All’inizio di quest’anno Apple avrebbe acquisito Silk Lab, una startup specializzata nello sviluppo di tecnologie di Intelligenza Artificiale sfruttabili direttamente nei dispositivi consumer per svariati scopi.
Una acquisizione di dimensioni contenute in termini finanziari e per le persone coinvolte, poco più di una decina di ricercatori, ma che permette a Cupertino sviluppi promettenti in diverse tecnologie tra cui il rilevamento di persone e oggetti, riconoscimento facciale, rilevamento e riconoscimento audio applicabili in svariati settori come analisi retail, sicurezza domestica, monitoraggio pacchi, controllo accessi, monitoraggio parcheggi, sorveglianza degli edifici e altro ancora.
Una caratteristica delle soluzioni di Silk Labs sembra particolarmente interessante per Cupertino: il funzionamento di tecnologie di Intelligenza artificiale e funzioni smart direttamente nei dispositivi consumer, senza bisogno del cloud, in questo modo tutelando ulteriormente privacy e sicurezza dei dati degli utenti.
I dettagli dell’operazione non sono noti, ma dal punto di vista finanziario si sarebbe trattato di un investimento non troppo importante per Apple. Al momento dell’acquisizione Silk aveva circa dodici dipendenti e PitchBook, specializzata nel finanziamento di startup, stima che l’azienda aveva raccolto circa 4 milioni di dollari in finanziamenti.
Con sede a San Mateo in California, Silk Labs è stata fondata da tre ingegneri che in precedenza hanno lavorato allo sviluppo di Firefox OS, il fallito tentativo di Mozilla di creare un sistema operativo mobile concorrente di iOS e Android. Andreas Gal, ex CTO di Mozilla e Chris Jones, ex platform engineer di Mozilla si sono messi in affari con Michael Vines, che in precedenza era stato senior director of technology dell’Innovation Center di Qualcomm, formando Silk Labs nel 2015.
Silk è emersa dalla segretezza nel 2016 come startup incentrata nello sviluppo di un sistema operativo intriso di IA (intelligenza artificiale), progettato per essere una piattaforma per l’hardware dell’Internet delle Cose. «I dispositivi per l’internet delle Cose non sono molto “intelligenti” – la parola intelligente è decisamente eccessiva» aveva detto Andreas Gal in un’intervista citata nell’indiscrezione giornalistica, spiegando ancora che tali dispositivi «integrano software molto elementare».
Il sito web di Silk, che non è più stato aggiornato dal 2017 così come le pagine social della startup, fornisce una succinta panoramica delle potenzialità offerte dall’intelligenza artificiale nel campo audio e video, così come esempi di utilizzo nel campo dell’edge computing (l’elaborazione delle informazioni ai margini della rete, dove i dati vengono prodotti), con casi che spaziano dalla sicurezza domestica all’analytics nel campo della vendita al dettaglio, alla creazione di sistemi di sorveglianza.
Le tecnologie sviluppate dall’azienda puntano al rilevamento delle persone, al riconoscimento facciale, rilevamento audio e riconoscimento oggetti. Uno delle cose per le quali Silk si è fatta notare, è un progetto denominato “Sense”, un hub domestico per le videocamere di sicurezza e la smart home in grado di riconoscere gli utenti e impostare i dispositivi connessi in base alle loro preferenze.
A differenza di altri dispositivi con integrate tecnologie di IA, Sense riesce a effettuare l’elaborazione sul dispositivo – memorizzando i dati in locale – garantendo il rispetto per la privacy degli utenti. Secondo The Information che riporta l’avvenuta acquisizione da parte di Apple, l’obiettivo dei finanziamenti per il progetto in questione era stato raggiunto ma Silk ha annullato i piani di produzione nel giugno del 2016. Andreas Gal in un post sul blog aveva spiegato che la sua azienda avrebbe reso open-source la piattaforma e portato il software su smartphone.
Non è dato sapere che cosa intende fare Apple con Silk, ma nei mesi passati sono emerse voci dell’interesse di Cupertino verso tecnologie di IA in grado di operare in locale, senza bisogno di accedere al cloud. Soluzioni di questo tipo potrebbero consentire di bypassare i controversi sistemi usati da aziende come Amazon e Google che hanno bisogno di gestire su server remoti i dati in arrivo elaborati da tecnologie quali Alexa e Google Assistant.