Buon compleanno, Apple Watch. Come abbiamo fatto finora senza di te? Sembra ieri, ma sono passati dieci anni. Dieci anni da quando l’Apple Watch, prima come annuncio e poi come prodotto nei negozi, ha fatto capolino nel mercato tecnologico promettendo di rivoluzionare la nostra vita.
Presentato nel settembre 2014 e commercializzato nell’aprile 2015, l’Apple Watch nasceva dall’idea di un Jony Ive che, dopo la scomparsa di Steve Jobs, cercava di tracciare un nuovo solco per l’azienda di Cupertino. L’Apple Watch era pensato come un oggetto di design, un accessorio di moda, un gioiello tecnologico capace di strizzare l’occhio al mondo del lusso e dello status symbol.
Chi non ricorda la versione in oro da 18 carati, venduta a oltre diecimila dollari? Un’enormità oltretutto a orologeria (un apparecchio elettronico è destinato fisiologicamente all’obsolescenza, quando gli standard evolvono e cambiano) che testimoniava quanto, all’inizio, la visione fosse sbilanciata verso un prodotto iconico e distintivo.
Jony Ive, che dopo la scomparsa di Jobs aveva preso un posto centrale non solo nel design ma anche nella “visione strategica” dei prodotti, sognava che il polso degli utenti Apple diventasse una passerella di oggetti di design, con cinturini intercambiabili e materiali lussuosi. Era un modo per spostare la tecnologia dal telefono al corpo, rendendola più diretta e personale, ma anche un tentativo di colonizzare un settore, quello dell’orologeria, che sembrava impermeabile all’innovazione digitale.
Dietro le quinte, però, operavano figure meno visibili ma altrettanto significative. Kevin Lynch, ex CTO di Adobe, posto sotto la direzione di Bob Mansfield, lavorava a un progetto che doveva integrare hardware e software in modo completamente nuovo per Apple. Il team era imponente: centinaia di designer, ingegneri e specialisti di vario genere cercavano di definire cosa potesse essere e fare un orologio smart della Mela.
L’incertezza sugli usi primari del dispositivo era evidente, con funzionalità che andavano in tutte le direzioni: notifiche, fitness, comunicazioni, salute. L’apprpoccio era: proviamoli tutti e poi vediamo cosa ha senso e cosa no.
La svolta di Tim Cook
Chi conosce Tim Cook sa quanto sia appassionato di fitness e salute. Un uomo metodico, che inizia le sue giornate all’alba in palestra e monitora ogni parametro vitale con attenzione maniacale. L’evoluzione dell’Apple Watch riflette perfettamente questo cambio di rotta dalla visione estetica di Ive a quella pratica e salutista di Cook. Nelle generazioni successive, il modello in oro è sparito, sostituito da versioni più funzionali e meno ostentative, mentre si moltiplicavano i sensori per monitorare il nostro corpo.
ECG, saturazione dell’ossigeno, temperatura corporea: ciascuna nuova generazione dell’orologio (e quelle a venire saranno ancora così) ha spinto i confini di ciò che un dispositivo indossabile poteva misurare. Una rivoluzione che è stata portata avanti un passetto alla volta, con una evoluzione costante di tutta la strategia della casa di Cupertino, com’è tipico di Tim Cook che non ama le “rotture” e preferisce le rivoluzioni lente ma inarrestabili.
E infatti il marketing Apple è passato dal mostrare orologi eleganti al raccontare storie di persone salvate grazie, ad esempio, a una notifica tempestiva per un’aritmia cardiaca. Un cambio di paradigma che ha trasformato l’Apple Watch da accessorio di lusso a compagno quotidiano e sentinella della nostra salute, capace persino di chiamare automaticamente i soccorsi in caso di incidente o caduta.
Come detto, questo è il genio dell’attuale Apple, capace di arrivare alla capitalizzazione più grande di qualsiasi mercato. La trasformazione è stata graduale ma inesorabile, culminando con l’introduzione dell’Apple Watch Ultra nel 2022, versione rinforzata per atleti e amanti dell’avventura.
Da oggetto da esibire nei salotti buoni, l’orologio di Apple è diventato uno strumento da portare nelle maratone, durante le immersioni o nelle escursioni in montagna. Se ci pensate, il passaggio dall’oro 18 carati al titanio ultraresistente racconta meglio di ogni altra immagine come sia cambiata la filosofia dietro al prodotto.
Meno interessante per i puristi del design, forse, ma infinitamente più utile per gli utenti reali. Un dispositivo che ha trovato la sua ragion d’essere non nell’estetica ma nell’aiutarci a vivere meglio, a muoverci di più, a prevenire problemi di salute.
Il dominio del mercato
A questo punto, non c’è articolo celebrativo che non metta anche dei numeri. E noi non ci esimiamo certamente. I numeri ci sono e non mentono: con oltre 100 milioni di utenti attivi e una quota di mercato che sfiora il 50%, l’Apple Watch ha avuto un impatto devastante sul settore.
Nel 2020, Apple ha venduto più orologi dell’intera industria orologiera svizzera messa insieme. Un terremoto per un ambito tecnologico che aveva resistito a secoli di cambiamenti, inclusi gli orologi al quarzo, ma che si è trovato impreparato davanti alla rivoluzione degli smartwatch.
Ciò che rende straordinario questo successo è stata la capacità di Apple di migliorare costantemente il prodotto senza stravolgerne l’identità. Dalla prima versione, soprannominata “Series 0”, all’ultima Series 10, il design di base è rimasto riconoscibile: un rettangolo arrotondato con la corona digitale sul lato. Addirittura, l’aggancio per i cinturini è lo stesso (due formati, grande e piccolo, in due versioni, lunga e corta).
Tuttavia, se fuori è rimasto tutto uguale con una evoluzione del design che è difficile da notare se non si è dei cultori della materia, dentro è cambiato molto se non tutto. La forma è sempre quella, molto familiare, insomma, ma ogni generazione ha portato innovazioni significative, migliorando velocità, efficienza, durata della batteria e capacità di monitoraggio.
L’impatto culturale è stato altrettanto profondo. Milioni di persone hanno iniziato a prestare più attenzione alla propria attività fisica, stimolati dagli “anelli” colorati da chiudere ogni giorno. I medici hanno iniziato a ricevere pazienti che si presentavano con i dati raccolti dal loro orologio, inaugurando una nuova era di medicina partecipativa.
E le compagnie assicurative hanno cominciato a offrire sconti a chi condivideva i propri dati di attività, riconoscendo il valore preventivo del monitoraggio continuo. Cosa quest’ultima che in realtà porta a qualche timori sulla correttezza dei trattamenti assicurativi, un tema del quale prima o poi le autorità sulla concorrenza e il rispetto dei mercati dovranno prendere visione.
Un futuro oltre il polso
Cosa succederà domani? Ovviamente non abbiamo una boccia di cristallo dentro la quale vedere, tra le nebbie del tempo, cosa succederà. Ma facciamo finta che un po’ sia così: il giorno dei compleanni è anche quello degli auguri per i prossimi giorni. Guardando al futuro, quindi, Apple sembra determinata a spingere ancora più in là le capacità mediche del suo orologio.
La misurazione della glicemia senza prelievo di sangue, il monitoraggio della pressione sanguigna e l’analisi del sonno sono solo alcune delle frontiere che l’azienda sta esplorando. Le sfide tecniche sono immense, come abbiamo scritto più volte, ma la direzione è chiara: trasformare l’Apple Watch in un laboratorio di analisi al polso.
Le difficoltà da risolvere non mancano. L’autonomia della batteria resta un limite, costringendo gli utenti a ricaricare quotidianamente il dispositivo. E questo è molto faticoso. Poi, c’è la dipendenza dall’iPhone, sebbene ridotta negli ultimi modelli, non è ancora completamente superata. E poi c’è la crescente concorrenza di altri watch, specialmente nei segmenti specializzati come quello sportivo, che mette pressione su Apple per continuare a innovare e differenziarsi.
Ciononostante, il successo dell’Apple Watch resta una lezione importante, di quelle che si studiano nelle grandi università, per tutta l’industria tecnologica. Dimostra come un prodotto possa evolvere ben oltre la visione originale del suo creatore (Ive, se crediamo alle spiegazioni sull’evoluzione della Apple post-Steve Jobs), trovando la propria strada attraverso l’ascolto degli utenti e l’adattamento alle loro esigenze reali.
Questo sì un classico di Apple, che raffina e potenzia i suoi prodotti in questo modo. La trasformazione di Apple Watch è chiara: da status symbol a strumento salvavita, l’orologio di Apple ha percorso un cammino che pochi avrebbero previsto dieci anni fa.
L’Apple Watch oltretutto è uno di quei prodotti che ieri non c’erano ma oggi non ci ricordiamo più come abbiamo fatto a vivere senza. Un prodotto di successo della Apple post Steve Jobs, che ha potenziato la sua visione dell’epoca Post-PC ma che al tempo stesso ha anche portato a qualcosa di nuovo nel mondo: uno strumento capace di fare cose prima immaginate solo dai romanzi e dai film di fantascienza.

Guardando indietro a questi dieci anni, è chiaro infatti che l’Apple Watch rappresenta uno dei prodotti più riusciti dell’era post-Jobs. Non perché abbia seguito fedelmente la visione originale, ma perché ha saputo evolversi, cambiare pelle e diventare realmente utile. In un settore dove molti prodotti nascono come soluzioni in cerca di un problema, l’Apple Watch ha trovato rapidamente il suo ruolo nelle nostre vite: renderci più consapevoli del nostro corpo e aiutarci a vivere in modo più sano e attivo.
Oggi sembra che questa sia la direzione e che, tra altri dieci anni, ci ritroveremo a celebrare un ventennio di innovazione per la salute. Se questo sarà il suo vero lascito, possiamo dire che quel piccolo orologio quadrato avrà fatto molto più che dirci l’ora. Avrà contribuito a ridefinire il nostro rapporto con la tecnologia, portandola non solo più vicino al nostro corpo, ma anche più allineata con il nostro benessere.