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Apple, Steve Jobs e il perché della forma circolare del nuovo campus

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Il nuovo campus Apple in costruzione sembra non piacere ad alcuni architetti americani. Lo riferisce Philip Elmer-DeWitt che ha parlato con alcuni di loro nel corso di un incontro con 6.000 professionisti a Durban, Sud Africa. Steve Jobs non c’è più e non può spiegare il perché della particolare forma circolare ma Ed Catmull, che ha lavorato con Jobs per 26 anni con l’incarico di presidente di Pixar e poi anche di Walt Disney Animation, ha spiegato il perché di alcune scelte usate anche nella costruzione del campus di Cupertino in un passaggio del volume Creativity Inc nel quale si parla della costruzione del quartier generale della Pixar.

Il primo archetipo di Jobs era un design basato su sue particolari idee su come forzare l’interazione tra le persone. In uno degli incontri con il personale per discutere i piani di costruzione nel 1988, molti si lamentavano del progetto che prevedeva una sola toilette per uomini e una sola per le donne. Steve cedette, frustrato ad ogni modo da quanti non capivano quello che stava cercando di fare: unire le persone per necessità. Steve aveva inizialmente ponderato la costruzione di edifici separati per i vari film in produzione, pensando che i team avessero avuto in qualche modo dei vantaggi nel lavorare in spazi senza distrazioni. Dopo un viaggio con Catmull si rese conto che i lavoratori Disney lavoravano meglio in spazi comuni, condividendo informazioni e contribuendo con idee in fase di brainstorming. Steve credeva nel potere della commistione accidentale, sapeva che la creatività non è un’impresa solitaria e si convinse che per alcuni progetti far lavorare separatamente alcuni team è controproducente.

Apple Campus 2

Dopo il viaggio incontrò gli architetti, definendo le basi di costruzione dell’edificio unico. Tutto nell’edificio era pensato per far incontrare le persone, farle comunicare, migliorare la loro capacità di lavorare insieme. Steve, dice Catmull, si occupò di ogni dettaglio nella costruzione, dai ponti di acciaio dell’atrio centrale, sino al tipo di sedie che si trovano nelle sale di proiezione. Non voleva che le persone percepissero le barriere: le scale dovevano essere aperte e invitanti, voleva un unico ingresso affinché tutti vedessero gli altri entrare. Sale riunioni, servizi igienici, teatri, area ricreativa e altro erano tutti al centro dell’atrio.

Le persone avevano modo di incrociarsi il giorno, migliorando la comunicazione incontrandosi casualmente. “Sentivi l’energia nell’edificio”, dice Catmull, “Steve aveva pensato tutto ciò con la metalogica di un filosofo e la meticolosità di un artigiano”. Credeva nei materiali semplici, assemblati magistralmente. Voleva che tutto l’acciaio fosse esposto così com’era e non verniciato. Le porte a vetro dovevano aprirsi fino ad arrivare a filo alle pareti e molto altro: non c’è da stupirsi se furono necessari quattro anni tra progettazione e costruzione. Le persone di Pixar, che tipicamente hanno lavorato almeno quattro anni su ogni film, chiamano affettuosamente l’edificio, “il film di Steve”. Per uno sguardo ravvicinato alla sede di Pixar è possibile consultare il reportage di Macitynet realizzato nel 2009 completo di fotogallerie.

A marzo di quest’anno l’archistar Norman Foster ha svelato altri dettagli sul nuovo campus, parlando anch’egli dell’influenza di Jobs nella formulazione dell’originale struttura a cerchio appiattito, spiegando gli studi fatti e che l’edificio circolare è nato dall’idea di facilitare gli incontri tra le persone, sulla stregua delle piazze delle grandi città.

Pixar-Brain-Trust

 

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