia in cui si guarda all’orologio come un meccanismo amico, prezioso, delicato, da passare generazione dopo generazione. E con una funzione meccanica semplice ma che fa qualcosa che gli orologi al quarzo ed elettronici fanno difficilmente o con qualche maniera sgraziata. Era così anche per questo cronista.
Arriva il quadrante Pepsi Cola
La sorpresa, durante la diretta dell’evento, è stata forte. Il quadrante GMT ha fatto capolino per un attimo ma tanto è bastato per accendere una luce. Eccolo, l’hanno fatto veramente. Adesso è possibile utilizzare un Apple Watch in maniera tale da poter viaggiare con garbo ed eleganza. Ci sono riusciti, è una specie di premio di consolazione per noi nomadi digitali che siamo rimasti bloccati durante la pandemia e che chissà quando potremo riaprire le nostre ali e spiccare ancora il volo verso altre latitudini, per seguire il mercato globale della tecnologia e raccontarlo in diretta anche su queste pagine di Macity.
Il quadrante è molto ben fatto, ricco di funzionalità (si possono aggiungere quattro complicazioni agli angoli dell’orologio) ed esteticamente. Si può cambiare il colore della coppia notte-giorno delle ore: sei scure e sei chiare, tra l’altro, cioè il motivo per cui è bicolore e segue le 24 e non le 12 ore, così si capisce anche a colpo d’occhio se l’orario dell’altro fuso orario corrisponde alle tre del pomeriggio o alle tre di notte.
È bello? Certamente. È quello che un piccolo manipolo di appassionati di orologeria e di viaggi cercava e aspettava? Assolutamente sì. E oltretutto, se avete già un Apple Watch aggiornabile, è pure gratuito! Cosa c’è di meglio? Beh, magari la possibilità di personalizzare di più il design della lunetta, ma pian piano ci arriveremo (forse).