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Apple, sciopero della fame di attivisti cinesi alla sede di Cupertino

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Lunedì 5 dicembre alcuni attivisti cinesi hanno cominciato uno sciopero della fame davanti al quartier generale di Apple a Cupertino chiedendo all’azienda «Di migliorare le condizioni dei lavoratori nella fabbrica Foxconn, di smettere di censurare l’App Store cinese, di ripristinare la funzione AirDrop sugli iPhone in Cina», oltre che di «Condannare l’incarcerazione di massa degli uiguri».

I rapporti tra Apple e il governo cinese diventano più problematici: la multinazionale di Cupertino vanta trimestri straordinari nel Paese del Dragone ma ci sono dissidenti che si trovano fuori dalla Cina ai quali non piace il rapporto della società con il governo del Dragone e, benché la Mela abbia riferito ad alcuni fornitori che sta provando a ridimensionare la dipendenza dai cinesi, questo passaggio non sarà facile e indolore.

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Diversi i motivi che hanno portato a questo sciopero della fame al quartier generale Apple, inclusi i recenti cambiamenti alla funzione di condivisione AirDrop. Nella seconda beta di iOS 16.2 l’opzione che consente di accettare i contenuti da “Tutti” è limitata in Cina: dopo 10 minuti di attivazione, AirDrop passa automaticamente a “Solo contatti”.

Apple si è giustificata dicendo che la limitazione imposta in Cina arriverà anche per gli altri utenti in tutto il mondo per evitare che le persone ricevano documenti e foto indesiderate da sconosciuti (problemi di questo tipo sono effettivamente accaduti più volte).

La multinazionale di Cupertino non ha però spiegato perché la funzione in questione è arrivata in Cina prima di altre nazioni e per molte persone non è altro che una sottomissione a una richiesta del Partito Comunista. La teoria non è strampalata: AirDrop è uno strumento sfruttato da dissidenti per inviare a sconosciuti documenti e foto per contestare il comportamento del governo. È stato utilizzato in particolare durante le proteste di Hong Kong del 2019 per diffondere massicciamente volantini anti-governativo e pro democrazia.

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Per quanto riguarda altre proteste, negli scorsi giorni erano scoppiate delle rivolte nello stabilimento Foxconn di Zhengzhou, quello che molti chiamano anche iPhone City, rapidamente risolte con le scuse della società. Le motivazioni riguardavano le politiche molto dure del governo cinese di fronte al COVID-19 (con operai costretti, in caso di positività a rimanere in fabbrica), ma anche controversie sui salari.

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