Nei giorni scorsi, come scrivevamo qui, Apple ha comunicato una serie di novità per alcuni mercati europei tra cui quello italiano nelle funzionalità della sua app e del suo servizio podcast: le trascrizioni in italiano dei nuovi podcast (e pian piano di quelli già pubblicati) sia se presenti sulla piattaforma di Apple che se aggregati con un feed rss da un’altra piattaforma.
Realizzata con un sistema di machine learning proprietario, la trascrizione viene integrata nel podcast in una rivisitazione dell’interfaccia della app per iPhone, che richiama molto quella chiamata Musica: si visionano i testi sia ascoltando che non ascoltando il podcast, sono cercabili e si può saltare al minutaggio preciso di ciascuna frase. Inoltre, il sistema funziona anche per i podcast multilingua.
Apple si focalizza sui podcast
La novità arriva con un minimo di sorpresa perché poche settimane prima avevamo pensato e scritto che ci fosse un problema con questa categoria di prodotti, i podcast, che sono praticamente nati nella piattaforma Apple, tanto che il nome deriva dal venerabile iPod, il player di musica lanciato da Apple nel 2001, poco dopo il lancio della app iTunes, il jukebox musicale di Apple che predata lo store per la musica e poi il servizio di streaming.
La nostra idea era che Apple stesse diventando la grande sconfitta del mondo del podcast, perché si è sostanzialmente fatta superare da destra e da sinistra da parte di servizi e fornitori terzi. Da Spreaker a YouTube passando per Spotify, Da uno studio risulta che il 31% degli utenti americani usa YouTube e il 21% usa Spotify mentre solo il 12% utilizza Podcast di Apple. Senza contare le piccole ma ottime app di terze parti, come la fantastica Overcast.
L’AI è una funzione, non un prodotto
Ebbene, Apple ci sta a quanto pare mettendo il cuore ma soprattutto potrebbe sfruttare il dividendo dell’Apple Intelligence, che aggiunge funzionalità all’interno di tutti i prodotti di Apple. È possibile immaginare un modello interno di sviluppo in cui chi si occupa di AI a Cupertino fornisca le API interne per poter chiamare le funzioni, sia per i software negli apparecchi degli utenti sia nei server che gestiscono i servizi cloud come in questo caso per i podcast, e mettere a disposizione cose altrimenti impossibili.
Ciascun team, che si occupi della app dei podcast o della fotocamera, di Mail, l’app per la posta o di Numbers, l’app per i fogli di calcolo, deve integrare con una interfaccia e delle logiche di lavoro e interazione (la AI “fa” qualcosa) ma il motore si aggancia semplicemente utilizzando le API riservate interne. Un approccio, se è quello che intuiamo da fuori Cupertino, che è trasformativo a partire dalla sua filosofia di base: considerare l’intelligenza artificiale una funzionalità e non un prodotto (all’opposto di come stanno facendo OpenAI e Anthropic, ma anche Microsoft e Google).
Il successo dei podcast in Italia
Su una nota completamente diversa, la nuova funzionalità per l’Italia e la maggiore attenzione (si spera) in futuro per i podcast vengono in un momento in cui questa modalità di produzione e ascolto dei contenuti sta crescendo tantissimo.
Il centro di ricerca Ipsos conduce uno studio per l’Italia che ci fa capire non solo le dimensioni del fenomeno da noi ma anche le sue caratteristiche e peculiarità. Lo studio è basato su una intervista a campione su alcune migliaia di persone con un questionario che consente di tracciare una fotografia del mercato del podcast italiano. Ipsos utilizza questa ricerca per i suoi clienti commerciali (le aziende potenziali inserzioniste o autrici di podcast aziendali) ma in realtà il dato è interessante in generale.
Intanto: nel 2024 hanno ascoltato almeno un podcast almeno una volta al mese il 39% degli italiani tra i 16 e i 60 anni: sono tantissime persone, circa 12 milioni. Il dato è stabile perché nel 2023 era il 39%, circa 11,9 milioni, nel 2022 era il 36%, circa 11,1 milioni, nel 2021 il 31%, circa 9,3 milioni.
Quest’anno gli ascoltatori sono un pubblico molto interessante, soprattutto sono persone giovani e comunque istruite, che di solito non usano i media tradizionali (televisione, giornali). In percentuale: 39% giovani, 29% laureati, 11% studenti, 13% svolgono “professioni elevate”.
Il profilo degli ascoltatori di podcast
Anche il profilo degli ascoltatori, scendendo nel dettaglio, è interessante (soprattutto per i pubblicitari) perché sono tendenzialmente persone responsabili, che amano comprare prodotti da aziende socialmente e ambientalmente responsabili. Tendono anche a comprare di più, soprattutto nuove tecnologie e prodotti, soprattutto di tipo premium.
Guardano meno la televisione rispetto alla maggioranza della popolazione e vanno più spesso al cinema. Usano lo smartphone (75%) per ascoltare i podcast, e lo fanno soprattutto a casa (72%). La modalità di scelta del podcast è interessante: il 59% li segue per l’argomento, il 14% non ha una regola ma il 27% li segue partendo dalla voce del narratore. In media ci passano 40 minuti al giorno (erano 37 nel 2023) e
L’opinione degli ascoltatori di podcast sta sempre più migliorando rispetto ai contenuti e la maggior parte (62%) ascolta i programmi per la loro intera durata. Quasi un italiano su due segue podcast di news, ,ma la fidelizzazione è tutta da costruire: solo una minoranza lo vive come appuntamento quotidiano (16%).
BookPodcast, libri e podcast
I podcast poi fanno bene ai libri più di TikTok: secondo Ipsos il 59% delle persone ha deciso di leggere un libro dopo averlo visto da un BookToker su Instagram o TikTok, mentre è il 66% per chi ascolta i podcast. Più di metà degli ascoltatori di podcast ricordano le pubblicità che ascoltano e spesso ne parlano con gli amici o comprano i prodotti e servizi reclamizzati.
Dal punto di vista delle aziende, quindi, questa capacità di creare comunità online, ascolto attento dei contenuti e attenzione ai marchi e alle loro pubblicità è praticamente un paradiso.
E voi quale ascoltatore siete?
Secondo Ipsos, infine, esistono quattro profili di ascoltatori: i Social First (il 35%, sono giovani, assidui, usano i social per trovarli, seguono gli speaker); la Pull Audience (il 23%, sono giovani adulti, fanno ascolto solitario ma hanno un engagement alto); gli ascoltatori Casual (sono il 22%, sono più vecchi, ascoltano casualmente senza privilegiare né podcast né conduttori, usano lo smartphone e hanno meno engagement, non sono multitasking); e infine gli Addicted (sono il 20%, hanno un mix di età, usano siti e passaparola, molto assidui, cercano le cose, hanno un forte engagement e una forte soddisfazione nei podcast).