Apple e Microsoft, IBM e Ford, Pfizer, Dupont, General Electric, tutti insieme appassionatamente. La strana compagnia che va sotto il nome di Partnership for American Innovation costituita da società che poco o nulla hanno a che fare una con l’altra, se non in qualche caso dichiaratamente nemiche (come Apple e Microsoft), si è messa a braccetto per un interesse molto… materiale: far pressione sulle istituzioni governative per combattere i patent-troll
La lotta contro chi basa la propria attività economica esclusivamente sulla registrazione generalizzata e indiscriminata del maggior numero possibile di brevetti, senza usarli in nessun modo e richiedendo poi il pagamento delle relative royalties a chiunque prova poi a usare quelle tecnologie o quei metodi di produzione, sta diventando una priorità assoluta egli Stati Uniti. Le cause intentate dai patent troll, spesso scatole vuote che spendono denaro non in ricerca ed innovazione, ma solo nell’inventare idee che si potrebbero avverare, costano centinaia di milioni di dollari ogni anno in spese legali e risarcimenti. Apple tra tutte le partecipanti al gruppo è tra le realtà più colpite. Come ha evidenziato a febbraio di quest’anno il Chicago Tribune, Apple è finita nel mirino in 92 casi; 57 sono stati chiusi e per 51 ha dovuto pagare i patent troll, persino in casi nei quali il giudice si era espresso a favore della casa di Cupertino. D’altronde la strategia dei patent troll è chiara: più l’obbiettivo è ricco, più prodotti vende, più tecnologie introduce, più alte sono le probabilità di colpirlo e più alte quelle di fare soldi.
Non tutti sono concordi nel denunciare l’attuale sistema: David J. Kappos, ex direttore del Patent Office statunitense e dunque uno specialista nel campo, ha in passato difeso il meccanismo che funzionerebbe come deve Secondo Kappos gli unici aspetti da rivedere riguardano il confine tra software brevettabili e non brevettabili; i brevetti software a suo dire sono spesso “inconsistenti”, causa di liti, mancata innovazione e fanno da deterrente all’ingresso di nuovi player nel settore.
Eugene Kaspersky, da tempo attento osservatore di quanto accade nel settore dei brevetti software, ritiene che la legge in materia di brevetti software “è un po’ come… gli specchi deformanti del circo; è totalmente assurda e necessita al più presto di una riforma”. Tempo addietro scriveva: “Nonostante le buone intenzioni, il sistema si è trasformato poco a poco in uno strumento di estorsione in cui obiettivo ultimo è il contrario di quello per cui è nato (in teoria, proteggere l’innovazione). Il sistema dei brevetti si è trasformato in un ‘business tecnologico’, in un ‘animale dedito al racket’- un incrocio tra una gazza ladra e una scimmia cleptomane che afferra tutto quello che trova e lo porta dentro la propria tana.”
Le colpe sono sicuramente anche dei soggetti che si occupano della concessione dei brevetti in giro per il mondo (la maggior parte statunitensi) che hanno in passato registrato brevetti di ogni tipo, prodotti inesistenti se non impossibile ma anche idee talmente generiche da essere assurde come ad esempio: “Metodo per trasferire un segnale elettrico” (una frase che vuol dire tutto e non vuol dire niente: in dieci anni un simile brevetto può creare un sacco di problemi)”. Ci sono persino idee coperte da diritto d’autore. Non stiamo parlando di invenzioni messe in pratica, ma solo di parti dalla fantasia del suo inventore e presentate all’ufficio brevetti. La maggior parte di questi non potranno mai essere utilizzate, ma in qualche caso capita che a qualcuno venga in mente, spendendo milioni di dollari in ricerca, un buon modo per realizzarle e introdurle sul mercato, cosa che invece il patent troll non sarebbe mai stato in grado, di fare, ed ecco che scatta l’azione legale
“I moderni sistemi di brevettazione sono vulnerabili a ogni sorta di abuso” diceva ancora tempo addietro sempre Kaspersky, “tuttavia, non è difficile distinguere un vero inventore da un patent troll: basta osservare il modo in cui si approfittando della situazione. La linea di confine è sottile, ma assolutamente percettibile”.