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Anker, il piccolo Davide degli accessori contro i Golia della tecnologia

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Accessori: batterie, cavetti, trasformatori. Sembrava un’idea alla quale siamo abituati da tempo, ma la startup americana fondata a metà 2011 dall’ex dipendente di Google Steven Yang ha trovato un modo originale per lanciarsi nel mercato. E i suoi prodotti stanno trasformando radicalmente il mercato.

Yang, dopo aver fatto il programmatore per Google, è andato in Cina, a Shenzen, la patria della componentistica, dove si può trovarte tutto e costruire qualsiasi cosa basandosi su una specie di Lego o Meccano della tecnologia grazie al dividendo di pace dell’industria della telefonia mobile. Centinaia di produttori di componenti, standardizzate per funzionare le une con le altre. È il segreto dei produttori cinesi, in grado di assemblare qualsiasi cosa si voglia basta che sia fatta con componenti standard.

Yang, dopo aver visto che il marketplace consentiva di vendere con una certa tranquilità e quindi pensare di trasferirsi in Cina mantenendo il mercato mondiale come riferimento.

Anker storia

“Ho scelto il nome della mia azienda – dice Yang in una intervista alla rivista online The Verge – pensando alla parola ”àncora“ (delle navi) in tedesco”. Da quel momento l’azienda ha cominciato a crescere. Ma il momento determinante, il punto di svolta, è stata l’estate di Pokémon Go. Il momento in cui tutti sono impazziti pert il gioco di Nintendo e hanno cominciato a “bruciare” la batteria dei loro telefonini per dare la caccia ai piccoli mostriciattoli virtuali. Conseguenza della caccia ai Pokémon per la strada? Batterie degli smartphone fulminata e quindi bisogno di una “tanica di energia” di riserva. E qui è stato il successo di Anker.

L’azienda è arrivata al momento giusto sul mercato con prodotti di qualità a prezzi convenienti. Scatenando una vera e propria rivoluzione. Solo il mercato delle batterie aggiuntive per telefoni e tablet negli Usa vale 360 milioni di dollari. I produttori sono anonimi (Kmashi, Jackery, iMuto) e tendono a rimanere tali, perché rivendono i loro prodotti ad altre aziende che li marchiano e li distribuiscono. Anker no: è entrta sul mercato in prima persona e ha cominciato a costruirsi una reputazione di affidabilità e prezzi “giusti”.

Yang e i suoi sono entrati nel mercato delle batterie di scorta cercando di creare un marchio ragionevole e di qualità a prezzi contenuti. È lo spirito del tempo dopotutto: la tecnologia ha fatto un altro salto e adesso si trova la qualità a prezzi ragionevoli. Ma Anker ha scoperto qualcosa di più.

Anker storia

È entrata in un mercato nuovo, blu, non ancora cartografato. Una specie conosciuta ad esempio nell’abbigliamento da marchi come Gap e Muji: cose di qualità a prezzo contenuto. E soprattutto, come per l’abbigliamento, anche negli accessori per smartphone il mercato è diventato globale. Tutti hanno un telefono che ha bisogno di un caricabatteria. Perché laddove c’è un problema per un settore industriale (quello dei produttori di apparecchi con batterie agli ioni di litio) ecco che nasce una opportunità per chi invece vende batterie di scorta. La stagnazione del settore che avrebbe dovuto innovare il mondo delle batterie interne dei computer, tablet e smartphone è quella che ha fatto da leva per l’esplosione di Anker.

Yang ha iniziato la sua corsa imprenditoriale con le batterie sostituite per i laptop. Non quelle originali, non quelle delle white label (marchi anonimi) ma un tipo nuovo, ben fatto, che costa poco e viene prodotto e distribuito da un marchio indipendente e credibile. Ci sono voluti 11 mesi per fare la prima batteria, da vendere direttamente su Amazon.

Detta così sembra facile ma Yang spiega nella sua intervista che in realtà la difficoltà è stata sia costruire la squadra della sua azienda (“Pensate più a una attività famigliare che non a un’azienda vera e propria”) e trovarte la quadra nella giungla dei fornitori e produttori di tecnologia cinesi di Shenzen.

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Grazie a un metodo di progettazione intelligente che ha permesso di realizzare batterie migliori di quelle offerte dai produttori di computer, pian piano Anker si è fatta un nome. La stessa cosa per le batterie di ricambio per gli smartphone, sia quelle sostituibili che quelli saldati , come Apple insegna peraltro. Alla fine del 2012 Anker cominciava a trovare la sua strada sul mercato e poter investire sempre di più in ricerca e sviluppo.

La seconda idea geniale fu quella di lavorare sui caricabatteria. Mentre il cuore delle batterie non migliora più di tanto perché la tecnologia è super matura, invece i caricabatterie hanno ampi margini per essere migliorati. E dopo aver studiato il problema Amker cominciò a proporre caricabatterie migliori, più veloci, potenti e affidabili, a prezzi più contenuti.

Anche qui, un mercato che è sostanzialmente cresciuto da solo: grazie alle recensioni positive su Amazon e alla capacità di essere presenti in tutti i mercati mondiali con le certificazioni corrette, un marchio riconoscibile, prodotti di qualità e prezzi contenuti, Anker nel 2013 ha cominciato a crescere e proporre prodotti sempre più articolati e convincenti. Il segreto? I chip e i software embedded per la gestione della ricarica, che ottimizzano e potenziano i tempi necessari.

E arriviamo all’esplosione con i Pokémon, alla creazione di una posizione vincente in un intero mercato grazie alla disintermediazione. Potendo contare su uno store virtuale dei prodotti e sugli accordi commerciali e tariffari di cui gode Shenzen, Anker ha potuto eliminare tutta la parte commerciale e di distribuzione (cioè gli intermediari) facendo affidamento solo sulla rete di distribuizione e il marketplace di Amazon. Un risparmio enorme ripartito fra prezzi più bassi e maggiori investimenti in ricerca e sviluppo.

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Dentro ovviamente c’è anche la ricerca della qualità. Un fogliettino all’interno dei prodotti venduti dall’azienda chiede: “Are you happy or unhappy?”. E se la risposta è che non si è felici dell’acquisto fatto, offre una serie di possibili azioni per comunicarlo all’azienda, che cerca di capire e incorporare il feedback nei suoi prodotti, oltre a rispondere al cliente.

Secondo alcuni commentatori, come la giornalista Joanna Stern del Wall Street Journal, parte del successo di Anker deriva anche dal prezzo eccessivo e dalla qualità modesta degli accessori venduti dalle grandi marche come Apple e Samsung. “La mia sensazione – dice Stern, che ha raccomandato più volte i prodotti Anker nella sua rubrica – è che il successo di Anker derivi anche dalla qualità inferiore e dal prezzo eccessivo degli accessori di Apple”.

“La più grande sfida per Anker – dice Yang – non sono le vendite. È la percezione da parte del pubblico. Le persone credono di aver bisogno dei caricabatterie e cavetti originali di Apple”. La difficoltà, spiega Yang, è convicerli che i suoi prodotti sono migliori sotto tutti i punti di vista: qualità e prezzo. Una guerra che sta cominciando a vincere.

Il futuro? Cuffie, casse attive e oggetti smart per la casa. Ha cominciato con Eufy, una specie di Roomba, e procede con lampade intelligenti e bilance smart da bagno. Una espansione necessaria anche perché nel futuro i cavetti per la ricarica e i dati scompariranno. Lo garantisce Yang secondo il quale “la batteria portatile non durerà per sempre”. E l’uso di Usb-C azzererà il bisogno di cavetti multipli. Vedremo se la sua visione è corretta.

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