Una giuria ha stabilito che Apple deve a VirnetX 502,8 milioni di dollari per violazione di brevetto, ultima “puntata” di una vicenda che vede contrapposta Cupertino con un’entità che detiene un brevetto che, a suo dire, sarebbe stato sfruttato senza il suo consenso per FaceTime.
Bloomberg riferisce che alla giuria del caso è stato assegnato il compito di determinare l’ammontare che Apple deve pagare di royalty per sfruttare la funzionalità “VPN on Demand” che da iPhone consente di accedere ad una rete virtuale privata.
VirnetX pretendeva da Apple 700 milioni di dollari; Apple sosteneva che avrebbe dovuto pagare 113 milioni di dollari sulla base di un tasso di royalty di 19 centesimi per unità. La giuria ha invece deciso di accordare il pagamento di 84 centesimi per unità in totale.
VirnetX è una “entità non praticante” (un patent troll) che già in passato aveva causato problemi alla casa di Cupertino per brevetti sulla tecnologia VPN, quella al centro dei brevetti portati davanti alla corte.
Il primo procedimento legale risale al 2010. Allora Apple era stata accusata di avere violato proprietà intellettuali di VirnetX per la gestione sicura delle reti attraverso l’implementazione del protocollo VPN on demand di iOS. Successivamente Apple aveva già modificato il protocollo proprio in conseguenza del procedimento legale con VirnetX, ma le modifiche non sono state ritenute evidentemente sufficienti.
La tecnologia VPN viene usata, come accennato, in FaceTime per iPad, iPhone e nei Mac, ma VirnetX ha intentato procedimenti simili per gli stessi brevetti VPN contro Cisco, Astra, NEC, Siemens, Microsoft. La società ha un portfolio di brevetti in USA e a livello internazionale nel campo dei DNS e delle comunicazioni network.
Come abbiamo detto VirnetX è tecnicamente definita una patent assertion entity (PAE), un’entità non praticante, società che basano la propria attività economica sulla registrazione generalizzata e indiscriminata del maggior numero possibile di brevetti pur senza avere alcun prodotto o servizio che li utilizza, né un interesse specifico ad usarli se non quello di rivendicare la loro proprietà quando qualcuno, magari anche inconsapevolmente, realizza qualche cosa di simile. A quel punto scatta la richiesta delle relative royalties.
Prima ancora di ascoltare la decisione della commissione giudicatrice, Apple aveva presentato istanza chiedendo al giudice distrettuale di dichiarare nullo il procedimento giudiziario, accusando VirnetX di avere ingannato e confuso la giuria nell’arringa conclusiva.
VirnetX in passato ha vinto una causa simile contro Microsoft nel 2010, intascando una somma di circa 100 milioni di dollari. All’epoca del verdetto la multinazionale di Redmond sollevò dubbi sui brevetti registrati da VirnetX dichiarando inoltre che questa non era altro che un patent troll, in sostanza una società creata con il solo scopo di registrare brevetti per tecnologie diffuse, per intentare cause e richiedere risarcimenti milionari ai colossi del settore.