La Corte di Appello degli Stati Uniti per il Nono circuito ha negato ad Apple, Google, Intel, Adobe e altri big del settore il ricorso nella causa che vede le società in questione rispondere di accordi anticompetitivi. L’accusa è contenuta in una causa collettiva che prospetta uno scenario che avrebbe permesso a note realtà del mondo IT di risparmiare sugli stipendi, e in definitiva, a rendere meno efficiente il sistema di concorrenza.
“Siamo ansiosi di ottenere giustizia per la nostra azione giudiziaria collettiva” ha detto Kelly Dermody, uno degli avvocati che guida la class action. Ad aprile dello scorso anno, il giudice distrettuale Koh aveva negato la class action ai ricorrenti, evidenziando che i lavoratori non avevano mostrato sufficienti prove di danni dai presunti e illegali metodi di reclutamento. La decisione fu poi ribaltata a ottobre in seguito alla presentazione di nuove informazioni raccolte nell’ambito del procedimento e in attesa di giudizio.
Kelly Dermody, altro legale che rappresenta i promotori della causa, aveva spiegato che la vertenza partiva da lontano, da documentazione presentata negli anni passati presso il Dipartimento di Giustizia che aveva preso in esame il caso. Nel fascicolo in questione erano incluse testimonianze e brandelli di comunicazioni tra i vertici di Google, Pixar, Lucasfilm, Adobe, Intel, Intuit e Apple; ciascuna di queste aziende si sarebbe impegnata con le altre a non prendere in considerazione né a sollecitare richieste d’impiego di dipendenti che arrivavano dalle concorrenti. In questo modo chi partecipava all’accordo avrebbe avuto un notevole vantaggio giacché non ci sarebbe stata alcuna competizione e i dipendenti non avrebbero avuto modo di fare richieste di salario a crescere; poiché parliamo di alcune delle più importanti aziende del settore, questo avrebbe inciso notevolmente sul salario medio in generale, anche di altre imprese non in grado di competere con quelli offerti dalle realtà coinvolte nell’accordo.
Tra i documenti esaminati, anche una mail di Steve Jobs che avvisava l’allora amministratore delegato di Google, Eric Schmidt, di non fare offerte ai dipendenti Apple.
Nel loro ricorso, gli imputati avevano sostenuto che i curricula dei lavoratori erano troppo diversi e che non aveva senso considerare le società coese. Dai documenti del tribunale si apprende che l’azione legale di gruppo coinvolge 2400 lavoratori impiegati a vario titolo nelle aziende in questione: da ingegneri specializzati nel software ad altri nell’hardware, artisti e animatori della grafica digitale.