Avvocati internazionali che rappresentano il governo della Repubblica Democratica del Congo affermano di avere prove secondo le quali Apple otterrebbe minerali provenienti da zone di conflitto nel Congo orientale.
Lo riferisce Reuters spiegando che gli avvocati prima citati vogliono conoscere dettagli sulla gestione della catena di approvvigionamento della Mela, riferendo ancora di stare vagliando “opzioni legali”.
Lo scorso mese il governo della Repubblica democratica del Congo ha segnalato a Apple timori relativi aif ornitori di quest’ultima, riferendo di minerali provenienti da zone di conflitto. Il 22 aprile un gruppo di legali internazionali in nome e per conto dello Stato congolese ha inviato un elenco di domande a Apple, esigendo risposte entro tre settimane, stando a quanto riportato in una dichiarazione sul sito web dell’avvocato Robert Amsterdam. La dichiarazione arriva in concomitanza della pubblicazione di un report che accusa la confinante Ruanda di riciclare stagno, tungsteno e tantalio – minerali conosciuti come “le 3 T” (dalle loro iniziali in inglese), minerali presenti in tutti i prodotti elettronici di consumo, ma usati anche in settori quali gioielleria, settore automobilistico, aerospaziale, attrezzature mediche, ecc.
“Anno dopo anno Apple vende tecnologia realizzata con minerali ottenuti da aree nelle quali le popolazioni sono devastate da gravi violazioni dei diritti umani”, scrive Amsterdam sul suo blog. “Benché Apple affermi di controllare l’origine dei minerali usati per realizzare suoi prodotti, tali affermazioni non sembrano basate su prove concrete e verificabili”, continua il legale. “Gli occhi del mondo sono ampiamente chiusi: la produzione di questi tre minerali chiave in Ruanda è prossima alla zero ma le grandi aziende del mondo IT continuano a indicare che i loro minerali arrivano dal Ruanda” (quest’ultimo è uno dei maggiori esportatori di minerali “incriminanti” al mondo, nonostante abbia poche miniere di produzione propria).
Il sito Nigrizia scrive che la ministro delle Miniere della Repubblica democratica ddel Congo, Antoinette N’Samba Kalambayi, lo scorso 8 maggio ha chiesto un embargo globale sulle esportazioni di minerali dal Ruanda: “Tutti i prodotti minerari del Rwanda dovrebbero essere considerati ‘minerali di sangue’ perché la loro vendita alimenta il conflitto nella parte orientale della Repubblica del Congo”. E ancora: “Tutte le parti interessate, compresi i consumatori finali dei prodotti minerari devono impegnarsi a rispettare una catena di approvvigionamento responsabile e deve essere imposto un embargo contro il Rwanda”. L’appello della ministra congolese fa seguito a una serie di interventi di pressione del governo nei confronti di ‘agenti esterni’ direttamente o indirettamente coinvolti mercato dei minerali. Tra questi Apple, accusata di impiegare minerali che si ritiene siano contrabbandati dal Congo.
Non è la prima volta che Apple è accusata di usare “minerali di conflitto”, provenienti da zone del mondo in cui sono in corso conflitti e che influiscono sull’estrazione e sul commercio degli stessi. La commercializzazione di questi minerali è una importante fonte di finanziamento per i signori della guerra nella regione della Repubblica democratica del Congo e comportya un aumento della violenza che affligge la regione da decenni.
Apple effettua ogni anno degli audit, impegnandosi a ottenere materiali Conflict-free e fa parte della Public-Private Alliance for Responsible Minerals Trade, un’iniziativa congiunta con cui governi, imprese e privati affrontano il problema dei cosiddetti “minerali insanguinati” nella Repubblica Democratica del Congo. Più volte ha interrotto rapporti di lavoro con fornitori dell’area geografica in questione, rilevando preoccupazioni per le loro attività minerarie in aree di conflitto armato.