Fin dagli inizi dello scontro fra le Mela e l’Androide la differenza principale e più sentita dalle due fazioni ha riguardato l’apertura. Google, a differenza di Apple, ha sempre sottolineato il fatto che Android fosse aperto e che il codice del sistema operativo fosse a disposizione per essere liberamente modificato, in nome dell’innovazione. Google ora ha deciso di abbandonare questo credo: in occasione del nuovo rilascio della condizioni d’uso, la politica di Mountain View ha applicato un giro di vite sull’apertura. D’ora in avanti il rilascio di un qualunque dispositivo dotato di una versione personalizzata di Android dovrà essere autorizzato da Andy Rubin stesso. Pena l’inaccessibilità alle versioni più aggiornate del sistema operativo.
Niente più modifiche non autorizzate e libertà artistiche sul codice. Google ha deciso di controllare direttamente l’operato dei suoi partner. La motivazione ufficiale è quella di prevenire la frammentazione, nonostante per mesi Google si sia espressa sul problema considerandolo di minore entità. L’idea di alcuni osservatori è che Google ora tragga vantaggio dalle sua condizione di emergente dominio: finché si è trattato di imporsi sul mercato, Android è rimasto aperto a tutti; ora che molti produttori sono praticamente Android-dipendenti, Google cambia le regole e impone la sua autorità, facendo così un passo indietro rispetto alla filosofia “open” da sempre agitata come vessillo di apertura. Ora ci si chiede solamente se Google sarà effettivamente censore quanto lo è Apple, oppure se si limiterà ad un blando controllo.