Dopo la pubblicazione delle due inchieste del Washington Post e del Guardian che hanno svelato l’esistenza del progetto PRISM, alcune società hanno rivelato i numeri delle richieste di accesso ai dati ricevute dalle autorità degli Stati Uniti. Sul sito USA di Apple è apparso un comunicato nel quale si ribadisce l’impegno della società della Mela per la privacy degli utenti. Apple aveva prontamente smentito l’esistenza di simili programmi e un portavoce della società aveva dichiarato: “Non abbiamo mai sentito nominare PRISM. Non forniamo alle agenzie governative l’accesso diretto ai dati e qualunque richiesta da parte loro può essere ottenuta unicamente mediante un ordine dal tribunale”.
“Due settimane addietro” si legge nell’avviso, “aziende tecnologiche sono state indiscriminatamente accusate di condividere dati con le agenzie governative; Apple ha diffuso una chiara risposta: non forniamo alle agenzie governative l’accesso diretto ai nostri server e l’accesso ai dati può essere ottenuto solo con un ordine del tribunale”. “Come molte altre società”, si legge ancora nel comunicato, “abbiamo chiesto al governo degli Stati Uniti il permesso di poter riferire il numero di richieste ricevute riguardo problematiche di sicurezza nazionale e in che modo le gestiamo. Siamo stati autorizzati a condividere alcuni dati indicandoli nell’interesse della trasparenza”.
Dall’1 dicembre 2012 al 31 marzo 2013, Apple ha ricevuto dalle forze dell’ordine statunitensi tra le 4.000 e le 5.000 richieste per l’accesso ai dati di alcuni clienti. Tra i 9.000 e i 10.000 account o dispositivi erano indicati in richieste arrivate da autorità federali, statali e locali relative sia a indagini penali, sia altre indagini in materia di sicurezza nazionale. La tipologia di richiesta più comune varia dalla polizia che indaga su rapine e altri reati o è alla ricerca di bambini scomparsi, dalla richiesta di localizzazione per individuare un paziente con l’Alzheimer, alla speranza di impedire un suicidio.
“Indipendentemente dalle circostanze” continua Apple, “il nostro team legale valuta ogni richiesta e, solo se necessario, individuiamo e forniamo il minor numero possibile di informazioni alle autorità”. “Di fatto, quando individuiamo inconsistenze o inesattezze nelle richieste, rifiutiamo di procedere”.
“Apple ha sempre dato priorità alla tutela dei dati personali dei clienti e non raccogliamo o gestiamo montagne di dati personali sui nostri clienti. Ci sono alcune categorie d’informazioni che non forniamo alle forze dell’ordine o ad altri, poiché abbiamo scelto di non conservarle”. “Le conversazioni su iMessage e FaceTime, ad esempio sono protette da cifratura end-to-end e nessuno, tranne il trasmittente e il ricevente, possono visualizzarle o leggerle. Apple non è in grado di decifrare i dati. Similarmente, non memorizziamo dati concernenti la localizzazione dell’utente, alle ricerche sulle Mappe alle richieste che permetterebbero di essere identificati con Siri”.
“Continueremo a lavorare duramente” prosegue il testo, “per individuare il giusto equilibrio tra le nostre responsabilità legali e la protezione della privacy dei nostri clienti, così come questi ultimi si aspettano e meritano”.