Apple potrebbe approfittare del lancio del nuovo hardware previsto da molti osservatori per la giornata di domani per ricalibrare i costi dei suoi prodotti, adeguandoli al cambio del dollaro oggi più sfavorevole di quanto non lo fosse in passato. Ad avanzare questa ipotesi è il sempre fecondo a livello di indiscrezioni 9to5 Mac. La voce, sostiene il sito americano, rimbalza da alcuni non meglio precisati rivenditori internazionali. Secondo 9to5 Mac la riduzione di prezzo per alcuni computer potrebbe anche essere molto significativa, intorno all’equivalente di un centinaio di dollari.
L’ipotesi, suggestiva e capace di suscitare un grande interesse se non entusiasmo presso i clienti internazionali che da sempre si ritengono vessati dal calcolo storicamente sfavorevole del cambio attuato da Apple, appare suffragata da alcuni rapidi calcoli.
I Mac mini vennero lanciati a metà giugno, nel pieno della prima ondata della crisi del debito greco. In quei giorni un euro valeva 1,20 dollari, il 16% in più di oggi e i mini desktop furono annunciati a 699 e 999 euro. Percentuali alla man e tenendo sempre conto che Apple è sempre molto prudente quando si tratta di prezzi, ci sarebbe dunque spazio per una riduzione dei costi tra i 70 e i 100 euro a seconda dei modelli. Discorso non diverso per il MacBook bianco presentato a metà maggio quando l’euro era a 1,25 dollari e il portatile a 999 euro; anche qui ci sarebbe spazio per un taglio di un centinaio di euro. Insomma Apple avrebbe la possibilità di portare il Mac mini a 529 e 899 euro e il MacBook a 899 euro, ovviamente senza mettere nel conto tasse, eventuali costi di implementazioni di nuove tecnologie (come Thunderbolt) o processori più costosi di quelli attuali.
Se Apple deciderà di ridurre il costo dei MacBook Air, almeno in Europa questo non sarà invece da attribuire al ribasso del valore del dollaro; lo scorso 20 ottobre, data di lancio degli ultrasottili l’euro valeva circa 1,39 dollari, oggi a Wall Street è stato scambiato poco sopra gli 1,41 dollari, due centesimi in più dell’autunno passato, troppo pochi per liberare i freni di chi a Cupertino fa i conti sulla scaletta internazionale dei listini. Ma Apple ha la possibilità di lavorare su altri aspetti se davvero ha intenzione di usare la leva prezzo per far crescere le vendite. I dischi Flash, una delle componenti più costose della macchina, in particolare, oggi costano molto meno di quanto non costassero lo scorso ottobre. Apple può sfruttare anche l’economia che deriva da costi di ricerca e sviluppo ammortizzati. Insomma la Mela oggi è probabilmente nelle condizioni di tagliare i prezzi degli ultrasottili di quello stesso 10% di margine cui facevamo cenno poco sopra senza rimetterci sui profitti, anzi forse alzandoli anche un po’.
Il taglio sui prezzi per adeguarli all’aggiustamento dei cambi non sarebbe una novità assoluta. Apple in passato ha sempre tenuto d’occhio il rapporto di cambio tra dollaro e altre valute. Ricordiamo che la moneta americana ha toccato punte al ribasso anche vicinissime a 1,60 nell’estate del 2008 e poi quota 1,50 nell’autunno del 2009, due periodi in cui l’hardware Apple aveva in effetti costi più favorevoli di quelli di oggi. Saremmo invece di fronte ad unna novità assoluta, mai vista prima, se, come sostiene MacStories.net il riaggiustamento dei prezzi potrebbe fosse attuato anche su App Store. Anche se in effetti i costi delle applicazioni per effetto della fluttuazione del cambio sono oggi più alti ( se non molto più alti) in alcuni paesi di quanto non lo sono negli USA, questo è accaduto anche in passato e mai Apple ha operato una simile mossa.
L’ipotesi di una modifica della tabella dei prezzi per il negozio delle applicazioni sarebbe suffragata anche dalla risposta fornita da Apple a Ed Husic un deputato laburista australiano; il politico aveva presentato un’interrogazione in parlamento con la quale chiedeva ragione del cambio estremamente sfavorevole applicato da Apple ai cittadini del suo paese quando questi vogliono comprare applicazioni che costano circa il 40% in più di quanto non costino ad un americano (in Europa, tasse incluse, il costo è superiore rispetto agli USA del 13%. Cupertino aveva replicato dicendo che avrebbe avuto qualche novità a metà luglio, ovvero in questo periodo. Il fatto che i responsabili di iTunes abbiano annunciato oggi uno stop all’operatività del negozio per quanto riguarda gli adeguamenti dei prezzi aggiungendo anche il fatto che i negozi di Regno Unito, Svizzera, Norvegia, Messico, Australia e Giappone, ovvero i paesi più sfavorevolmente (o favorevolmente, nel caso del Messico) afflitti dalla variazione del cambio, non sia possibile acquistare applicazioni sembra essere un’ulteriore conferma alla tesi di MacStories.net.