Nella lista di interventi a sostegno (“amicus briefs”) di Apple nel caso che vede contrapposta l’azienda di Cupertino all’FBI, c’è anche David Kaye, Special Rapporteur in libertà di espressione e in diritti umani delle Nazioni Unite. Nell’elenco dei “supporter” ottenuto da BuzzFeed e pronti a presentare osservazioni alla Corte si spiega che “nell’era digitale le comunicazioni sicure sono fondamentali all’esercizio della libertà di opinione ed espressione, permettendo il mantenimento di opinioni senza interferenze e assicurando il diritto di cercare, ricevere e conferire informazioni e idee”.
Con l’incarico di special rapporteur delle Nazioni Unite, Kaye si è occupato su scala mondiale di vari aspetti relativi ai diritti dell’uomo, inclusi diritti individuali, tutela dei mezzi di comunicazione, dei diritti di comunità vulnerabili, attivisti, dissidenti politici e altri ancora, e potrebbe offrire un punto di vista particolare che tiene conto delle implicazioni a livello mondiale nel dibattito sulla cifratura dei dispositivi che contrappone la Mela all’FBI.
Nella ormai nota vicenda che vede Apple decisa a non collaborare scrivendo un firmware ad hoc che consentirebbe di sbloccare l’iPhone dell’attentatore di San Bernardino, la Casa di Cupertino ha più volte ribadito come, a suo modo di vedere, la richiesta del governo metta “a rischio la sicurezza e la privacy di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo”, costituendo un pericoloso precedente per la sicurezza e la riservatezza dei clienti (una volta a disposizione delle autorità, la versione modificata ad hoc di iOS potrebbe essere utilizzata in altri casi, o fornire ai pirati informatici funzionalità che potrebbero essere sfruttate per intromettersi in altri iPhone e iPad, dove sono memorizzate informazioni personali di vario tipo: documenti, fotografie, ecc.).
Il CEO Tim Cook ha più volte ribadito che il modo migliore di affrontare la controversia è attraverso “una commissione o un gruppo di esperti su intelligence, tecnologia e libertà civili nella quale discutere le implicazioni per la legge, la sicurezza nazionale, la privacy e le libertà individuali”. L’appiglio del governo USA, lo ricordiamo, è l’All Writs Act del 1789, norma che dovrebbe garantire all’autorità giudiziaria la collaborazione “forzata” di terzi o meglio una “ragionevole assistenza tecnica” per ottenere prove ritenute importanti.
David Kaye lo scorso anno ha preparato un rapporto per l’ONU evidenziando come chi applica eccessive restrizioni alla crittografia e all’anonimato viola i diritti fondamentali dei cittadini che questi “valori” tendono a tutelare. “Le restrizioni a crittografia e anonimato devono essere soggette a una valutazione per determinare se ammontino a un’inammissibile interferenza con il diritto di avere opinioni” scriveva Kaye evidenziando come spesso gli Stati giustificano i loro interventi agendo “di pancia”, in reazione a eventi terroristici “anche quando gli attentatori stessi non sono nemmeno accusati di aver fatto ricorso a crittografia o animato per pianificare o condurre il loro attacco”. Indebolire le funzioni crittografiche per favorire lo spionaggio delle agenzie d’intelligence si favoriscono contestualmente tutti i soggetti malevoli che possono sfruttare le vulnerabilità per compiere crimini o rubare dati sensibi, un ribaltamento di prospettiva e una visione che cambia il modo di vedere le debolezze di restrizioni imposte per legge.