Siamo abituati a sentire sempre di “rivalità”, o meglio punti di vista diversi tra Apple e FBI ogni volta che salta fuori la necessità da parte dell’Ufficio Federale di Investigazione o altre agenzie di polizia di recuperare dati dai telefoni. Apple rifiuta di mettere a disposizione “backdoor” per consentire alle forze dell’ordine accesso privilegiato ai dispositivi (bypassando le protezioni di sistema) ma quando può collabora mettendo a disposizione – se necessario e seguendo linee guida in materia di procedura legale – fornendo dati archiviati online tramite il servizio iCloud.
L’ultima collaborazione tra Apple e FBI è avvenuta a Seattle dove la Casa di Cupertino ha consegnato ai federali prove ritenute fondamentali relative a un cliente iCloud che è stato arrestato, accusato di aver lanciato bombe Molotov su auto della polizia nel corso delle proteste e gli scontri a maggio per la morte di George Floyd, l’afroamericano morto dopo che l’ex agente Derek Chauvin gli ha premuto il ginocchio contro il collo per circa nove minuti.
Forbes evidenzia che Apple è disposta a collaborare con le forze dell’ordine anche quando il contesto del crimine è controverso, come nel caso delle manifestazioni di Black Lives Matter.
Il presidente Donald Trump e il procuratore generale William Barr hanno in passato contestato all’azienda di non aver voluto fornire aiuto nel rintracciare criminali, cedendo invece alle richieste del governo cinese. In realtà Apple ha spiegato più e più volte cosa chiede e come risponde alle forze dell’ordine, e ha anche attivato un programma e un portale dedicato per le autorità.
Apple riceve documenti legali di vario tipo contenenti richieste di fornire informazioni o eseguire determinate azioni. Gli enti governativi e privati che si rivolgono a Apple per avere informazioni e dati dei clienti devono attenersi alle relative leggi e normative in vigore. “Per contratto, i nostri fornitori di servizi devono seguire le stesse procedure che applichiamo noi per gestire tali richieste”, spiega la Casa di Cupertino.
“I nostri avvocati le esaminano tutte e si accertano che siano legittime dal punto di vista legale. Se lo sono, forniamo i dati che rientrano nell’ambito della richiesta specifica. Se una richiesta non è legittima dal punto di vista legale, o se riteniamo che sia poco chiara, inopportuna o troppo vaga, la contestiamo o la respingiamo”. Ogni sei mesi viene reso pubblico un riepilogo delle richieste. Apple ribadisce di non avere mai creato backdoor o master key per i suoi prodotti o servizi, di non aver ha mai consentito ad alcuna autorità di accedere direttamente ai suoi server.
Nel caso di Seattle, l’FBI è stata informata dell’identità di un dimostrante che protestava contro la polizia, persona che avrebbe appiccato il fuoco ad almeno due veicoli di pattuglia nel corso delle proteste per la morte di George Floyd. L’FBI ha rilevato dati da sistemi di videosorveglianza, filmati dei notiziari e immagini dai social media, decidendo di indagare. Verizion ha fornito dati sul sospettato, Kelly Jackson, dai quali è emersa la sua posizione fisica durante le proteste, le chiamate effettuate e l’uso di un iPhone 7.
L’FBI si è rivolta a Apple per chiedere informazioni sull’account iCloud del sospettato. È stata recuperata una miniera di informazioni, incluse schermate di rilievo della libreria fotografica sincronizzata sul cloud. Una delle foto era la schermata di un post Instagram che promuoveva la protesta, altre ancora schermate di un sito che indicava gli “ingredienti” per preparare una bomba Molotov (un ordigno incendiario).
Stando a quanto riferito dall’FBI, filmati dall’account iCloud del sospetatato mostrano una mano che apre una borsa nera per prendere una bottiglia di vetro riempita di liquido. Un diverso filmato mostra una bottiglia simile gettata verso lo sportello del conducente di un’auto della polizia, provocando l’incendio.
L’individuo che ha lanciato la bomba Molotov si vede poi “festeggiare” davanti alla telecamera; il volto non è visibile ma lo è in una diversa immagine scattata più tardi lo stesso giorno sullo stesso telefono, e l’uomo riconoscibile dalla felpa.
Kelly Jackson (il proprietario del telefono) è stato arrestato con l’accusa di detenzione illegale di un oggetto di natura distruttiva (la bomba Molotov) e incendio doloso. Non ha ancora chiesto di patteggiare e il suo legale non ha al momento rilasciato dichiarazioni.
Apple, come accennato, ha spiegato che è sempre pronta a collaborare quando le richieste da parte delle forze dell’ordine sono valide dal punto di vista legale. Dal transparency report relativo alla seconda metà del 2019, si evince che a Cupertino sono arrivate 4095 richieste di accesso agli account iCloud degli utenti e Apple ha approvato queste richieste in 3645 casi.