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Apple è la regina del neumorfismo

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Segnatevi una parola nuova, se già non la conoscete: neumorfismo, cioè la versione per gli anni Venti del millennio dello scheumorfismo. È la tendenza grafica del momento, quello che ha superato lo stile “material” tanto caro a Google e poi Microsoft, composto da blocchi di colori. Invece, Neumorfismo vuol dire tornare in maniera differente a disegnare una interfaccia utente con elementi scheumorfici.

A partire dal 2007, quando arrivò iPhone con la sua interfaccia, si fece un gran parlare dello scheumorfismo, cioè il design di un oggetto che ha degli ornamenti che devono richiamare le caratteristiche di un altro oggetto. Ad esempio se prendete le vecchie Mini giardinetta, gli inserti in legno riproducevano le caratteristiche di carri in legno, oppure le pentole in ceramica con dei rivetti per far ricordare le pentole in metallo. In generale, nel design contemporaneo, gli oggetti con attributi scheurmorfici sono quelli più economici in plastica che simulano l’aspetto di oggetti in legno o metallo, che sarebbero più costosi.

iPhone, le prime immagini dal vivo
La schermata “Home” con le quattro applicazioni principali in basso e tutte le altre disposte su una matrice 4×4 parzialmente occupata.

Il ruolo degli oggetti per iOS

Veniamo al digitale e ad Apple. Lo scheumorfismo (la parola viene dal greco: σκεῦος (skéuos, contenitore o attrezzo) e μορφή (morphḗ, forma) è diventato un caso di successo nel mondo digitale. Steve Jobs e il papà di iOS, cioè Scott Forstall, avevano un grande apprezzamento per questo modo un po’ pacchiano di fare ad esempio una icona per i video fatta a forma di vecchio televisore, oppure quella della rubrica fatta in finto cuoio con tanto di trapunte. Un distacco forte dallo stile più sobrio dell’interfaccia del Mac, perché sostanzialmente lo scheumorfismo doveva comunicare l’idea tattile di oggetti veri, visto che poi l’iPhone frapponeva solo una superficie di vetro tra le dita degli utenti e il contenuto digitale dello schermo.

Lo scheumorfismo, per niente amato da Jony Ive, è andato in pensione nel 2012 quando il leggendario designer industriale ha preso il controllo anche del design di iOS e Scott Forstall è stato accompagnato alla porta dell’azienda. Da allora, da iOS 7 in poi (2013), c’è stata una deriva verso un tipo di design più “material”: icone piatte, colori forti, una nuova serie di animazioni compresa quella dello slide-to-unlock. Jony Ive descrisse la trasformazione come «Una bellezza profonda e duratura nella semplicità», ma le critiche sono state comunque numerose.

Il bisogno di cambiare

Arriviamo a oggi. Anche Ive è stato accompagnato alla porta (assieme a un tir di centinaia di milioni di dollari e con la certezza che la transizione avvenisse nel modo più discreto e meno visibile possibile, tant’è che ce ne siamo accorti tutti con un paio di anni di ritardo) e adesso la macchina del design di Apple è piena di volti nuovi. In questa epoca post-Camelot, dove non c’è più Re Artù-Jobs e non ci sono più i suoi cavalieri della Tavola Rotonda di livello C (tutto cambia, dopotutto), arriva la nuova rivoluzione. Bisogna opporsi? Bisogna assecondarla?

Vediamo un attimo com’è fatta. Il neomorfismo è la tendenza grafica che parte questa volta dal Mac, che dai tempi di OS X con Aqua ha avuto una interfaccia tendenzialmente “lucida” e un po’ caramellosa, mai scheumorfica. Adesso, assieme a iOS e iPadOS, c’è odore sempre più forte di neumorfismo.

neumorfismo

Una pratica che è nata giusto ieri

Il concetto non è nuovo. Twitter è stato il suo campione, negli scorsi anni. È un linguaggio che mira a un tipo di differenziazione degli elementi che compongono l’interfaccia che non è venuto molto bene perché concentrato più sulla forma che non sulla usabilità. Cattivo design, secondo Ive, perché per lui e per Jobs il design è come funziona, non come è fatto un oggetto fisico o digitale che sia.

C’è tuttavia tantissimo potenziale ancora da portare fuori dal neomorfismo, e una “cattiva fama” che in realtà fa gioco ad Apple perché ha meno concorrenza in questo ambito visivo e quindi può differenziarsi di più. Gli elementi che caratterizzavano lo scheumorfismo erano gli attributi che imitavano visivamente oggetti reali: trame e tessuti, come il metallo spazzolato di un registratore digitale per una app audio o il feltro di un tavolo da poker per un gioco di carte.

Invece il neomorfismo se la gioca su un piano tridimensionale e utilizza soprattutto trasparenze e illuminazioni per rendere in maniera più realistica gli oggetti digitali, più che cercare di imitarne quelli fisici del mondo reale.

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Cosa vuol dire neomorfismo in pratica

La simulazione delle luci e delle trasparenze nel neomorfismo è estremamente complessa e anche pesante da un punto di vista grafico, richiede processori dotati rispetto a quelli tradizionali di un tempo solo per visualizzare le icone o gli elementi di interfaccia statici. Non si tratta di oggetti 3D che si muovono, bensì di semplici rappresentazioni di oggetti digitali che però entrano in relazione l’uno con l’altro: un bottone sopra un certo tipo di finestra di dialogo si illumina in un modo, fa ombra in un altro rispetto allo stesso bottone in un altro contesto. E questo tipo di posizionamento e rappresentazione tridimensionale impatta lo stato del bottone e il fatto di poterlo usare o le conseguenze. In pratica, fa espandere e porta all’ennesima potenza l’interfaccia fatta di più piani sovrapposti, questo si un vecchio pallino di Jony Ive.

Il design neomorfico arriva dopo una decina di anni di design flat e material, con colori compatti, pile di elementi, layers, pagine, è “digitally native”, adatto a una intera generazione di persone che non ha avuto identità o rapporti con interfacce precedenti. Quella del Flat è stata una strada di modernità. Quella del design neomorfico è una via di novità che fa muovere e rende le interfacce utenti più tridimensionali, moderne, accattivanti e capaci di gestire contesti più complessi.

neumorfismo

Nel mondo iOS

Implementare il neomorfismo può andare in due modi: introdurre semplicemente un po’ di ombre, luminescenze, trasparenze e qualche oggetto 3D. Oppure, come sta facendo Apple, andare oltre l’aspetto semplicemente visivo ed esplorare invece i modi con cui rendere più facili e comprensibili azioni più complesse, aggiungendo non solo bellezza ma anche layer di complessità in modo semplice, restituendo la fisicità meccanica dell’interazione con il computer, da tasca o da tavolo che sia.

Il neomorfismo è relativamente nuovo e ha avuto una partenza goffa, e tutt’ora, da quello che abbiamo visto con l’interfaccia soprattutto di iOS 14 la parte migliore sono le nuove forme di interazione e anche l’entrata di pannelli, widget, cartelle dinamiche, bottoni e schermate di confronto e controllo. Invece è più debole, almeno per chi scrive, la parte delle icone, che si portano ancora dietro una identità antiquata (guardate le nuove icone di Foto o di App Store, ad esempio).

neumorfismo

Nel mondo Mac

Nel mondo di macOS 11 Big Sur invece la transizione è più di impatto anche perché deve aiutare il nuovo sistema operativo a staccarsi da una traduzione consolidata negli ultimi anni e incamminarsi verso una convergenza di modalità di utilizzo che dia continuità a chi usa Mac e iPhone-iPad. Per questo soprattutto le app Catalyst ma anche i controlli e le modalità di interazione, l’entrata in scena dei widget e mille altre cose incluso il Dock tondeggiante con le nuove icone smussate, parlano tutti una lingua più nuova di prima e per molti aspetti neomorficamente più gradevole. Staremo a vedere, nell’uso concreto, come questo si tradurrà dal punto di vista del gradimento degli utenti. La rivoluzione, comunque, è in marcia anche nell’interfaccia utente.

Per quanto riguarda la WWDC 2020, abbiamo realizzato un articolo riepilogativo delle novità principali che potete leggere cliccando qui. Tutti gli articoli di approfondimento, inclusi quelli che parlano delle funzioni che troveremo su iOS 14 e iPad OS 14, sono raccolti in questa sezione del nostro sito web.

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