Le riserve di cassa di Apple potrebbero avere raggiunto quota 250 miliardi di dollari, più di quanto hanno messo da parte in valuta estera il Regno Unito e il Canada messe insieme o, se vogliamo più di tre volte il valore delle riserve auree della Banca d’Italia che nel 2015 era stimata in 77 miliardi di euro. O magari, volendo insistere nei paragoni, più di quanto valgano per il mercato Wal-Mart, la più grande catena di supermercati al mondo, e il colosso Procter & Gamble, la più importante azienda al mondo nel campo dei prodotti per l’igiene personale. La stima è del Wall Street Journal in un articolo pubblicato oggi, a poca distanza dall’annuncio del trimestre fiscale che è previsto per domani.
Il traguardo non dovrebbe essere in dubbio. Lo scorso trimestre Apple aveva annunciato di avere in cassa 247 miliardi di dollari; visto che nel corso degli ultimi quattro anni mezzo Cupertino ha raddoppiato le sue riserve, aggiungendo $3.6 milioni di dollari l’ora, la previsione del WSJ è facile.
La quantità di denaro in cassa è tale, dice il giornale, che potrebbe crescere la pressione da parte degli investitori o per redistribuire una parte dei profitti generati oppure per qualche importante acquisizione. Wal-Mart e Procter & Gamble a parte, che sono fuori target, Apple potrebbe comprarsi quasi senza battere ciglio Tesla (valutata 51 miliardi) e Netflix (65 miliardi), magari anche tutte e due insieme. Ma come noto Apple rifugge grandi acquisizioni e preferisce concentrarsi su piccole aziende che le risulta molto facile incorporare.
Molti analisti, al di là di quel che Apple vorrà fare, ritengono che una simile riserva di cassa sia del tutto priva di un senso pratico e che qualche scelta strategica debba essere assunta. «Se Apple ha messo da parte dei soldi come ombrello per i giorni con tempo brutto – commenta Lee Pinkowitz, un docente di finanza alla Georgetown University – quel che hanno da parte è il corrispettivo utile a proteggerli per il diluvio universale»