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Apple vuole comprare il cobalto per le batterie direttamente dalle compagnie minerarie

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Apple è in trattativa per ottenere un contratto a lungo termine per la fornitura del cobalto direttamente dalle compagnie minerarie, strategia che consentirebbe all’azienda di mettere da parte riserve dell’elemento chiave per le batterie agli ioni di litio, materiale di grande interesse anche per i produttori di auto elettriche.

A riferire l’indiscrezione è Bloomberg spiegando che al momento la multinazionale di Cupertino dipende dai produttori di batterie e che non vuole trovarsi impreparata ad affrontare una carenza del metallo in seguito con il previsto boom delle vetture elettriche. Apple è una tra i più importanti utilizzatori al mondo del prezioso metallo, sfruttato nelle batterie dei suoi dispositivi ma finora ha sempre fatto affidamento ai fornitori che producono a sua volta le batterie.

Un quarto della produzione mondiale di cobalto è attualmente destinato agli smartphone. Apple – secondo una persona sentita dall’agenzia stampa internazionale – mira a un accordo per garantirsi migliaia di tonnellate di cobalto l’anno, per almeno cinque anni o più. Trattative con i minatori sarebbero già iniziate da più di un anno, e non è ad ogni modo detto che si arriverà a un accordo.

A competere con Apple ci sono aziende produttrici di autoveicoli e motoveicoli, come BMW e Volkswagen, ma anche produttori di batterie quali Samsung SDI, che scalpitano per firmare accordi pluriennali con i fornitori di cobalto per assicurarsi di possedere sufficienti forniture di metallo per ambiziosi obiettivi nella produzione dei veicoli elettrici.

Markus Duesmann, responsabile acquisti di BMW, ha dichiarato pochi giorni addietro al Frankfurter Allgemeine Zeitung che “i contratti sono pronti”, specificando che «L’obiettivo è di assicurarsi le forniture al livello delle miniere». Un portavoce dell’azienda tedesca ha in seguito precisato al Financial Times che l’orizzonte temporale è di «almeno cinque anni, meglio ancora dieci» e che le quantità nel caso del cobalto saranno «decisamente inferiori» alle 100mila tonnellate ipotizzate dalla stampa tedesca. Anche Volkswagen starebbe cercando da tempo di assicurarsi forniture di litio e cobalto, ma non è ancora riuscita nel suo obiettivo.

Il timore di molte aziende è che l’offerta si riveli quanto prima insufficiente, come dimostra il prezzo triplicato in due anni. Il cobalto ha da poco aggiornato il record dal 2009 al Lme, a quota 81.500 dollari per tonnellata. Due terzi della produzione arrivano dalla Repubblica del Congo, dove da anni organizzazioni per i diritti umani lanciano allarmi per le modalità di estrazione. In particolare nella parte meridionale del Paese, si concentra un esercito di 110-150mila persone (i creuseurs, inclusi bambini) che scavano a mani nude o con rudimentali scalpelli gallerie artigianali setacciando i materiali di scarto delle miniere industriali. Da questo lavoro clandestino sembra si ottenga il 20% del cobalto esportato prevalentemente in Cina.

Apple da tempo è impegnata attivamente e dal 2005 ha raggiunto un traguardo importante: nella filiera di Cupertino per i prodotti più recenti, la percentuale delle fonderie e delle raffinerie che aderiscono a programmi di auditing esterni sulla provenienza dei minerali è arrivata al 100%. Grazie a questi programmi di controllo, le procedure di approvvigionamento sono migliorate nelle fonderie e in tutto il resto del settore minerario. L’ingresso di Apple in prima linea – con accordi diretti con le miniere – potrebbe portare al perfezionamento dei sistemi di monitoraggio e reporting locali, migliorare la situazione, rafforzando la diligence nella filiera, promuovendo specifici programmi di audit.

La Casa di Cupertino pubblica ogni sei mesi un elenco delle fonderie e delle raffinerie che fanno parte della sua filiera, indicando oltre al loro nome anche il Paese in cui si trovano, e se partecipano o meno al Conflict-Free Smelter Program (programma CFSP), avendo cura che l’approvvigionamento dei minerali (stagno, tantalio, tungsteno, oro e altri ancora.) non contribuisca a finanziare conflitti armati.

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