Apple amplia il suo attacco contro Qualcomm, sostenendo in un tribunale statunitense che l’accordo di licenza che permette al produttore di chip di ottenere una parte dei suoi ricavi per ogni iPhone prodotto, non è valido, un elemento che, qualora fosse accolto, comprometterebbe principi fondamentali nel modello di business di Qualcomm.
Lo riferisce Reuters, spiegando che Apple fa riferimento a una recente decisione della Corte Suprema statunitense che prevede maggiori restrizioni ai produttori per quanto riguarda le modalità che consentono di controllare e rivendere prodotti. Il riferimento è alla sconfitta di Lexmark nella causa con Impression per la produzione di cartucce rigenerate.
Lexmark aveva cercato di ostacolare queste attività, considerandole illegali. Il problema era legato al rispetto dei brevetti, che per forza di cose chi interviene su cartucce originali deve infrangere. I giudici hanno stabilito che questo tipo di attività non lede i diritti sui brevetti, i cui effetti non perdurano oltre il primo acquisto del prodotto. Posizione opposta a quella di Lexmark e di altri produttori, secondo i quali i brevetti si estenderebbero invece indefinitamente, impedendo future vendite dei prodotti, anche se questi sono entrati nella titolarità di altre entità giuridiche. La Corte Suprema ha invece stabilito che «Estendere i diritti di brevetto oltre la prima vendita significherebbe intasare i canali del commercio».
Apple, lo ricordiamo, ha depositato una causa presso il tribunale distrettuale del Southern District della California contestando a Qualcomm l’imposizione di costi elevati e fuori mercato per l’utilizzo di alcune tecnologie e brevetti facendo leva sulla propria posizione monopolistica. Cupertino ha chiesto un miliardo di dollari in sconti che Qualcomm avrebbe promesso, negandoli successivamente, secondo Apple come ritorsione per la collaborazione di Cupertino nelle indagini dell’antitrust della Corea del Sud.
Apple ha finora versato a Qualcomm circa 40 dollari per ogni iPhone, royalty che in pratica rappresentano un terzo delle entrate dell’azienda del produttore di chip. Tutta la controversia ruota intorno al prezzo chiesto da Qualcomm per ogni iPhone con prezzi diversi in base al “taglio” di memoria e alla presenza di particolari funzionalità.
Apple sostiene che Qualcomm ha diritto a una “ricompensa” una tantum sui chip e non a ottenere utili sulla vendita dei dispositivi. Afferma inoltre che i costi richiesti non sono competitivi e che gli sconti promessi sono stati successivamente negati, quella che sembra una ritorsione per la collaborazione di Apple con le indagini dell’antitrust in Corea del Sud, che a dicembre dello scorso anno ha inflitto a Qualcomm una multa di 853 milioni di dollari per pratiche anticoncorrenziali.