Apple si schiera contro il piano di Scott Pruitt, il controverso capo dell’agenzia per la protezione ambientale (Epa) che mira a una retromarcia sulla riduzione delle emissioni inquinanti, cancellando un altro tassello dell’eredità Obama.
Le regole fissate nel 2012 – note come standard Corporate Average Fuel Economy (Cafe) – miravano a ridurre le sostanze inquinanti rilasciate nell’aria. Reuters riferisce che a detta di Apple il piano per tagliare le emissioni potrebbe interferire con la posizione del paese nel contesto della corsa agli investimenti in energia pulita, in particolare nei confronti della Cina.
“L’abrogazione del Clean Power Plan porterà Apple e nostri grandi partner di fabbricazione a incrementare con incertezza gli investimenti” ha spiegato la Casa di Cupertino in un documento presentato all’Agenzia.
Apple, come noto, da tempo alimenta il 100% dei suoi data center e il 96% delle sue strutture nel mondo grazie a fonti di energia rinnovabile (solare, idroelettrica ed eolica). La deroga del piano rappresenterebbe una minaccia allo sviluppo e agli investimenti già effettuati su fonti energetiche rinnovabili.
Lisa Jackson, Vice President Environmental Initiatives di Apple, è stata dal 2009 al 2013 (amministrazione Obama) a capo dell’EPA dove da ha mostrato il suo impegno sul fronte della tutela dell’ambiente, scelte che non sono sfuggite ad Apple che per questo l’ha assunta nel maggio del 2013.
La presa di posizione di Apple al piano di Pruitt arriva in concomitanza a una lettera scritta da 64 deputati democratici che hanno chiesto a Donald Trump di togliere l’incarico a lui affidato dopo numerose critiche per soldi usati dai contribuenti per viaggi personali. Amico dei petrolieri, Pruitt è stato finora sempre difeso da Trump, quest’ultimo convinto della bontà del lavoro del capo dell’EPA.
Trump sostiene che le regole volute dell’amministrazione Obama superano i limiti delle leggi federali e impongono standard che le centrali elettriche non sono in grado di rispettare. Il piano di Obama prevedeva il taglio del 32% delle emissioni, rispetto ai livelli del 2005, entro il 2030, ed era già stato sospeso lo scorso anno dalla Corte Suprema, per l’opposizione di repubblicani e aziende.