Apple dovrà affrontare l’azione legale portata avanti da alcuni soggetti secondo i quali Siri, l’assistente virtuale di iOS, ascolterebbe di nascosto le conversazioni degli utenti.
Lo ha deciso un giudice giovedì 2 settembre, stabilendo la legittimità della maggiorparte dei reclami contestati proposta di azione collettiva, e dunque la possibilità di proseguire con la class action.
Nella richiesta di azione collettiva in questione, inizialmente depositata nel 2019, si accusa l’assistente di Apple di violazione della privacy.
I querelanti dovrebbero dimostrare che Siri periodicamente registra conversazioni private sfrutto di attivazioni accidentali e che Apple fornirebbe a terze parti come inserzionisti pubblicitari tali conversazioni.
Un utente afferma che dopo una conversazione privata con il suo medico per un trattamento chirurgico, avrebbe cominciato a ricevere annunci targettizzati che pubblicizzavano tale trattamento; altri riferiscono di casi simili dopo aver parlato di scarpe da ginnastica Air Jordan, occhiali da sole Pit Viper e della catena di ristoranti Olive Garden.
Da anni vari utenti pensano che i cellulari ascoltino le conversazioni degli utenti attraverso il microfono (anche quando questo è inattivo) e le app social ma a tutt’oggi nessuno è riuscito a dimostrare che lo facciano. Nel 2016 Facebook ha smentito pubblicamente e categoricamente questa possibilità, ma sono tanti gli utenti che raccontano esperienze simili con social vari e con Google.
Nel 2018 alcuni ricercatori della Northeastern University di Boston hanno condotto uno studio usando migliaia di applicazioni Android dimostrando che nessuna di queste usava di nascosto il microfono (in compenso si scoprì che alcune registravano lo schermo di nascosto, senza il consenso dell’utente, inviando dati a terze parti).
Nella maggior parte dei casi, le pubblicità che vediamo online sono semplicemente frutto di preferenze e attività varie svolte online nel tempo alle quali non prestiamo attenzione. Attività di questo tipo (e interessi di persone con le quali siamo in contatto online sui social) possono essere sufficienti per suggerire agli algoritmi che mostrano annunci pubblicitari di cogliere potenziale interesse verso determinati prodotti, proposti anche a distanza di tempo, ai quali non avevano fatto caso prima e che pensiamo di non avere mai cercato prima ma che magari sono stati cercati da un interlocutore con il quale abbiamo parlato (e con il quale siamo in contato sui social).
Non è chiaro in che modo i querelanti della causa collettiva contro Apple intendano dimostrare che Siri registri conversazioni di nascosto; ad ogni modo nel 2019 è emerso che Apple ascoltava alcune registrazioni a campione per migliorare la qualità dell’assistente vocale. Successivamente è stato implementato un sistema che consente all’utente di decidere se partecipare o meno a programmi di controllo qualità che consentono di migliorare il servizio.