Le norme fiscali per la tassazione delle multinazionali risalgono per lo più agli anni ’20 del secolo scorso e non sono più idonee per i grandi colossi odierni, come dimostra il grande volume di procedure di infrazione, indagini fiscali e contenziosi che periodicamente si verificano in numerosi paesi: l’argomento tasse è noto per Apple alla quale l’Unione europea ha imposto il pagamento di 13 miliardi di euro per tasse non versate in Irlanda, ma di fatto coinvolge tutti i principali colossi della tecnologia e più in generale tutte le multinazionali.
Per quanto riguarda Apple e le tasse arretrate richieste dalla UE in Irlanda, Cupertino ha già presentato ricorso e con ogni probabilità si andrà anche in appello, così la soluzione finale arriverà solo tra molto tempo. Ma Apple non è certo la sola e l’unica.
La procedura comune per queste grandi realtà è quella di parcheggiare brevetti e marchi in una nazione con bassa imposizione fiscale o anche un paradiso fiscale, paese verso il quale vengono fatti confluire i ricavi generati dalle vendite in altre nazioni, in questo modo le multinazionali non corrispondono le tasse dove operano e dove si trova il cliente, bensì nella nazione più conveniente in assoluto.
Questa strategia fiscale spinta al limite rientra nei termini di legge, ma di fatto risulta sempre più stretta per decine e decine di nazioni all’interno delle quali le multinazionali operano con fatturati miliardari, versando però in controvalore una percentuale limitatissima di tasse locali. Da qui l’origine delle indagini e delle procedure fiscali e anche le numerose proposte per una web tax per tassare i colossi della rete e non solo.
Per risolvere questa situazione intricatissima 134 nazioni hanno siglato un intento di collaborazione a inizio anno, richiedendo una serie di proposte alla OECD. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico con sede a Parigi propone, come riporta Reuters, che le società interessate debbano essere grandi multinazionali che operano attraverso i confini nazionali, con ricavi superiori ai 750 milioni di euro, circa 820 milioni di dollari.
Viene anche proposto il principio di «interazione sostenuta e significativa» con i clienti di un determinato paese, questo anche se la società abbia o meno una presenza fisica nella nazione. In questo modo verrebbero incluse le gradi società di Internet, ma anche i colossi che vendono prodotti al dettaglio, tramite una rete di distribuzione che sia di loro proprietà o meno. I criteri e la proposta per la nuova normativa fiscale saranno messi alla prova la prossima settimana durante un incontro tra 20 potenze economiche a Washington.
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