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Amazon chiude i suoi server a Parler, social usato dagli estremisti di Trump

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Dopo la decisione di Google ed Apple di cancellare l’applicazione di Parler, al social network usato da alcune frange estremiste che supportano Trump arriva un colpo anche più duro: la sospensione dell’account AWS che significa il blocco dell’accesso ai potenti server di Amazon su cui è basata l’intera struttura di servizio.

La decisione di sospendere la fruizione dei server che sfruttando la tecnologia cloud permettevano a Parler di raggiungere un grande numero di clienti arriva sulla scorta di quanto accaduto nei giorni scorsi a Washington; per unanime opinione Parler è stato la piattaforma principale usata per organizzare l’assalto al parlamento americano. Sarebbe stato qui che alcuni dei più accesi sostenitori di Trump, membri di AQNon e altri gruppi autodefinitisi di “patrioti”, hanno pianificato le strategie per arrivare fin dentro alla casa della democrazia americana. Parler, con la sua politica di “censura popolare” (in pratica solo se un certo numero di persone decide che un post va rimosso, questo viene cancellato) avrebbe di fatto agevolato quel che è accaduto.

Sulla scorta di queste considerazioni, un gruppo di dipendenti di Amazon, come spiega Cnbc, ha invitato l’azienda a non fornire più servizi cloud a Parler. In un tweet pubblicato sabato 9 gennaio, il gruppo di pressione indicato come “Amazon Employees for Climate Justice”, ha riferito che l’azienda dovrebbe negare i suoi servizi a Parler “fino a quando non rimuoverà i post che incitano alla violenza”, inclusi quelli dell’insediamento del presidente.

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Sabato sera, riferisce CNBC, Amazon ha comunicato a Parler che non fornirà più i suoi servizi cloud al sito, e che la sospensione avrebbe avuto effetto a partire dalle 23.59 della stessa giornata. Questo significa che se Parler non troverà un nuovo cloud provider, la piattaforma sarà quanto prima inaccessibile.

John Matze, CEO e fondatore di Parler, ha sempre difeso la sua “creatura”, affermando che i cosiddetti “messaggi d’odio, non potranno mai essere vietati perché «non possono essere definiti». Matze lascia intendere che vi sia una sorta di censura in atto da parte dei social network più noti che da tempo cercano di arginare (non sempre senza successo) la diffusione di notizie palesemente false e l’hate speech in generale. Nella sua “Dichiarazione di Indipendenza di Internet” Parler ha attaccato aziende come Twitter, definite “tecnofasciste” e “tiranni della tecnologia». “Siamo la cosa più vicina da anni ad un concorrente per Facebook e Twitter”, ha dichiarato Matze, spiegando ancora che, a suo dire, Amazon, Google e Apple “lavorano insieme per scongiurare la possibile nascita di concorrenti”.

Amazon è solo l’ultima di tutta una serie di aziende legate al mondo IT che hanno deciso di tagliare i ponti a Parler. Oltre all’azione di Google ed  Apple. Trump è stato sospeso da Facebook e Twitter e a quanto pare anche da Snapchat e Twitch; non ha un account Pinterest ma quest’ultimo servizio sta limitando il diffondersi di argomenti fasulli (le insinuazioni sulle elezioni rubate) o fortemente controversi.

 

 

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