Apple, Facebook, Google e Amazon sono state oggetto di un’indagine antitrust condotta dal Comitato Giudiziario della Camera che negli USA si occupa di antitrust e secondo il quale queste aziende del mondo IT “sono diventate quel tipo di monopolio che vedemmo nell’era dei baroni del petrolio e dei magnati delle ferrovie”.
La sottocommissione ha presentato un rapporto di 450 pagine (qui in PDF) evidenziando i risultati di molteplici audizioni (inclusi i colloqui con i CEO delle aziende in questione), interviste a sviluppatori e l’analisi di oltre 1,3 milioni di documenti.
Il report comprende raccomandazioni per nuove normative antitrust, concentrandosi sulla promozione della concorrenza leale nei mercati digitali, con il rafforzamento delle leggi in materia fusioni e monopolizzazioni, e nel ristabilire una vigorosa politica di sorveglianza e controllo dell’attuazione delle normative antitrust.
Il comitato chiede che il Congresso impedisca alle piattaforme dominanti di inserirsi “in linee di attività adiacenti”, incoraggiando le autorità antitrust a vedere le fusioni di piattaforme dominanti come anticoncorrenziali per definizione, impedendo a queste di proporre i loro servizi come default, e predisporre requisiti per offrire pari condizioni per prodotti e servizi uguali.
Secondo la sottocommissione, le imprese dominanti dovrebbero rendere i loro servizi compatibili con i competitor e permettere agli utenti di trasferire i dati da una piattaforma all’altra; è altresì fondamentale eliminare “precedenti problematiche” dalla giurisprudenza antitrust, così come potenziali clausole di arbitraggio e predisporre limitazioni per possibili class action.
Per quanto riguarda specificatamente Apple, la sottocommissione ha stabilito che la Casa di Cupertino ha un monopolio quando si tratta di distribuzione delle app su dispositivi iOS e che il suo controllo sul sistema operativo offre all’azienda il potere di “guardiano” nella distribuzione del software nei suoi dispositivi.
L’organo parlamentare cita interviste con vari sviluppatori che distribuiscono app sull’App Store, inclusi quelli che da tempo lamentano problemi con Apple, come ad esempio il CEO dell’app per la gestione delle mail “HEY”, con il direttore legale di Tile, ma anche controversie con aziende quali Airbnb e ClassPass che recentemente si sono scontrate con Apple per quanto riguarda le commissioni da pagare per eventi digitali in concomitanza dell’attuale emergenza sanitaria.
Attraverso interviste e l’esame di documenti, la commissione ha valutato l’onere del 30% chiesto agli sviluppatori per la distribuzione sull’App Store, il controllo di Apple sullo store stesso, la posizione dominante delle proprie app impostate come default, le classifiche di ricerca sull’App Store, il blocco di app rivali per il parental control, le linee-guida per l’App Store, la decisione di non consentire – per default – l’uso di assistenti vocali diversi da Siri e altro ancora.
La Casa di Cupertino – con una dichiarazione rilasciata alla stampa – ha fatto sapere di essere “fortemente in disaccordo” con le conclusioni indicate nel report per ciò la riguarda, sottolineando di non detenere una quota dominante di mercato nelle varie categorie di app in cui opera. In futuro Apple ha intenzione di indicare in dettaglio perché contesta i risultati dell’organo parlamentare. La risposta completa di Apple è su questa pagina di macitynet.it.