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Apple Silicon M1 ha completamente sconvolto il mercato di Intel-Amd

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Si chiama “snowball effect“, effetto slavina. Parte piccolo, da lontano, in alta quota. Poi prende velocità e quando arriva in fondo è una vera e propria slavina. Stiamo parlando dell’effetto che M1 sta avendo sul mercato. Paragonabile a quello dei chip Axx (ancora non erano stati battezzati “Apple Silicon”) in quello della telefonia. Attenzione, la slavina non è quella dei chip di Apple, bensì di un solo esemplare: l’M1, appunto. Vediamo perché.

Cosa sta succedendo oggi

Dopo la presentazione dello scorso 20 aprile, Apple ha calato tutte le sue carte (più o meno) per quanto riguarda M1. Il primo processore di Apple era stato ventilato la scorsa estate durante la WWDC 2020, presentato realmente a fine anno con i MacBook Air, MacBook Pro 13-2 porte e con i Mac mini base. Un colpo al mercato, a cui Apple ha fatto seguire una interpretazione che era in parte scontata e in parte sorprendente che è stata finalizzata durante l’evento Spring Loaded del 20 aprile scorso.

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In quella data infatti Apple ha presentato i nuovi iMac colorati con M1 e gli iPad Pro 11 e 12,9 sempre con M1. A questo punto, ci troviamo di fronte a una anomalia che è il vero motivo di “creative disruption”, di sconvolgimento creativo del mercato. Per la prima volta, partendo da un tablet alto di gamma e arrivando a prodotti diversi nel settore personal computer, un unico processore senza alcuna variazione se non di memoria integrata “copre” una fascia di prezzo che va da 819 euro Mac mini base a 899 euro (iPad Pro 11 base) e passa a 1.159 euro (MacBook Air base), poi a 1.479 euro (MacBook Pro 13-2 porte base) per arrivare a 1.499 euro iMac 24 base.

Questi sono i prezzi di base, tutti per lo stesso chip o quasi (c’è la variazione del modello con 7 core nella parte grafica per iPad, MacBook Air e iMac).

Una cosa del genere non era mai successa. Se poi guardiamo sino a quanto si espande la “forchetta” dei prezzi, ebbene questa può salire molto perché ogni incremento di Ram (cioè raddoppiarla) costa più di 200 euro e lo stesso ogni incremento di SSD (cioè raddoppiarlo). Il MacBook Pro 13-2 porte può arrivare a costare 2.629 euro, mentre l’iMac 24 può arrivare a costare 1.949 euro nella versione più potente attualmente visibile sullo store (8/512) ma probabilmente potrà costare altri 800-1.000 euro in più.

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La rivoluzione del Model M1

Come la Ford T, la prima automobile prodotta in catena di montaggio da Henry Ford (molto apprezzato da Steve Jobs) che fece partire il mercato automotive, era “disponibile in tutti i colori basta che sia nera”, così M1 è disponibile in tutte le versioni basta che sia la stessa, casomai con la piccola variazione da 7 a 8 core per la GPU. Memoria? 8 oppure 16 GB di Ram (condivisa per la parte grafica. E basta. Non era mai successo.

Non era mai successo che l’intera gamma di prodotti di una azienda, dal tablet allo all-in-one, fosse spalmata su un unico processore. È semplicemente inimmaginabile nel mercato Pc, che invece ha costruito la sua complessità su un milione di differenti varianti e declinazioni. Ogni anno quando Intel presenta nuove versioni dei suoi processori, lo fa con decine e decine di variazioni, pensate sulla base delle attivazioni di aree diverse del chip, del numero di nuclei e core, della portata della memoria. Un puzzle incredibile, fatto di listini estremamente articolati, e con gamme di prodotti (i3, i5, i7, i9) con consumi e frequenze diverse, dei quali ci si chiede quali effettivamente siano le diversità che giustificano punti di prezzo differenti e che dovrebbero orientare la scelta dei consumatori sulla base di presunte diversità prestazionali.

Gli OEM, cioè le aziende che comprano i processori di Intel e di Amd e poi producono i differenti personal computer fissi e portatili, hanno costruito un intero comparto economico su queste diversità. Difficilissimo valutarne la congruità, servono per spalmare migliaia di prodotti in concorrenza tra di loro: la leggera differenza tra due versioni di processori Intel i5 della stessa generazione serve a dare fiato a chi si trova a competere nella stessa fascia di mercato con lo stesso “motore”. Amd aggiunge poco al mix, e così anche i produttori di schede grafiche, perché alla fine il gioco non è più quello di fornire all’utente un sistema di scelta utile e chiaro, bensì mattoncini del lego nel quale ognuno può cercare la sua soddisfazione senza però capire mai quale essa sia veramente.

È insomma una variante dell’Hotel California cantato dagli Eagles quarant’anni fa: è veramente un posto pensato per la comodità dei clienti e degli utenti finali, oppure è un manicomio pensato per tenerli prigionieri?

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La rivoluzione è (quasi) servita

Per questo M1 ha un valore fondamentalmente “disruptive”, capace cioè di distruggere il mercato strutturato dagli altri, segnatamente Intel e Amd. Apple cioè in questo momento ha rivoluzionato il mercato, ha mostrato che si può utilizzare un unico processore per “coprire” cinque tipi di prodotti diversi, con prezzi che vanno da 800 a 1500 euro per le versioni base, con espansioni che arrivano a oltre duemila euro sempre senza alcuna variazione se non quel singolo core della GPU che “balla”.

Questo significa che una singola cpu di Apple copre una gamma di prodotti molto più ampia di qualsiasi cpu di Intel o Amd. Questo vuol dire che Apple innanzitutto ha investito molto di più nella progettazione di questo chip per il semplice fatto che, a parità di risorse, ne ha fatto uno solo e non decine di varianti. Vuol dire che lo “conosce” meglio, lo ha testato meglio e soprattutto lo produce pagandolo meno, perché gli impianti vengono configurati una volta sola e producono sempre lo stesso chip.

È un doppio chip, due quad-core fusi assieme (“mezzo” potente e “mezzo” risparmioso), capace di coprire una serie di mercato che Intel se li sogna, e nonostante questo riesce a spingersi dall’iPad Pro su su sino all’iMac 24 e al Mac mini che vengono considerati desktop e spinti tantissimo. Un solo chip estremamente efficiente, per donarli tutti, perché dotato di caratteristiche capaci di coprire in effetti un sacco di differenti bisogni (potenza, bassi consumi, flessibilità, grafica, AI) che richiedono tanti prodotti diversi nel mercato Intel-Amd.

E qui c’è il problema dei produttori di Pc, che invece scelgono tra processori fatti per differenziare, non per coprire fasce diverse di mercato. Famiglie con tantissime referenze (SKU) che servono a dare indicazioni diverse e che hanno fasce di prezzo completamente segmentate e diversificate. Attenzione, un tempo c’erano motivi anche ingegneristici per fare questo, perché a chip diversi corrispondevano prestazioni radicalmente diverse frutto di anni di ricerche diverse. Oggi invece la legge di Moore si è fermata e i chip sono sostanzialmente variazioni minimali di un solo tema o due, con più o meno potenza elettrica che permette di farli girare in modi diversi, gradi di purezza delle lavorazioni che permettono di giocare con core più o meno “ricchi”.

L’idea di Apple è che M1 sia il processore giusto per un computer da 800 euro, da 1200 euro, da 1600 euro. Sempre lo stesso processore. Che in ciascuno di questi tre “gradini” e tipologie di computer (tablet, portatile ultraleggero, minidesktop, portatile strutturato, dekstop all in one) ha prestazioni assolutamente qualificate e adeguate, se non eccezionali.

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Solo il futuro ci dirà cosa succederà

Tutto questo per dire che M1, non Apple Silicon, è una rivoluzione. È un singolo *jack of all trades*, un processore buono per tantissimi usi diversi. Ma non per tutti. Infatti, Apple non lo mette nei prodotti di fascia medio alta. Qui serve altra roba. Cosa?

Il ragionamento si fa complesso. Ci sono due strade davanti, e le capiremo solo quando Apple farà la prossima mossa. Intanto, siamo a metà di una transizione che dura due anni. Per adesso Apple è perfettamente in orario. In futuro presenterà il secondo chip della serie Apple Silicon. Sarà un M1x oppure un M2. Cosa cambierà?

Se fosse un M1x indicherebbe che l’azienda ha rilasciato una versione potenziata dello stesso design attuale. Questo si può fare come naturale evoluzione dello stesso chip nel corso di un periodo di tempo inferiore a quello necessario a progettarne e preparare gli impianti per produrne uno totalmente nuovo. Per i telefoni e gli iPad Apple ha fatto così, sinora. La differenza di potenza è rilevante ma non enorme. Il senso è che ogni anno Apple avrebbe pronto un chip solo, in due varianti significativamente diverse (“normale” e “pro”, per dire) così come ogni anno più o meno Apple presenta un chip A00 per l’iPhone è un chip A00x per l’iPad (più potente).

Se fosse un M2 indicherebbe che l’azienda ha rilasciato la seconda generazione di chip e che ci ha messo un anno a farlo. In pratica, questo significherebbe che i processori “base” di quest’anno (gli M1) staranno sotto un processore top (M2) quest’anno, e che l’anno prossimo gli M2 diventeranno i processori dei prodotti base e i top saranno gli M3 e così via. Questa è una strategia che Apple segue soprattutto nel settore dei telefoni cellulari, che vengono venduti per 3-4 anni.

Esiste una terza versione, un mix delle due, che prevede che Apple faccia una versione M1x o M2 più avanti e che l’aggiornamento avvenga ogni 2-3 anni e non ogni 12-18 mesi. In questo caso vorrebbe dire che Apple ha la capacità di gestire poche generazioni allo stesso momenti di processori (uno-due per gli iPhone e gli iPad di base, e una-due per gli iPad Pro e i Mac). Se, insomma, gli M1 hanno definito cosa è capace di fare Apple Silicon, i prossimi processori definiranno come Apple è capace di farlo.

Cosa aspettarsi dalla WWDC 2021 di Apple

Tutto il mercato è alla finestra per capirlo, dato che la prossima mossa commerciale di Apple, a partire dalla WWDC del 7 giugno e poi dalle presentazioni del prossimo autunno, faranno capire quale sarà la velocità che Apple è capace di sostenere con questa innovazione che adesso ha sconvolto il mercato ma che domani potrebbe “sedersi” oppure spiccare definitivamente il volo.

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