Apple ha un problema con le grandi acquisizioni, nel senso che non ne ha mai realizzata una, ma non solo. Secondo analisti e addetti ai lavori la strategia delle piccole acquisizioni di Apple finora ha pagato ma per crescere ancora, diversificarsi e soprattutto per mettere a frutto l’immenso tesoro di liquidità in suo possesso, Cupertino dovrebbe acquistare almeno una grande società. Non è la prima volta che emergono indicazioni in questo senso, ora però Bloomberg riporta il parere di esperti in fusioni e acquisizioni che in passato hanno collaborato anche con Cupertino. Da qui si apprende che l’approccio di Apple in materia è troppo «spavaldo», con trattative «muscolari» del tipo prendere o lasciare che funzionano con start-up e piccole realtà, ma assolutamente poco efficaci o addirittura controproducenti con società più grandi o colossi che non hanno bisogno del sostegno e del denaro della Mela.
Microsoft ha comprato LinkedIn per 26 miliardi di dollari, Facebook ha comprato WhatsApp per 19 miliardi di dollari, senza contare le acquisizioni di Google (Alphabet) fino ad arrivare all’acquisto di Time Warner da parte di AT&T per l’astronomica somma di 85 miliardi di dollari. Quest’ultima operazione è particolarmente interessante perché c’erano state trattative anche con Cupertino. Ormai da ben oltre un anno il settore della produzione di contenuti TV e media è universalmente visto come un business di primo interesse per Apple, ma anche in questo caso l’acquisizione eclatante non c’è stata e Apple ha invece preferito compiere piccoli passi producendo direttamente le sue prime serie TV, vedi Karpool Karaoke e Planet Of the Apps.
L’acquisizione più grande di Apple sfigura se confrontata con le operazioni sopra riportate: nel 2014 Cupertino ha comprato Beats per 3 miliardi di dollari, la somma più alta mai pagata da Apple dopo l’acquisto di NeXT nel 1996 per 400 milioni di dollari per mettere le mani sul sistema operativo che poi è diventato Mac OS X e per riportare in azienda Steve Jobs. Per alcuni l’approccio super cauto di Apple in materia è più che giustificato e il caso di Microsoft insegna. Redmond ha comprato la divisione smartphone di Nokia per 9,5 miliardi di dollari, ma nel 2015 è stata costretta a svalutare la divisione di ben 7,6 miliardi di dollari.
Ma la maggior parte degli esperti in fusioni e acquisizioni la pensa diversamente. «C’è una spavalderia – si può chiamare arroganza» nella cultura di Apple in materia secondo Eric Risley, socio di Architect Partners che in passato ha gestito operazioni per Apple. Frase e aggettivo sono riferiti alla convinzione di Apple di saper fare bene le cose e la preferenza di farle sempre internamente. Per Risley Cupertino adotta sempre un approccio «muscolare» con offerte prendere o lasciare, che solitamente risultano vantaggiose per Apple e meno per le piccole società acquisite. Questo sembra sia successo anche con Meaio, specializzata in realtà aumentata: quest’ultima e diverse altre start-up sono lusingate per l’offerta di Apple di supportare prodotti e tecnologie con l’ulteriore obiettivo dell’integrazione in iPhone o in altri dispositivi della Mela.
Inoltre Apple evita sempre l’intermediazioni di esperti e di banche d’affari preferendo trattative dirette. Ma l’approccio muscolare e l’assenza di intermediari, che possono ridurre le frequenti possibili tensioni tra società acquisita e acquirente, giocano tutte a sfavore di Cupertino per le grandi operazioni. Tutto ciò può rappresentare un ostacolo per Apple: nonostante il tesoro stimato in 246 miliardi di dollari di liquidità per lo più detenuto all’estero, Apple potrebbe perdere importanti occasioni quando queste si presentano, concedendo un importante vantaggio ad altri, concorrenti inclusi. Impressionante l’elenco delle possibili acquisizioni di Apple degli analisti: da Netflix a Tesla, fino ad arrivare persino a Disney che oggi è valutata a 175,5 miliardi di dollari.