Apple ha perduto un genio creativo e visionario e il mondo ha perduto uno straordinario essere umano.
Quelli di noi che sono stati fortunati abbastanza da conoscere e lavorare con Steve hanno perso un caro amico ed un mentore ispiratore. Steve lascia dietro di se una azienda che solo poteva avere costruito e il suo spirito sarà sempre il fondamento di Apple.
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Così Apple saluta Steve Jobs.
Doveva succedere, è successo. Dopo l’annuncio della malattia, nell’estate del 2004, e un successivo altalenarsi di momenti migliori e momenti peggiori (dopo il tumore, il trapianto di fegato, le cure, i periodi di congedo per malattia e infine le dimissioni a fine agosto dal vertice di Apple) Steve Jobs se n’è andato. Si è spenta per sempre la luce di un geniale imprenditore, artista e creatore di mondi futuri. Ha lasciato Apple nelle mani di Tim Cook, probabilmente in un rapido aggraversi delle condizioni di salute che i vertici di Apple conoscevano. E non c’è da dubitare che forse la vera emozione che a tratti rendeva titubante Cook e i suoi sul palco del piccolo teatro nel campus di Cupertino era la consapevolezza delle ultime ore di Jobs.
Ad annunciarlo è stato il sito web di Apple, che ha pubblicato a tutto schermo una immagine di Steve Jobs con due date: 1955-2011 e poi una pagina speciale, per ricordare il suo fondatore e spirito guida. La vita terrena del fondatore di Apple è durata dunque 56 anni, ma densi di eventi da riempire la vita di molti. A partire dalla fondazione di Apple assieme all’amico Steve Wozniak e al collega Ronald Wayne nella metà degli anni Settanta. L’azienda viene formalmente costituita il primo di aprile del 1976, ha un unico prodotto (il kit di montaggio dell’Apple I) e vive grazie alla indiscutibile capacità tecnica di Wozniak e alla visione di Steve Jobs: il personal computer sarà la rivoluzione. Apple, grazie a Jobs e a tutti quelli che iniziano a lavorare nell’azienda, è la protagonista della nascita di questo nuovo mercato, prima con l’Apple II e poi, nel 1984, con il Macintosh.
Steve Jobs viene cacciato da Apple perché troppo giovane e irruento, a trent’anni si sente fallito, forse immagina anche di togliersi la vita (appare da alcune note e discorsi fatti in passato e che probabilmente verranno ripresi nella biografia in corso di pubblicazione) e i suoi primi tre decenni sarebbero già più di quanto la quasi totalità di noi possa mai sognare. Ma non si arrende: porta avanti un’altra duplice attività, prima con NeXT e poi con Pixar. La prima è una società informatica che cerca di sviluppare per un decennio un computer e poi un nuovo, rivoluzionario sistema operativo, la seconda si occupa di computer grafica e di cartoni animati digitali. Diventerà una delle più grandi rivoluzioni del cinema mondiale, finirà acquistata da Disney per più di 6 miliardi di dollari, rendendo Steve Jobs il singolo più importante azionista del colosso dell’intrattenimento, più ancora degli eredi di Walt Disney stesso.
NeXT è la chiave per tornare al vertice di Apple nel 1997, l’azienda in crisi profonda e prossima alla chiusura. Ma Jobs mette assieme una squadra di talenti (tra questi Phil Schiller, Tim Cook e il giovane Scott Forstall, due giorni fa sul palco per presentare il nuovo iPhone 4S) e ribalda le sorti di una battaglia che tutti davano per persa. Nel 1998 esce l’iMac, il rivoluzionario computer che riprende l’eredità del primo Macintosh. E poi seguono la creazione dell’Apple Store online, poi della catena di negozio Apple Retail Store, quindi la semplificazione della linea di prodotti, la creazione degli iBook (diventeranno poi i MacBook) e del Powerbook Titanium, uno dei computer portatili più innovativi di sempre, del primo iPod (2001), di iTunes (2003) e poi a seguire di una serie di innovazioni che culminano nel 2007 con l’arrivo di iPhone, App Store e poi iPad.
È un crescendo che non ha pari nella storia del business: Apple cambia la faccia del costume oltre che della tecnologia, introduce cose mai neanche immaginate, porta il simbolo della mela morsicata ad essere sinonimo di buona innovazione, umana, elegante, comprensibile, utilizzabile.
La malattia di Steve Jobs, la sua lenta agonia, il suo addio che procede per tappe, con i periodi di riposo forzato, le operazioni, il trapianto e chissà quante altre cose. E chissà da quanto questa strada era già imboccata in maniera esplicita, inequivocabile. Chissà se davvero quell’abbraccio timido, bellissimo, tra Steve e Laurene, compagna da venti anni, alla fine della conferenza per gli sviluppatori di questa estate conteneva il seme di una morte che era forse oramai esplicita, il congedo da una vita vissuta come davvero pochissimi nel nostro tempo hanno saputo fare.
Questo cronista ha speso gli ultimi dieci anni della sua vita professionale a seguire con passione le vicende di Apple, scrivendone la cronaca in centinaia di articoli e in un libro. Come tutti, negli ultimi anni la consapevolezza che il tempo di Steve Jobs stesse per terminare è diventata sempre più forte e chiara. Tante volte il pensiero di quando le mani avrebbero dovuto correre sulla tastiera per scrivere questo temuto articolo ha attraversato la mente.
Adesso quel momento è giunto, quell’articolo è stato scritto, quella vita che non è più è stata ricordata. Nel pensiero di questo cronista la vita di ogni uomo è un miracolo, importantissima, non importa quanto grande o quanto famoso o quanto importante quest’uomo possa essere stato in vita. Ma una frase, un passaggio rende quest’uomo speciale, al di là di tutti gli altri meriti: pronunciata davanti agli studenti di Stanford in un famoso discorso per le lauree di quell’anno, vale la pena di essere ricordata adesso.
“Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei veramente fare quello che sto per fare oggi? E ogni volta che la risposta è stata “No” per troppi giorni di seguito sapevo di aver bisogno di cambiare qualcosa. Ricordare che morirò presto è stato lo strumento più importante che mi ha consentito di fare le scelte più grandi della mia vita. Perchè praticamente tutto – tutte le aspettative, l’orgoglio, le paure di fallire – tutte queste cose semplicemente svaniscono di fronte alla morte, lasciandoci con quello che è veramente importante. Ricordarsi che moriremo è il modo migliore che conosco per evitare le trappola di pensare di avere qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c’è nessun motivo per non seguire il vostro cuore”.
Addio Steve Jobs.