Difficile capire Apple Vision Pro senza una prova. Sto scrivendo queste righe sul mio editor di testo di tutti i giorni, iA Writer. Usando la tastiera del mio MacBook Air M1. Niente di nuovo, per chi passa le sue giornate a leggere e soprattutto a scrivere al computer.
Forse l’unica differenza è che ho messo il tema scuro per evitare i problemi di eccesso di luminosità. Perché sono seduto, anzi meglio dire: galleggio sospeso a pochi centimetri dal suolo, assolutamente incorporeo, accanto alla enorme roccia granitica che il fotografo americano Ansel Adams ha immortalato infinite volte nel parco di Yosemite: Half Dome.
Sto usando la duplicazione schermo di MacBook Air con il nuovo Vision Pro. Uno dei primissimi arrivati in Italia. Sono immerso in un ambiente irreale ma estremamente realistico, seduto davanti allo schermo del mio computer e contemporaneamente davanti a uno schermo 4K apparentemente da più di 100 pollici che galleggia nell’ambiente virtuale del parco Yosemite.
È già un’ora che sto provando tutte le varie funzioni di Vision Pro e finalmente ne ho una esperienza diretta. Grazie alla cortesia di Jakidale che mi ha permesso di provarlo appena rientrato da New York dove l’ha comprato, posso dire cosa ne penso, qual è la mia prima impressione.
Un affare personale
La prima nota è che non c’entra niente con il Quest 3 di Meta. Certo, sono visori per la realtà virtuale, ma è anche una categoria completamente diversa. Tennis e Ping Pong. Niente da dire, il Ping Pong (anzi, Tennis-tavolo) è sicuramente uno sport che ha una sua dignità, ma non è il Tennis. Sono due cose diverse, anche se usano entrambi racchette e palline.
La seconda: è veramente straordinario. Sto facendo cose che sono assolutamente perfettibili (sia per il pass-through che per alcune durezze di interfaccia che per il peso del dispositivo) ma che sono anche incredibili. È un’esperienza in un certo senso trascendente, completamente diversa da quel che abbiamo visto finora.
Attenzione, non mi interessa il suo prezzo (detto semplicemente: a più di quattromila euro non me lo potrei permettere) o il suo “significato sociale”, cioè avere sulla faccia degli enormi occhiali da sci con tanto di filo e batteria a rimorchio. No, non è questo.
Tuttavia, cerchiamo di capirci: Apple ha veramente sdoganato i visori. E adesso ci guadagnerà sicuramente Meta, che venderà una montagna di Quest 3 a 500 euro a un mondo affamato di ambienti virtuali. Ma il posizionamento nell’immaginario è quello di Apple. E il visore con la mela morsicata gioca in un campionato completamente diverso.
La terza: non vedo l’ora che arrivi il momento in cui, da un costo fuori scala, il Vision Pro diventerà uno strumento più leggero, più definito e più economico. Adesso è sostanzialmente come il primo Macintosh, non come il primo iPhone, che costava relativamente poco. Il Vision Pro ha oggettivamente un prezzo elevato, un posizionamento che certamente non include chi fa fatica ad arrivare a fine mese o chi semplicemente non ha soldi da sprecare.
Costa come una vacanza per una famiglia, ma lo può usare una persona sola (non c’è la multi utenza, solo il “guest mode”). Tuttavia, ha anche tutto quello che serve per far partire un mercato che prima sostanzialmente non esisteva.
Un Milione di città virtuali da visitare
Apple Vision Pro ancora non fa quello che potrebbe, ma fa già moltissimo. I suoi gesti sono decisamente lo standard di tutti i visori anche della concorrenza, da qui e per molti anni. Proprio come pinch e tap sono nati con iPhone ma sono diventati lo standard anche per gli altri telefoni e tablet.
Comunque, abbiamo già visto che è veramente un pezzo di futuro arrivato all’improvviso. Molto più dell’intelligenza artificiale o del cloud. È una cosa differente perché Apple Vision Pro comporta una relazione personale, ravvicinata, con la tecnologia. E cambia per sempre il modo con il quale immaginiamo le barriere delle interfacce. ChatGPT conversa? Alexa parla?
Beh, Apple Vision Pro è come Marco Polo: i suoi racconti sono un milione di mondi bellissimi da esplorare, e man mano che gli sviluppatori continueranno a far uscire nuove app non potrà che crescere il racconto.
È come il gelato
Quattro ore di demo e utilizzo del Vision Pro non sono state faticose. La batteria dura ben più di due ore (quasi tre), ma si può usare anche connessa alla presa di rete. Vincola, non è piacevole, ma vi garantisco che nel mondo virtuale di Vision Pro si dimentica in un attimo di averla.
L’interfaccia apparentemente essenziale è in realtà una esperienza estremamente naturale dopo i primi tre minuti. I gesti sono semplici, l’abitudine a guardare dove si vuole cliccare avvicinando le dita diventa assoluta in un attimo, proprio come il pinch-to-zoom fece nel lontano 2007 con il primo iPhone.
Ci sono veramente tantissimi ragionamenti che si possono fare, ma uno prevale sugli altri. Non si può giudicare questo dispositivo senza averlo provato. È come ragionare sul gelato, sulla sua produzione, sui gusti, sulle alternative, senza averlo mai assaggiato. Quando hai assaggiato il gelato, che se ne prendi troppo fa venire anche il mal di testa ma in generale è una rivoluzione per le papille di chi non lo conosceva, allora ne puoi parlare. Prima, secondo la modesta opinione di questo cronista, no.
Una questione di coerenza
È anche per questo che ci siamo finora astenuti dal commentare direttamente la validità dell’Apple Vision Pro. Abbiamo tutti, in redazione, l’abitudine di parlare di fatti concreti e di cose provate. E adesso, dopo un tempo ragionevole di attesa, alla prima occasione che abbiamo avuto per metterci le mani sopra (e soprattutto gli occhi dentro) per un lasso di tempo ragionevole. (quattro e più ore), non ce lo siamo fatti chiedere due volte e ne abbiamo approfittato.
Quello che qui vogliamo sottolineare è che leggere una relazione sul funzionamento di Apple Vision Pro è comunque sempre un’esperienza parziale. Perché se non se ne ha nessuna esperienza e avere usato un visore di Meta, un Oculus Quest 3 o precedenti, non qualifica come esperienza, a nostro avviso.
Quest è ottimo, molto più economico e offre cose molto interessanti. Vision Pro invece cambia tutto. È proprio un’altra cosa. Ci spiace che dobbiate prendere la nostra parola per oro colato, vorremmo che tutti se ne potessero fare un’esperienza in tempi brevi. Arriverà comunque quel momento e, fidatevi di noi, ci darete ragione.
L’inizio di una nuova epoca
Intanto, vale la pena sottolineare alcune cose. La prima è che Vision Pro, nonostante due mini aggiornamenti, è ancora all’alba della sua vita. L’interfaccia utente c’è tutta, il flusso per spostarsi da una funzione all’altra anche, l’usabilità è molto forte e semplice, le prime app molto promettenti anche. Ma siamo ancora all’inizio.
La qualità degli schermi oculari è incredibile ma ancora migliorabile (le videocamere esterne risentono un po’ delle condizioni di bassa luminosità, ad esempio) e si avverte la mancanza di un ingrediente ulteriore che possa tenere tutto assieme in maniera ancora più compatta ed efficace: probabilmente uno strato di intelligenza artificiale capace di mettere ancora più opzioni a disposizione degli utenti.
Dopo quattro ore confesso che molte cose le sto già dando per scontate. C’è un “me”, che le ha provate e rapidamente assimilate e forse dimenticate. E c’è un “voi”, che ancora le deve provare. E forse, con una miriade di prove video fatte da molti creator in tutto il mondo, non vale neanche la pena perdere righe e righe di testo per descrivere come funziona questa o quella funzione. Tanto, fino a che non la proverete, sarà anche un po’ inutile dirlo.
Le cose che colpiscono, le emozioni
Tre note veloci: i video 3D e soprattutto i panorami scattati con iPhone sono davvero molto belli. Le prime app 3D “pure” (a partire da Disney+ e Apple Tv+ ma anche alcuni giochi) sono davvero tanta roba. La cosa più emozionante però sono gli usi che stanno facendo i primi utenti.
C’è chi ha piazzato schermi virtuali in giro per la casa (in cucina, in soggiorno, in camera) e fa vedere come girando per ambienti diversi dell’abitazione i diversi schermi rimangano “incollati” e stabili là dove sono stati messi, creando una straordinaria esperienza di coerenza e persistenza.
Ma secondo me bastano due particolari per riassumere l’emozione del tutto. Il primo è la famosa demo con la farfalla e il dinosauro. Fa impressione la farfalla (a me non piacciono gli insetti visti da vicino) ma soprattutto il dinosauro fa paura e, quando fissa negli occhi e segue i miei movimenti, dà veramente la sensazione che possa provare a saltare e tirare un morso.
La consistenza del corpo, l’effetto “grossa lucertola” della sua pelle squamata non so quanto sia scientificamente accurata ma è certamente molto consistente. C’è una emozione, e quella emozione che ho provato è stata più che paura una certa ansia, un senso istintivo di insicurezza.
L’importanza delle emozioni
L’altro particolare è sempre basato sull’empatia e le emozioni. Questo è importante, perché ragionando per empatia si fa uso di uno strumento di indagine buono come un altro, soprattutto quando le variabili sono così tante che fare una previsione è impossibile.
Non ci sono voluti grandi effetti speciali, apparentemente: volendo ce ne sono, ma non in questo caso. Perché volendo ci sono giochi straordinari nella loro semplicità, come quelli da tavolo davanti al naso che si possono posizionare dove vogliamo o quelli immersivi che ti fanno entrare in un ambiente completamente artificiale.
Invece, quella che mi ha colpito è semplicemente la schermata di sfondo. Si può scegliere tra alcune alternative, come Yosemite, mentre altre ancora non sono pronte, e altre ancora sì: le Hawaii, un mare di sabbia bianca, un panorama montano con tanto di lago.
Tuttavia, una in particolare va menzionata: la superficie della Luna. Non ne so niente, non so che storia abbia quell’immagine. So solo che la consistenza della superficie lunare e della regolite, la luce netta e tagliente, il cielo stellato sopra e la “Terra piena” che ho visto alzando gli occhi e girando un po’ la testa, mi hanno profondamente colpito. Mi sono fermato, virtualmente seduto, a guardarmi intorno e pensando: “Ce l’ho fatta”.
A fare cosa, direte voi? Una cosa sciocca, per un vecchio bambino che ha visto passare più di cinquant’anni di tecnologia davanti ai suoi occhi, che proviene da un mondo analogico, che è nato quando l’uomo è andato sulla Luna, che ha passato decenni con tecnologie analogiche man mano sempre più digitali.
E intanto leggeva fantascienza, di viaggi spaziali, di astronavi, di avventure incredibili. E si chiedeva: “Chissà come sarebbe mettere piede sulla Luna anche solo per un attimo e guardasi attorno“. Perché poi quello che importa non è tanto il viaggio, il razzo, l’astronave e tutta la fatica e l’addestramento e i sacrifici che ci sono dietro. No, il punto centrale è quello dell’esperienza: quando arrivi di là, com’è la vista?
Pochi, pochissimi sono riusciti. Salire su un razzo per fare una missione Apollo e sbarcare sulla Luna è stato finora privilegio di pochissime persone. Anche solo andare sullo Shuttle o sulla Stazione spaziale internazionale è cosa per pochi eletti.
“Ce l’hai fatta”
Così, il sogno di un vecchio bambino è rimasto tale, un sogno: un’avventura impossibile da vivere perché troppo complessa, costosa, complicata, lontana dal tragitto che la vita ci porta a fare. Eppure, sono tanti, tantissimi i bambini che da grandi non solo sognano ma dichiarano fermamente di voler fare gli astronauti.
Gli adulti ridono, o restano indifferenti, ma nel cuore di quei bambini c’è molto più che non un capriccio o qualche parola in libertà. C’è una sola idea, in quel cuore: andare sulla Luna e guardasi attorno. Ebbene, seduto virtualmente al bordo di un cratere, guardando questa Luna straordinariamente reale, tangibile, quasi da toccare, senza alcun rumore se non quello del mio respiro, all’improvviso ho ritrovato una voce dentro di me, che non sentivo più da tanto tempo.
Una voce di bambino che mi ha detto, stupita: “Ce l’hai fatta, ce l’abbiamo fatta, siamo sulla Luna“. E per un attimo sì, ho pensato di essere sulla Luna. È questo che mi fa credere che, tra mille difficoltà tecniche e mille difficoltà commerciali che immancabilmente ci saranno (Apple è tante cose, una di queste è un’azienda che non si arrende), il Vision Pro di Apple ce l’abbia fatta. Ha superato una soglia che è capace di emozionare.
C’è voluta una montagna di lavoro, lo sforzo congiunto di migliaia di persone e delle loro intelligenze e della loro passione. E adesso quel che seguirà è sostanzialmente già scritto. Il Vision Pro c’è, funziona, è un buon progetto e un buon prodotto. Adesso vediamo cosa si inventano gli sviluppatori, la variabile incontrollabile. Ma io sono contento, perché ce l’ho fatta ho reso felice il mio bambino interiore: sono stato sulla Luna.
Apple Vision Pro, prima della prova per saperne di più
Dirigenti e marketing Apple evidenziano stupore ed emozione quando si prova per la prima volta Apple Vision Pro: per il regista e filmaker James Cameron è stata una esperienza religiosa. Per il marketing Apple è il dispositivo di intrattenimento definitivo.
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