La redazione di Macitynet segue Apple dalla metà degli anni Novanta. È stato all’ora con la nascita del web, che abbiamo cominciato a pubblicare notizie sull’azienda di Cupertino. E non solo perché, autofinanziandoci, abbiamo partecipato a tutti i maggiori eventi della fine degli anni Novanta e poi del nuovo millennio: New York, Boston, San Francisco, e ovviamente Parigi. Questo, in concomitanza con l’evento principale, che Steve Jobs aveva assunto ad epicentro dell’anno “comunicativo” dell’azienda, cioè il MacWorld, ci ha permesso più volte di visitare e raccontare la vita negli uffici di Apple, quando il quartier generale dell’azienda era ancora al numero uno di Infinite Loop, a Cupertino.
Il vecchio mondo dei nerd
Infinite loop, l’anello infinito, cioè il “ciclo infinito”: un bug nella programmazione di un software che non fa uscire più il programma da una subroutine. Uno scherzo per divertirsi anche nel dare il nome alle cose. E il quartier generale di Apple, così come molti suoi prodotti, erano pieni di Easter Egges, riferimenti nerd e geek a una cultura che negli anni Ottanta e Novanta non era considerata “apprezzabile”. Apple aveva successo (e poi molto meno) ma i suoi “genietti del computer” erano pur sempre quelli che a scuola e all’università non facevano parte della squadra di football, non avevano le ragazze più carine (di ragazzi neanche a parlarne) e in generale non si sedevano ai tavoli “buoni” della mensa con le persone più popolari.
Infinite Loop, assieme al campus di Redmond di Microsoft, vicino Seattle, è diventato con il tempo il sogno di una cultura informatica sulla quale poi si è inserita Google e tutto il resto della Silicon Valley. Andare da Apple negli anni Ottanta e Novanta voleva dire andare in uno dei primi ambienti “a misura di nerd”. Bello, piacevole, ricco di stimoli e suggestioni. Presto sarebbe diventato più simile a un parco giochi per eterni fanciulli (vedi Google) ma all’inizio era un passo laterale rispetto agli uffici “seri” con dipendenti con camicie in poliestere bianche a maniche corte, penna nel taschino, pantaloni con le pences di IBM e HP.
Lo spaccio interno
Infinite Loop aveva anche una peculiarità. Che avrebbe giocato un ruolo molto importante nel futuro di Apple. Fin dalla su apertura il campus di Apple aveva creato il cosiddetto “spaccio interno”. Un negozio dove si poteva comprare con lo sconto, e i dipendenti con un forte sconto, prodotti normalmente commercializzati a cifre molto più alte. Niente di nuovo sotto il sole, perché di spacci interni è pieno il mondo aziendale, se non fosse che non solo Apple pian piano lo aveva cominciato a riempire di prodotti di terze parti (dischi esterni, software e via dicendo) ma anche di gadget: penne, tazze, magliette e giacche a vento. Tutto ovviamente griffato con la famosa mela morsicata.
[Qui sotto alcune immagini della nostra visita a Cupertino nel 2003 raccontata in questo articolo]
Infinite Loop era un posto dove anche gli ospiti e i visitatori dell’azienda andavano: non occorreva un passi per entrarci (era dentro la proprietà di Apple ma all’esterno dei tornelli con badge per entrare negli uffici) e lentamente è diventato una specie di mecca per gli appassionati della casa della Mela. Una visita, un paio di foto con le insegne dell’azienda, un po’ di occhiate per vedere se passava qualche dirigente famoso (Steve Jobs, Phil Schiller, Jony Ive e tutti gli altri) e poi un salto allo store per comprare qualcosa a prezzo fortemente scontato.
I pellegrinaggi a Infinite Loop
Negli anni anche la redazione di Macitynet, che ha avuto il privilegio di essere ospitata più volte all’interno del campus di Infinite Loop per tutti gli anni Duemila, si è più volte recata a quello store. Con l’apertura di Apple Park, del nuovo quartier generale, fatto a forma di “astronave madre”, un cerchio che i media hanno cercato di rappresentare in maniera distopica, è cambiata ovviamente la geopolitica di Apple. Tutti gli uffici a partire dai vertici (Tim Cook e gli altri) si sono spostati nella nuova sede, bellissima e avvolta nel verde (dove, anche qui, siamo stati più volte ospitati) e con una struttura esterna, lo Apple Visitor Centre, che è per metà bar e per metà Apple Store (e con una terrazza rialzata per godere della vista dell’edificio principale).
Tuttavia, Infinite Loop e il Company Store sono rimasti nel nostro cuore, anche perché quel negozio in realtà ha avuto un ruolo fondamentale nel lavoro per sviluppare, tra il 1998 e il 2001, gli Apple store retail oggi diffusi in tutto il mondo. Con lo store interno di Apple, infatti, l’azienda ha tratto le prime ispirazioni e lo schema di base attorno al quale lavorare per la realizzazione di una struttura retail che poi Steve Jobs ha voluto realizzare per coprire lo spazio che separava la preparazione e distribuzione dei prodotti di Apple dall’impatto “fisico” che i suoi clienti avevano al momento della prova e poi dell’acquisto. Ha verticalizzato anche questo aspetto dell’esperienza del prodotto, riassumendola in un tutto unico e indivisibile.
Il 20 gennaio si chiude
Il company store il 20 gennaio chiuderà (chiude anche uno store alle Hawaii, nel flusso costante di aperture e chiusure dei negozi dell’azienda) perché non aveva più molto senso. Il vecchio quartier generale è ancora di Apple ma pochissimo usato rispetto a dove si muove il flusso dei visitatori.
Il vecchio quartier generale era stato comprato nel 1993 e ha ospitato fino a 12mila dipendenti. Tempo fa Apple ha detto venderà il suo vecchio quartier generale a un fondo immobiliare gestito da Tishman Speyer per 1,1 miliardi di dollari. Il fondo ha in programma di ristrutturare l’edificio e di convertirlo in un centro commerciale e di uffici.
È la fine di un vecchio centro e, nella migliore mentalità statunitense che non preserva e non musealizza praticamente niente, anche la fine di un vecchio punto di ritrovo per due generazioni di appassionati. Si chiude così qualcosa di unico per fare largo a qualcosa d’altro e c’è una lezione sulla precarietà delle cose che rende gli Usa un paese unico. E dalla memoria relativamente corta.