Un dipendente arrabbiato, un operatore telefonico scontento, un partner sul sentiero di guerra? Chi è il colpevole, la mano invisibile dietro la più grande fuga di notizie nella storia recente di Apple, seconda forse solo al mitico caso di Worker Bee “l’ape operaia” (nei fatti un dipendente a contratto) che 17 anni fa spifferò disegni, specifiche tecniche e una serie di nuovi prodotti che Apple stava progettando? E che conseguenze ha questa mossa, che i giornali di tutto il mondo hanno ripreso?
Ne avevamo già parlato ieri, ma adesso cominciano ad arrivare le conferme dalla stampa internazionale, e l’ipotesi di un “errore” o di una “casualità” tramonta definitivamente. E domani la stampa di tutto il mondo guarderà il keynote annoiata e con la lista delle cose trafugate da spuntare, forse addirittura classificandolo come “poco emozionante” a priori, visto che la sorpresa figlia di almeno due anni di lavoro (tanto ci vuole a mettere in pista una nuova generazione di telefoni e del sistema operativo iOS) è stata rovinata pochi giorni prima del lancio.
La BBC intanto conferma tramite le sue fonti che c’è uno spione anonimo che ha effettivamente fornito i link per scaricare da internet la golden master di iOS 11, la versione definitiva e pronta per il lancio pubblico presumibilmente subito dopo il keynote di martedì sera (ora italiana). Niente errore o casualità, dunque. Dentro la golden master, come sappiamo, una grande messe di informazioni: i nomi e altri dettagli dei nuovi iPhone X e iPhone 8, il funzionamento di Face ID, le caratteristiche di Apple Watch 3 LTE e della Apple Tv 4K, sino ai nuovi AirPods 2.
John Gruber, il blogger di Daring Fireball che ha forti contatti dentro Apple, aggiunge un altro particolare piuttosto interessante: la golden master non è stata tecnicamente rubata dai server di Cupertino perché era semplicemente “nascosta” dietro lunghissimi e non indovinabili indirizzi URL. Apple seguiva cioè una strategia di “sicurezza tramite l’oscurità”, come la definiscono gli esperti del settore. Una strategia considerata pericolosa e alla lunga perdente, come dimostra questo caso. Ma il vero problema è un altro.
Sin dai tempi di Steve Jobs Apple ha perseguito una strategia di sicurezza molto spinta, superiore a quella della media delle altre aziende. Cicli riconoscibili di lancio di prodotti, silenzio sulle strategie, nessun anticipo di quello che sarà. Steve Jobs ne aveva fatto un mantra, citando la sventurata sorte di Osborne, l’imprenditore che, per aver anticipato le caratteristiche di un prodotto futuro destinato ad arrivare sugli scaffali un anno dopo, non aveva più venduto quello che aveva in produzione ed era sostanzialmente fallito.
Apple invece ha costruito una vera e propria strategia di comunicazione e marketing attorno alla segretezza, creando attenzione ed eccitazione per gli eventi che, a cadenza più o meno regolare, servono come momenti di “liturgia laica”. Infatti, non a caso il “culto della Mela” viene definito una sorta di religione hi-tech per gli appassionati. E questo nel tempo ha provocato numerose frizioni con la stampa generalista e specializzata. Incluso un famoso scontro fra Steve Jobs e l’amministratore di un gruppo editioriale amante degli scoop che aveva visto nella Apple una fonte consistente di click e visibilità.
La stampa nel caso della “fuga pilotata” dela golden master e della sua conseguenza con la scoperta da parte degli appassionati programmatori che si sono prestati ad “aprire” e ispezionare i meandri del sistema operativo trovando le informazioni utili a capire le novità (principalmente due: Guilherme Rambo e Steven Stroughton-Smith) ha avuto un ruolo centrale ma corretto. Una volta “liberata” la fonte delle notizie, il lavoro dei giornalisti è verificarle e diffondere quel che interessa il pubblico. Se non l’avessero fatto 9to5Mac e MacRumors in prima battuta, lo avrebbero fatto altri giornali e altri siti. Una volta spiegato quali sono le novità nascoste e che verranno presentste alla conferenza di domani, non parlarne sarebbe stato come voler tenere un segreto di Pulcinella.
Quali saranno adesso le conseguenze di questa clamorosa fuga di notizie, probabilmente la più ampia per numero di informazioni e forse anche la più pericolosa per il mercato di Apple, visto come ha disinnescato l’effetto sorpresa che costituisce uno degli elementi fondamentali del primo successo del lancio di nuovi prodotti? Denuncia del responsabile a parte (come Apple fece con Worker Bee) che però interessa solo chi ha indebitamente e follemente diffuso la Golden Master, dal punto di vista tecnico è molto probabile che adesso Apple blinderà i suoi software e li proteggerà con accessi crittatti, VPN, sistemi di autenticazione avanzati.
La pervicacia dei siti soprattutto americani nel seguire Apple al limite dello stalking è un effetto secondario e non molto gradito della strategia di comunicazione basata sulla segretezza e le “grandi sorprese” dell’azienda. Un malinteso senso dello scoop è la croce e la delizia di Cupertino, che sui rumors ci campa per tenere desta l’attenzione del pubblico ma che poi ne paga le conseguenze: per parafrasare il proverbio: chi di scoop ferisce, di scoop perisce.
La scelta, molto discutibile, di usare un offuscamento del tipo che ha fallito con la golden master di iOS 11 era probabilmente dettato da motivi di praticità: ci sono centinaia e centinaia di soggetti che, per i motivi più diversi, hanno bisogno di poter scaricare e utilizzare la versione definitiva del sistema operativo. Migliaia di telco in tutto il pianeta, che devono fare test di rete, migliaia di partner e rivenditori, che devono formare i propri agenti alle novità del sistema operativo e che magari stanno già da tempo utilizzando la prima tranche in pre-produzione degli iPhone X e iPhone 8.
In futuro probabilmente le cose saranno molto diverse. E conta poco che Apple e Tim Cook nel tempo abbiano affermato che la sicurezza interna di Cupertino sia sempre più strutturata, che ci siano misure eccezionali per garantirla, che all’interno dell’azienda lavorino anche ex agenti dell’FBI con lo scopo di prevenire le fughe di notizie. Siamo nell’epoca di Internet e anche una goccia trafugata si propaga alla velocità della luce, anzi dei bit, diventando subito una marea. Se poi ad essere trafugato è l’intero sistema operativo mobile in versione quasi definitiva a pochi giorni dal lancio, le conseguenze non possono che essere epocali.