Il Ceo di Apple Tim Cook ha un piano già pronto per fare qualcosa che pochissime altre persone sono in grado anche solo di immaginare: infatti, il segreto di Tim Cook non è la visione tecnologica, ma un’altra cosa, ancora più importante e rara. Solo Steve Jobs lo sapeva
Nella Silicon Valley sbagliare è considerato positivo, perché vuol dire che ci state provando, che vi prendete dei rischi. La Silicon Valley ama chi si prende dei rischi. Uno dei pochi sbagli che non si perdona, però, è quello di sottovalutare Tim Cook. Perché il ceo di Apple è una macchina da guerra.
Steve Jobs lo scelse proprio per questo motivo: non per la visione, non per la sublime competenza tecnologica, non per la delicatezza nell’agire (e Tim Cook è comunque una persona estremamente gentile ed educata oltre che genuinamente empatica). No, lo scelse perché Tim Cook è la cosa più simile a uno schiacciasassi che si sia visto nel mondo delle grandi corporation americane.
Jobs disse chiaramente che alla guida di Apple dopo di lui avrebbe voluto qualcuno che sapesse fare bene quel che serviva ad Apple per un lungo arco di tempo e Cook era l’uomo giusto al posto giusto nel momento giusto. Ha trasformato l’azienda più innovativa del pianeta nella più grande azienda più innovativa del pianeta. Capace di viaggiare come uno Shinkanzen. E non ha mai rallentato.
Tim Cook è l’uomo della “messa a terra”, l’uomo capace di trasformare una visione in una realtà concreta e tangibile. Forse non bravissimo nelle assunzioni o nella gestione della squadra (ha perso Scott Forstall e poi c’è stato il lento divorzio con Jony Ive più qualche manager di alto livello assunto e poi rapidamente allontanato) ma certamente è a suo agio quando si tratta di prendere un grande prodotto e trasformarlo in un enorme successo.
Lo ha fatto con tutto: da Apple Silicon agli AirPods (che da sole cubano quanto un intero settore economico di un paese di medie dimensioni), da TV+ agli Apple Watch. Dagli Apple Store (che hanno un giro di 40-50 milioni di dollari annuo, i flagship più grandi sopra i 100 milioni) al fitness.
Qualsiasi cosa finisca nel radar di Tim Cook, non importa quanto incompleta e incapace di farsi largo sul mercato, se è reputata degna viene presa, rimessa in bolla, sistemata, aggiornata, potenziata, ripulita, e spinta, spinta, spinta, senza mai fermarsi. Fino a che non diventa un vero, grande, enorme successo.
Apple Vision Pro, la lotta comincia adesso
Pensate ad Apple Vision Pro. Sette anni di progettazione, cinquemila brevetti, centinaia di persone. Un budget infinito. Finalmente pronti. Se però pensate che con la loro presentazione gli occhiali per la realtà aumentata di Apple siano arrivati, dal punto di vista dell’azienda vi sbagliate di grosso. Per Tim Cook, l’uomo che tutte le mattine alle 5 che Dio mette in terra va in palestra e si allena per un’ora o due, gli Apple Vision Pro sono appena cominciati. La parte bella inizia adesso.
Ora si fa fatica sul serio. È il momento della fatica, quella che esalta il ceo di Apple. Tim Cook, infatti, ha di fronte a se due o tre anni di lotta vera, come piace a lui, per trasformare un prodotto a cui manca ancora una identità in un vero successo planetario. L’ha già fatto, lo sta per rifare, di questo siamo praticamente sicuri. Magari non ci riuscirà, ma ad essere sinceri ne dubitiamo. È più probabile che ci riesca. Molto probabile.
Il metodo Tim Cook
Quel che deve fare è enorme e complicatissimo. Ma lui sa farlo. Deve trasformare completamente la filiera produttiva e acquistare componenti avanzatissimi a prezzi molto più bassi, magari internalizzando la produzione oltre che la progettazione di alcuni pezzi-chiave. Tim Cook è un mago per queste cose.
Deve poi andare avanti con le iterazioni tecnologiche sia del software che soprattutto dell’hardware: il mondo si aspettava un paio di semplici occhiali da vista magici, una cosa alla Harry Potter? Gli svilluppatori hardware dicevano che era impossibile. Dal punto di vista di Tim Cook non è questione di se ma di quando: basta iterare un numero sufficiente di volte. E lui itera, dalla mattina alla sera.
Il metodo Tim Cook si applica a tutti gli aspetti di un prodotto: il fallimento non è concesso, è la base per una ulteriore iterazione. Non c’è prodotto che, iterandolo un numero sufficiente di volte, non diventi un successo. L’azienda è diventata lentissima nella concezione di nuovi prodotti, ma una volta tirati fuori non importa quanto siano da sistemare: si itera e si itera fino a che non vengono bene.
Anche nelle funzionalità, nella forma, nella tecnologia, nel software. È andata così per i MacBook per i processori, per le AirPods, per gli Apple Watch. Una generazione dopo l’altra, sempre migliorati sia dal punto di vista estetico che tecnologico che funzionale. Tastiera piattissima che non funziona? No problem, ci vogliono tre anni ma alla fine arriva il MacBook Air perfetto con M1. E l’anno dopo, ancora meglio con M2.
La battaglia di una vita
La battaglia per portare l’Apple Vision Pro al successo è ancora più complicata delle altre, certamente. Per questo piace a Tim Cook. È un settore completamente nuovo, quello del metaverso e dello “spatial computing”, dove molti si sono cimentati e nessuno è andato molto lontano, da Meta in giù.
È il tipo di sfida a cui Apple è preparata (arrivare un attimo dopo in un settore già aperto da altri ma ancora molto immaturo per poterlo rivoluzionare) e che sa come affrontare tutto quel che c’è da fare. Il primo iPhone era tremendo, rispetto a quel che è arrivato dopo, ma oggi è il più importante smartphone del pianeta.
Il primo iPad era da dimenticare, rispetto alle iterazioni successive, ma oggi è un tablet imprescindibile. Il primo MacBook Air era inutilizzabile ma le iterazioni successive hanno cambiato il mondo dei portatili creando gli ultrabook. La prima generazione di AirPods era quasi inutilizzabile (batterie morte dopo pochissimo, chip non abbastanza potente e non adatto ai comandi Hey Siri), oggi sono un’estensione del timpano per decine di milioni di adolescenti.
Cook sa perfettamente cosa deve fare: quante nuove versioni deve far passare, quanti aggiornamenti, quanti cambiamenti di tecnologia servono per avere il prodotto che sarebbe perfetto in una storia di Harry Potter (che però nessuno percepirà più come magia ma che darà per scontato, come accade con i prodotti di oggi che solo cinque anni fa erano fantascienza).
Sa anche quanti cambiamenti di strategia servono nello sviluppo delle applicazioni: Apple Watch nei primi anni ha cambiato pelle in continuazione, da un tocco d’oro massiccio totalmente inutile fino a che non si è capito a cosa serviva veramente (salute, sport, qualche notifica) e oggi è l’orologio più venduto sul pianeta.
Vincere a suon di iterazioni. È la sua battaglia, la guerra perfetta per Tim Cook, che è perfettamente attrezzato per farcela. Adesso deve solo trovare la quadra del prodotto e convincere il pianeta che, al di là del costo e delle performance, quello di cui abbiamo tutti bisogno è un visore per la realtà virtuale che ci allontana da chi ci sta vicino, che non è usabile da persone che non abbiano una buona vista e un buon coordinamento delle mani, che è potenzialmente un’arma di tracciamento e spionaggio inimmaginabile fino a poco tempo fa.
Che è usabile da una sola persona e che gli altri non possono controllare cosa viene fatto realmente (un problema per qualsiasi genitore lo voglia regalare ai figli preadolescenti, ad esempio). Deve convincere il mondo che qualcosa di cui nessuno sentiva il bisogno è lo strumento del futuro del quale nessuno potrà fare a meno. Una montagna di iterazioni, il paradiso di Tim Cook.
Soprattutto, Tim Cook ha chiarissimo che deve convincere chi prende l’aereo e il treno, l’autobus o il cappuccino al bar, che indossare in pubblico un Apple Vision Pro è la cosa più normale del mondo. Finora, con tutti gli altri prodotti, c’è riuscito e siamo sicuri che non solo sa come si fa, ma che ha anche un piano perfettamente delineato per farlo. Ancora una volta. Una iterazione dopo l’altra. Per questo non dovete mai sottovalutare Tim Cook: alla fine vince sempre lui.
Tutte le novità presentate da Apple alla conferenza WWDC23, da iOS 17 al visore Vision Pro, sono riassunte in questo articolo di macitynet.