Steve Jobs, lo sappiamo, non voleva neanche l’ombra di un cavo o di una porta di connessione oppure di un pulsante. iPad pro gli sarebbe piaciuto, ma avrebbe detto che poteva essere migliorato, così come pensava del primo e del secondo iPad (prodotti che lanciò lui stesso prima della morte, nel 2011). Meglio ancora, a Steve Jobs sarebbe piaciuto un monolite nero senza niente tranne che contenuti, che si ricaricasse per induzione wireless. Un oggetto freddo, elegante, niente porte, niente cavi, niente pulsanti.
Chi scrive segue Apple da un paio di decenni ed è abituato a tutte le idiosincrasie, manie, ossessioni e contraddizioni dell’azienda. Però, andando qualche giorno in vacanza con i device da viaggio, una riflessione s’impone.
Per pochi giorni con lo zaino sulla schiena la dotazione tecnologica dev’essere ridotta al minimo: MacBook 12 d’annata, che è tutt’ora il Mac più leggero prodotto da Apple, iPad mini per avere una tavoletta utile in tutte le circostanze incluso il centro multimediale e il tethering con la seconda SIM, e ovviamente iPhone. Più gli AirPods. Per essere leggeri, un unico caricabatterie (tra un attimo lo vediamo) e quattro cavetti per i quattro device. Ahimé di due tipi diversi, Lightning e USB-C.
Un caricabatteria è meglio di tre
Solitamente chi scrive sconsiglia di comprare a casaccio caricabatterie di terze parti perché possono essere inadatti, di scarsa qualità, persino pericolosi. Ci sono però molti caricabatterie di qualità, come quelli di cui parliamo spesso su queste pagine. Ne aggiungiamo un altro alla lista: l’ottimo Mopoint da 100 W al GaN (che lo rende particolarmente compatto). Il caricabatterie, come altri “seri” sul mercato, eroga complessivamente 100 Watt, più che sufficienti per alimentare un MacBook Pro 16 oppure per alimentare fino a quattro apparecchi assieme: tre con porta USB-C e uno con USB A.
Peccato però che servano due tipi di cavetti differenti, perché come sappiamo Apple utilizza la porta proprietaria Lightning sia per gli iPhone (tutti i modelli) che per molti accessori (AirPod normali, Pro e Max) e alcuni iPad (ad esempio, il mini di quinta generazione di chi scrive). Invece, MacBook richiede, come la maggior parte degli altri accessori (il Game & Watch o Switch di Nintendo per passare i tempi morti in attesa della prossima corriera, ad esempio) che stanno migrando rapidamente da micro-USB a USB-C.
Il sogno di un solo cavo per domarli tutti
Sappiamo che Apple da anni viene sia rimproverata sia dagli ambientalisti che dall’Unione europea per la scelta di tenere in vita un formato che non sia “aperto” come USB-C, perché moltiplica il bisogno di caricabatterie diversi. In realtà, essendo i caricabatterie moderni dotati di porta USB-C dal lato dell’alimentazione, basta avere il cavetto giusto per convertire qualsiasi caricabatterie Android, ad esempio, o di terze parti come in questo caso. E infatti Apple non mette più neanche il caricabatterie nelle scatole dei nuovi iPhone 12. Qualcosa in casa ce l’abbiamo di sicuro.
Il problema, come sa chi viaggia o riprende a viaggiare adesso, è che avere due o più caricabatterie è necessario, perché gli accessori e i device si sono moltiplicati. Nel caso di chi scrive, pur avendo lasciato a casa Kindle e Kobo, ci sono tre device, più AirPods. Risultato? Bisogna fare le capriole per tirare fuori il cavetto giusto e agganciarlo all’apparecchio corretto.
Apple ha sempre detto che per i suoi apparecchi post-Pc non serve una USB-C. In realtà introdurrebbe problemi nella certificazione per la resistenza ad acqua e polvere (perché gli imbocchi degli spinotti non sono sempre delle misure regolamentari e un minimo di tolleranza vuol dire aprire un varco ai liquidi) e della corretta tensione e velocità trasferimento dati. I cavetti USB-C come sappiamo non nascono tutti uguali e hanno chip diversi per fare cose diverse e portare anche voltaggi (e protezioni) diverse. Un cavetto troppo “economico” potrebbe avere conseguenze deleterie sulla durata della batteria ma anche sulla sicurezza del device: la porta di ricarica degli iPhone è anche una porta dati e bisogna che ci sia un meccanismo di autenticazione per evitare un “attacco hardware”.
Inoltre, non dimentichiamoci che, quando Apple ha ceduto e dopo dieci anni è passata a furor di popolo dal cavetto con porta a 30 pin (usato dalla seconda generazione di iPod e dai primi iPhone e iPad 1-2) alla porta Lightning, la porta USB-C non era ancora stata finalizzata e sarebbero dovuti passare vari anni prima che arrivassero sul mercato degli apparecchi. Apple ha aspettato, forse, ma di sicuro non poteva aspettare di più.
Una modesta proposta: invertiamo il problema
Sappiamo anche che i cavetti Lightning hanno una serie di limitazioni: sono bus dati con una porta a otto poli perfettamente reversibile che ha un profilo più sottile di USB-C (nonostante come detto siano nate prima), trasportano solo una parte della corrente elettrica possibile con USB-C e hanno una velocità per i dati inferiore. Non sarebbero adatti per “mostri” come MacBook Pro 16. E infatti Apple le ha messe sui suoi iPad Pro dove adesso la velocità di trasferimento dati per l’accesso ad accessori esterni (anche alle memorie di massa) è diventato un requisito non più evitabile.
Però, se Apple vuole davvero continuare a usare questo tipo di porta che è stata introdotta nel 2012 con iPhone 5 e che viene certificata con lo standard MFi, deve fare qualcosa. Lo standard MFi (Made For iPhone) poi consiste nel fatto che le terze parti mettono un chip di Apple nel cavetto per essere sicuri che sia compatibile e non faccia danni o crei problemi di sicurezza. Apple non cancellerà a breve la porta Lightning, che non dimentichiamoci viene utilizzata da centinaia di milioni di suoi accessori (come AirPods, ad esempio).
La proposta di chi scrive è un’altra: perché Apple non mette una compatibilità fisica alla porta Lightning anche nei Mac? Cioè, perché visto che USB-C è un po’ più grande Apple non fa in modo che possa essere inserita anche una Lightning? O addirittura ne aggiunge una solo Lightning?
La Lightning non è poi così male
Il connettore USB-C è capace di fare moltissimo, ma anche Lightning non è così male. Ad esempio: il massimo che può fare la porta di Apple è portare corrente a 3A con voltaggio a 20V (cioè 60 Watt in totale), ovverosia quanto basta per alimentare un iPad 12,9 o un MacBook Air o Pro 13 o un iPad Pro 12,9 con processore M1 senza problemi. Supporta anche la Power Delivery e il fast Charging.
Il protocollo usato da Lightning per il trasferimento dati poggia su USB 2.0 e arriva a 480 Mbps, questo è un dato che limita (se pensiamo ai 5 Gbps di Thunderbolt 3) ma non è drammatico. Permette dopotutto di collegare i telefoni e i tablet di Apple ad adattatori per schede SD, per connessioni VGA e HDMI, e alle porte USB-A. Ci sono moltissimi contesti nel quale una Lightning può funzionare, insomma.
In conclusione
La scelta di Apple di utilizzare la presa Lightning è dettata da molti motivi diversi, tecnici e strategici. Uno di questi è che c’è un ecosistema di accessori e di apparecchi enorme. Ha ragione Tim Cook quando fa dire ai suoi che cambiare standard porterebbe a spese ingiuste per gli utenti che già hanno apparecchi compatibili con Lightning. E che così facendo si creerebbe anche un enorme quantitativo di rifiuti elettronici: moltissimi tra vecchi caricabatterie e cavetti e accessori finirebbero nella spazzatura.
Quindi la dualità tra cavetti Lightning e USB-C per Apple ha un suo senso. Però è scomoda e si potrebbe anche fare qualcosa di più. E aggiungere una compatibilità con i prodotti Apple che non richiedono troppa energia (iPad Pro, MacBook Air e Pro 13) per poter utilizzare anche il connettore Lightning all’interno della porta USB-C. E permettere a chi viaggia di portarsi un solo tipo di cavetti per domarli tutti. Oppure, passare una volta per tutte a USB-C, perché no?