Non corre decisamente buon sangue tra Apple e Michael R. Bromwich, il revisore contabile nominato dal tribunale nel caso e-book, la a vicenda che ha visto la casa della Mela imputata per pratiche anticoncorrenziali sui prezzi dei libri elettronici, che sarebbero state decise a tavolino insieme con altri editori a scapito di Amazon.
Determinata a liberarsi di Bromwich, Apple ricorre in appello dopo che il tribunale ha negato in prima istanza la sua rimozione. Ispettore generale del Dipartimento di Giustizia, noto per aver seguito negli anni passati l’inchiesta sulla CIA nell’affare Iran-Contras affaire e per essere stato tra gli avvocati che si occupò del processo al tenente colonnello dei Marines Oliver North, Bromwich non è gradito ad Apple per la sua, a loro modo di vedere, assenza di esperienza nel ruolo di controllore nella concorrenza tra imprese. La casa di Cupertino parla di “eccessi anticostituzionali”, di presunti pregiudizi nei confronti dell’azienda, si lamenta dell’eccessivo tariffario preteso (oltre 1000$ l’ora) e continue richieste di colloqui con dipendenti e manager che nulla hanno a che fare con l’iBookstore.
Il compito a Michael Bromwich è stato affidato dal giudice Denise Cote, amica dell’auditor, un incarico per il quale il Wall Street Journal ha scritto peste e corna: “La Corte d’Appello del Secondo Circuito dovrebbe rimuoverla dal caso: la comunella con Mr. Bromwich è offensiva per lo stato di diritto e una vergogna per la magistratura”.
Nelle motivazioni che illustrano perché la richiesta di Apple di rimuovere l’auditor è stata respinta, la Cote ha difeso Bromwich, ma non ha fornito indicazioni sul perché non siano state adottate altre misure, sulla falsariga di casi simili. La Cote ha scritto di sperare che il rapporto tra Apple e Bromwich possa essere “resettato”, ma non ha evidenziato la possibilità di sostituire l’incaricato con qualcuno più qualificato o con qualcuno meno tendente a quelle che ha definito “linee guida”.
Nel presentare il ricorso, i legali di Apple hanno indicato errori e omissioni nella sintesi del giudice, compreso il respingimento di prove che, a detta di Apple, discolperebbero gli editori e l’accettazione di testimonianze a favore di Amazon poco attendibili e contraddittorie.