L’ordine sull’immigrazione dal presidente Donald Trump che impedisce l’ingresso negli USA ai cittadini di sette paesi a maggioranza musulmana (Iran, Iraq, Siria, Sudan, Libia, Somalia, Yemen), non piace ad Apple e quest’ultima sta valutando la possibilità di avviare un’azione giuridica.
Il CEO di Apple Tim Cook parlando con il Wall Street Journal ha spiegato che centinaia di dipendenti della Mela sono stati colpiti dal provvedimento e di essere in contatto con “personalità di altissimo spicco alla Casa Bianca” facendo pressione affinché venga abrogato l’ordine esecutivo, elemento importante non solo per Apple ma per tutta la nazione. “Più di qualsiasi altro paese al mondo, questa nazione è forte per il nostro background di immigrati, per la nostra capacità e abilità di accogliere le persone da ogni tipo di contesto” ha detto Cook. “È ciò che ci rende speciali. Dobbiamo fermarci a pensare, riflettere profondamente su tutto questo”.
Cook non è il solo a pensarla in questo modo. Lunedì anche Jeff Bezos (CEO di Amazon) si è schiarato contro il bando agli ingressi spiegando che a sua società sta valutando varie opzioni legali per sfidare l’ordine di Trump che vieta l’ingresso negli USA alle persone provenienti da sette Paesi a maggioranza musulmana. “Non appoggiamo l’ordine esecutivo”, ha detto Bezos spiegando che l’azienda ha contattato membri del Congresso, sta valutando opzioni legislative ed ha preparato una dichiarazione di supporto al procuratore generale dello Stato di Washington che ha deciso di fare causa all’amministrazione Trump.
Cook non ha indicato quali sono le opzioni giuridiche alle quali Cupertino sta pensando limitandosi a dire: “Vogliamo essere costruttivi e proficui”. Da quando l’ordine esecutivo è stato firmato, Cook dice di avere ricevuto mail da numerosi dipendenti Apple, storie “strazianti” di come l’ordine abbia colpito amici e familiari. Un dipendente in attesa di un figlio ha spiegato che i futuri nonni hanno cittadinanza canadese e iraniana e non potranno vedere il nipote. “Sono persone che hanno amici e famiglie. Sono colleghi, sono contribuenti. Sono parti chiave della comunità” ha detto Cook.
Apple vende dispositivi in 180 diverse nazioni e territori. Cook dice che oggi più che mai lo staff deve sembrare “come il mondo”. Apple stessa esiste perché il co-fondatore dell’azienda, Steve Jobs, è figlio di un immigrato siriano, arrivato negli USA nel 1952. Nel settembre del 2015 Cook ha annunciato una “considerevole donazione” a favore per le organizzazioni umanitarie che forniscono il supporto ai rifugiati.