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Apple Store Milano: il cantiere è alla release 2.0

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Non vi bastano l’arditezza architettonica e le proporzioni per comprendere la rilevanza che Apple assegna al suo negozio di piazza Liberty a Milano? Non siete convinti che il fatto stesso di avere creato una pagina internet per descrivere il negozio sia un segnale che a Cupertino puntano molte carte su questo punto vendita, una vera “boutique” nella capitale mondiale del fashion e della moda? Ecco, allora, un’altra prova che dovrebbe convincere anche i geek e tutti coloro che hanno seguito fin dall’inizio la storia dell’espansione della catena di Apple Store: per la prima volta la Mela e il suo studio di progettazione (Foster & Partners, suo il più importante, architettonicamente, Apple Store del mondo: quello di Union Square a San Francisco) usano la cesata per presentare in anteprima il negozio.

Come ben noto a chi ci segue, Apple non dice mai nulla dei punti vendita in arrivo. Generalmente ammette, implicitamente, di avere un negozio in apertura solo pochi giorni prima della sua inaugurazione, quando applica una asettica Mela sulla recinzione. Nel caso di Milano, come avrebbe detto Steve Jobs, hell frezes over, l’inferno si ghiaccia, ed Apple pubblica addirittura i rendering del progetto, visibili a tutti coloro che passano: cantiere Apple, insomma, è alla release 2.0

L’idea, del tutto chiara, è quella di comunicare e chi passa di lì, siano Milanesi siano turisti (che data la posizione saranno anche molti), lo spirito della iniziativa: come è accaduto altrove, specialmente in Europa, costruendo un negozio, Apple riqualifica uno spazio e lo ridefinisce in vista di una fruizione sociale e un arricchimento urbanistico.

L’operazione ha un senso anche in un contesto dove, come non è raro accada in Italia, l’opposizione al progetto si era snodata attingendo ad un repertorio che partiva dalla classica denuncia della “tradizione violata” (lo spazio è stato a lungo occupato da una sala cinematografica) e, tra una immancabile raccolta firme e l’altra, non si faceva mancare il mantra sulla spietata multinazionale che a suon di dollari si comprava un pezzo del cuore di Milano.

Apple mostrando che cosa sta facendo in piazza Liberty, dopo essere stata promossa anche dalla sempre severa sopraintendenza, vuol invece far passare l’idea che anche in Italia come altrove un luogo commerciale non necessariamente deve limitarsi ad essere cassa di risonanza per il campanello del registratore di cassa, ma può dare ad una città, a chi la abita e la visita un nuovo profilo, cambiando il modo in cui la si frequenta e la si percepisce. Altrove gli Apple Store sono divenuti monumenti moderni, poli di attrazione per turisti; questo, è vero, accade in luoghi con meno arte e storia rispetto al nostro paese e sarebbe forse blasfemo culturalmente pensare che la gente sarà a Milano per visitare l’Apple Store di piazza Liberty, piuttosto che il Duomo che si trova a qualche centinaio di metri. Ma non è nè blasfemo nè irrazionale, dice Apple con quella cesata, che ad Apple Store aperto, Milano non avrà solo un negozio in più, ma anche una ragione in più, una ragione 2.0, come il progetto, per essere esplorata e anche vissuta.

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