Apple sta andando bene, forse non è mai andata bene come adesso. Ci sono molti macro-motivi per cui questo succede e sicuramente nei dieci anni di vita della leadership di Tim Cook il ruolo del manager voluto da Steve Jobs alla guida dell’azienda è stato fondamentale. E una delle cose che Cook ha interiorizzato, fatto sua e resa una forma d’arte è la capacità di fare “execution”. I risultati li vediamo nei noiosi ma vincenti annunci di martedì. Ma ci vuole un attimo per capire meglio cosa intendiamo dire quando parliamo della capacità di fare “execution”.
Lavorare per migliorare
Prendiamo gli annunci di martedì 14 Settembre. Tim Cook all’inizio dell’evento ha spiegato che l’azienda aveva le migliori lineup di prodotti di sempre: iPad, iPhone, Apple Watch. Alla fine dell’evento, ha ribadito che l’attuale, nuova lineup dei prodotti è ancora di più la migliore di sempre. Però, se la guardate da fuori, è francamente difficile vedere la differenza. Questo perché Apple ha scelto infatti di “vincere facile”, dove per facile non intendiamo dire che il loro lavoro non sia enorme, incredibile, tecnicamente all’avanguardia, strategico e strutturato come praticamente nessun’altra azienda al mondo si sogna di poter fare.
Tuttavia, vincere facile vuol dire in questo senso rinunciare a stupire e prendere grandi, nuovi rischi, e invece portare avanti una versione aggiornata della piattaforma, con moltissimi miglioramenti. È una innovazione incrementale perché aggiunge tecnologie raffinate e di nuova versione all’interno di quanto già fatto.
Largo all’execution
Quanto osservato è particolarmente rilevante se pensiamo che il costo di sviluppo di una intera nuova piattaforma, ad esempio una nuova generazione completamente diversa di telefono inclusa la scocca e le altre componenti di design, richiede uno sforzo maggiore che non lavorare alla finalizzazione di singole componenti che riorganizzano e ottimizzano l’esistente.
Questo si chiama “capacità di fare esecuzione”, cioè iterare il prodotto e migliorarlo in maniera tale che mantenga il vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza senza però prendersi il rischio di resettare tutta la piattaforma creandone una nuova da zero. Perché costruire una piattaforma da zero costa tantissimo. Lo vediamo con iPhone mini, che dopo la versione 12 continua imperterrito nella versione 13 nonostante non sia, secondo gli analisti, un prodotto che sta rivoluzionando il mercato o che stia facendo vendite su larghissima scala, perché semplicemente l’investimento per crearlo è tale che richiede alcuni anni (di solito tre) per essere ammortizzato e portato avanti con piccoli cambiamenti annuali.
I piccoli grandi cambiamenti
Questo approccio votato alla execution, alla capacità di stupire il mercato (come accadde con iPhone X) e poi di eseguire iterazioni sempre migliorate su alcuni punti chiave ma non altrettanto innovativi, non deve essere frainteso. I cambiamenti che fa Apple sono moltissimi ma piccoli, di funzione o componenti, a poterli includere nelle iterazioni di prodotti successivi sia per la capacità di trovare le tecnologie giuste e integrarle con il resto della piattaforma.
In questo modo, come si diceva all’inizio dell’articolo, si vince “facile”. Nel senso che l’impegno per sviluppare la nuova piattaforma, mettiamo il concept attuale dell’iPhone con le diverse dimensioni, scocca e tipologia di componenti (videofotocamera doppia o tripla, sistema magsafe etc) richiede tempo e poi viene promosso molto e “vince” sul mercato. Dopodiché, anziché ricominciare da capo l’anno dopo, si riparte con aggiustamenti all’esistente, tanto che chi vedrà un iPhone 11, 12 o 13 avrà fatica a distinguerli in mano agli altri.
Vincere difficile
Manca insomma la voglia da parte di Apple di vincere “difficile” tutte le volte, cioè innovando in maniera radicale. Per farlo, basta prendere nel suo piccolo l’iPad mini, che fa un grande salto di qualità non solo perché ha funzioni nuove e il 5G, ma ci mette anche una scocca diversa, apre alla compatibilità con accessori diversi (Usb-C e Apple Pencil 2) cambiando sostanzialmente non solo l’estetica ma anche il posizionamento del prodotto. Quello è un tentativo di vincere (ce lo dirà poi il mercato) che è difficile. Apple potrebbe aver sbagliato, si è presa un rischio, ce lo fa vedere.
Invece quello che Apple fa per cercare di vincere facile è con Apple Watch, che sta andando come un treno, è l’orologio più venduto sul pianeta, e cambia in maniera laterale, non radicale. Lo schermo è un po’ più grande, la ricarica più veloce, qualche quadrante nuovo, proporzioni leggermente maggiori, ma rimane lo stesso processore, stessa compatibilità con gli accessori, stesso fattore di forma, nessun sensore nuovo. Tutto questo non rende l’Apple Watch un “cattivo orologio”, ma lo rende “lo stesso orologio, ma un po’ meglio”.
Per i telefoni la cosa è quasi la stessa se non fosse che dentro c’è un processore nuovo. Apple tiene nascosta quella che reputa essere la caratteristica più importante nel medio periodo. È l’A15 Bionic il “genio nascosto” che rende la nuova serie 13 veramente unica. Ma come e quanto lo vedremo solo sul campo (e nei nuovi iPad Pro, se non useranno i processori dei Mac).