Dal (probabilmente) il 7 marzo sarà possibile installare applicazioni fuori da App Store. È questa la notizia del giorno che, seppure non certo una novità, sta suscitando curiosità ed interesse in tutti gli Europei che potranno avere questa possibilità grazie all’entrata in vigore del DMA.
Ma da dove parte, cosa significa e quali conseguenze avrà la modifica epocale che Apple è costretta, certo non entusiasticamente, ad introdurre?
Che significa installare applicazioni senza App Store?
Al momento esiste un solo modo per installare le applicazioni su iPhone e iPad (per i Mac la cosa è diversa): utilizzare App Store. È da qui che le applicazioni si scaricano ed è qui che si pagano. Il fatto che non esista fino ad oggi un altro modo per distribuire programmi ai propri clienti se non passando da Apple, sottostando alle sue condizioni e versando ad essa una percentuale è stato al centro delle proteste di molti clienti/concorrenti di Apple e alla fine giudicato anticompetitivo da parte dell’Unione Europea che ha identificato Apple come detentore di una posizione dominante, obbligandola trovare un modo per il cosiddetto “sideloading”.
Il termine sideloading in realtà è impreciso, perché continuerà a non esistere un sistema per trasferire un’app direttamente dentro ad iPhone. Ad Apple è stato più precisamente imposto di consentire l’esistenza di negozi alternativi ad App Store. In questo modo, ritiene l’Unione Europea, aumenterà la concorrenza, si ridurranno i costi per gli sviluppatori e ci saranno benefici per i clienti finali.
Come funzionerà il nuovo sistema?
I negozi alternativi, che Apple chiama marketplace, funzioneranno esattamente come App Store. Saranno applicazioni che si scaricheranno da App Store e una volta installati diventeranno a loro volta dei negozi per la vendita o la distribuzione gratuita di applicazioni. Per l’utente finale non cambierà nulla sotto il profilo del funzionamento: una volta installata, l’App Store alternativo opererà come quello di Apple.
Tecnicamente l’unica vera novità sarà la disponibilità di negozi multipli e la possibilità che per cercare un’applicazione si sia costretti a fare qualche contorsione in più. Non è da escludere, infatti, che alcuni sviluppatori possano decidere di lasciare App Store per approdare su negozi alternativi che offriranno condizioni migliorative rispetto a quelle praticate da Apple.
Che cosa cambia per la sicurezza?
Apple nei comunicati di oggi Apple non ha lesinato moniti sull’incremento dei rischi per la sicurezza. Ad esempio il redivivo Phil Schiller (oggi Apple Fellow e non più capo del marketing) parla di «inevitabile aumento delle minacce alla privacy e alla sicurezza che questo regolamento comporta» «Apple – si legge altrove – non può eliminare quei rischi, ma entro i vincoli del DMA, l’azienda prenderà provvedimenti per ridurli».
Di come Apple spera di limitare i problemi per gli utenti parliamo in un articolo specifico. In linea generale comunque va detto che non solo non sarà possibile creare un negozio senza che questo venga sottoposto ad esame da parte di Apple, ma gli sviluppatori di applicazioni distribuite nei negozi dovranno essere autorizzati da Apple.
Le applicazioni saranno notarizzate, quindi saranno timbrate digitalmente da Apple che le sottoporrà ad esame prima di consentirne la vendita.
Quando un’app dovesse rivelarsi perniciosa, pericolosa o peggio truffaldina, Apple potrà disattivarla remotamente.
Che cosa cambia per gli sviluppatori?
Le cose cambiano e non poco dal punto di vista degli sviluppatori. Come abbiamo accennato poco sopra ad oggi e fino al 7 marzo chi crea applicazioni ha solo un modo per metterle nelle mani dei clienti: chiedere ad Apple di farlo e pagare ad Apple una percentuale per distribuirla.
Con gli App Store alternativi potrà cercare quello che gli offre le condizioni migliori (non solo dal punto di vista economico ma anche sotto il profilo di visibilità) e mettere lì la sua applicazione.
Quando avrà scelto il suo negozio sarà questo a gestire tutte le procedure di vendita e distribuzione. Se sarà su uno store che non è quello di Apple anche il pagamento verrà ricevuto direttamente dalla terza parte che deciderà le percentuali, la forma di retribuzione e le regole. Apple non richiederà alcuna percentuale. (al contrario di quel che aveva supposto il WSJ).
Nonostante Apple non chiederà alcun pagamento percentuale per l’installazione di applicazioni al di fuori da App Store, le app che supereranno un milione di di installazioni dovranno versare 50 centesimi di euro per installazione ogni anno. Il cosiddetto: Core Technology Fee è una sorta di canone per la distribuzione e lo sfruttamento dell’infrastruttura di Apple. Apple ritiene che pochissimi sviluppatori (intorno all’uno per cento) sarà sottoposto a questo canone che corre il rischio di essere un importante elemento di contestazione da parte di alcuni grandi sviluppatori.
Da notare che gli sviluppatori potranno scegliere se stare solo su App Store o se andare solo sui negozi alternativi o stare da tutte le parti. Tutti avranno la possibilità di aderire alla nuova politica di distribuzione o restare vincolati alla vecchia.
Scegliendo le nuove opzioni imposte dal DMA gli sviluppatori che decidessero di restare anche su App Store (oltre che andare su store alternativi) pagheranno, oltre all’eventuale Core Techology Fee, una commissione ad Apple ma ridotta rispetto ad oggi. La quota del 30% quasi si dimezza al 17% e la commissione per gli abbonamenti di oltre un anno scende dal 15 al 10%. Se si deciderà di usare la piattaforma interna Apple per i pagamenti, verrà richiesta anche una percentuale sulla transazione del 3%. Ma da ora in avanti sarà possibile evitare questa percentuale perchè sarà possibile dirottare il pagamento su una piattaforma esterna a quelle di Apple.
Apple sottolinea che è anche possibile decidere di non aderire alle nuove condizioni. In questo caso non sarà possibile pubblicare le proprie applicazioni altrove e si continuerà a versare una percentuale del 30% o del 15% ad Apple.
Apple si mette a disposizione un calcolatore che consentirà di valutare i benefici delle varie opzioni agli sviluppatori incerti su quali strade alternative prendere.
Che cosa cambia per me?
Che cosa questo cambia per me, utente comune? Questa è certamente la domanda che molti si staranno facendo. Al momento potrebbe essere imprudente lanciarsi nel disegno certo di scenari futuri ma in linea generale si può pensare che l’allargamento delle piattaforme di distribuzione possa presentare alcuni vantaggi per l’utente finale.
In particolare i costi delle applicazioni e degli abbonamenti potrebbero scendere e ci potrebbe essere maggior scelta. Potrebbe sorgere negozi specializzati ed esserci più alternative per le formule di pagamenti. Ci saranno anche offerte speciali direttamente dall’app e la possibilità di gli sviluppatori e i gestori di servizi di presentare sconti in maniera chiara e diretta, cosa oggi non possibile.
Nello stesso tempo è innegabile che possano aumentare anche i rischi di un abbassamento della qualità nelle applicazioni. Attualmente Apple stila confini precisi e molto stretti (al punto da essere qualche volta cervellotici) per approvare un’app. Si parla di funzioni, grafica, contenuti, obbiettivi di mercato. Solo restando all’interno di queste linee guida è possibile distribuire un’applicazione su App Store. I negozi alternativi potrebbero avere altre linee guida, magari più rilassate, e noi trovarci tra le mani programmi di bassa qualità.
Resta poi da vedere se conti alla mano gli sviluppatori troveranno più conveniente sfruttare i negozi alternativi abbandonando la struttura di pagamento e di commissione di App Store oppure restare dentro al negozio Apple. In pratica resta da vedere se gli sviluppatori, spinti dalle scelte dei clienti che potrebbero continuare a preferire la piattaforma della Mela davvero decideranno per i negozi alternativi.
La quantità oltre che la qualità dell’offerta degli altri potrebbe infatti non decollare e impedire una crescita economica e tecnica dei negozi alternativi, rendendoli scatole vuote o con pieni solo di ciarpame.
Ma questo solo il tempo potrà dirlo.